La Bohème
al Teatro Massimo Bellini di Catania
Ancor oggi la musica di Puccini, possiamo affermarlo senza falsa retorica, continua a mantenere il suo alto gradimento presso il pubblico, e lo dimostra il fatto che il Teatro Massimo Bellini di Catania si sia finalmente e nuovamente quasi tutto riempito per la prima (Turno A) de La Bohème di mercoledì 18 febbraio 2015, proposta nel nuovo allestimento scenico realizzato dallo stesso ente lirico.
In effetti le scene di Alessandro Chiti, pur riproponendo certe consuetudini e non distaccandosi, giustamente a nostro avviso, dalle indicazioni didascaliche del libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, ci sono apparse semplici, molto gradevoli ed adeguate al dramma, eccezion forse fatta per il secondo quadro, ove una disposizione prospettica diversa delle masse corali e dei figuranti sul palcoscenico avrebbe sicuramente offerto una maggiore scioltezza, agilità e fantasia di azione. Era certamente da evitare la disposizione frontale al parterre, in quanto non permetteva un felice inserimento né del coro di voci bianche, che veniva disposto fermo su dei gradini, né dei movimenti di un plotone di soldati per la ritirata in caserma. Inoltre il gran numero di lampioni di cui era disseminata la scena rendeva ancor più angusti i movimenti per mancanza di spazio.
La regia di Giovanni Anfuso ha saputo sicuramente creare un' intensa e vibrante dialettica fra golfo mistico e personaggi principali agenti sulla scena, facendo emergere l'afflato di spensierata giovinezza, congiunta all'indigente povertà, vissute entrambe con dignità dalla piccola collettività di artisti, e mettendo in primo piano soprattutto la loro spiccata umanità in uno con il loro generoso spirito di solidarietà. Si rivelavano alquanto adeguate alle scene le incisive luci di Bruno Ciulli e gli attraenti e pertinenti costumi di Giovanna Giorgianni.
La direzione di Xu Zhong, anche se fondamentalmente corretta, forse fin troppo, non ha colto appieno tutte le nuances espressive dell'opera, nonché la sua estenuata e spontanea liricità, mostrando a chiare lettere la maggior attitudine del direttore, da noi già conosciuta, per il sinfonismo e la musica pura strumentale. In verità ha concesso molto poco al canto, anzi lo ha spesso sovrastato con sonorità eccessive e debordanti, limitandone parecchio la resa passionale ed emotiva.
Daniela Schillaci si è dimostrata una Mimì davvero coinvolgente sia da un punto di vista drammaturgico che vocale, riuscendo a centrare in tutti i sensi l'animus profondo del suo personaggio; unica piccola pecca della sua arte vocale, non ce ne voglia la brava artista, rimane la mancanza di copertura degli acuti, mancanza che riusciva talvolta a disperdere la magia della sua interpretazione. Leonardo Caimi (Rodolfo) ha affrontato con sicura e baldanzosa padronanza tecnica la parte affidatagli, evidenziando peraltro qualche incertezza nel fraseggio e nella tenuta delle sonorità. Elia Fabbian ha convogliato nel suo personaggio tutta l'energia erotica e l'estrosità da pittore innamorato affidategli da Puccini, mettendo in campo una voce salda, ben levigata e dalla robusta e bronzea brunitura. Laura Giordano ha saputo caricare fino ad un certo punto della sensualità che lo contraddistingue il personaggio di Musetta, esibendo una vocalità morbida e calda ma poco incisiva e dalle possibilità alquanto circoscritte, sia per estensione che per forza. Francesco Verna (Schaunard), Francesco Palmieri (Colline) e Angelo Nardinocchi (Benoit) sono riusciti a ben destreggiarsi, quando non venivano sommersi dalle sonorità e dai tempi sostenuti dell'orchestra, che penalizzavano vieppiù la già non troppo nitida dizione di tutti i cantanti. Coro decisamente in calo rispetto alla media delle sue consuete performances.
Da segnalare l'ottimo libretto di sala realizzato dalla giornalista Caterina Rita Andò, contenente un delizioso saggio del compianto collega Michele La Spina dal titolo Puccini bohèmien? Una leggenda (in parte) da sfatare ed una simpaticissima scenetta, una vera e propria chicca storica, presumibilmente di Nino Martoglio, dal titolo A lu tiatru Massimu, rinvenuta casualmente in un mercatino delle pulci e sapientemente introdotta e commentata dall'attento Giovanni Idonea.
Giovanni Pasqualino
19/2/2015 La foto del servizio è di Giacomo Orlando.
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