Ian Bostridge esegue un desueto Walton alla IUC
Quando il giovane William Walton viene invitato dall'eccentrica famiglia Sitwell a lasciare Oxford per trascorrere alcuni giorni a Londra, non immagina ancora che la breve visita è destinata a trasformarsi in un soggiorno ben più lungo. La sintonia fra Sacheverell, Osbert ed Edith Sitwells e il compositore si muta in un particolare sodalizio umano e artistico. Loro lo considerano un genio, mentre Walton non tarda a cogliere l'opportunità di scrollarsi di dosso ogni provincialismo per immergersi nelle sofisticate atmosfere dell'alta società londinese. Per quindici anni il compositore resta nella capitale britannica, divenendo uno dei massimi animatori della sua vita culturale. Nasce da qui Façade, singolare composizione destinata a scompaginare i canoni estetici dell'epoca. Merito dell'Istituzione Universitaria dei Concerti aver riproposto quest'opera di rara esecuzione, eppure importante nel frastagliato cammino della modernità. Nata come una sorta di divertissement, un gioco pregno di arguzia per palati eccentrici, Façade trascende l'ambito effimero del semplice intrattenimento. L'adozione di stilemi musicali derivati dalla danza e dal jazz, rivisitati in chiave ironica, insieme all'uso di una vocalità più vicina al declamato che al canto, caratterizzata dall'adozione di moduli ritmici ripetitivi e ossessivi, marcano l'unicità di questo lavoro. La musica asseconda le atmosfere ondivaghe e astratte dei testi vergati dall'ispirazione di Edith Sitwell, legati più alla fascinazione del suono che non a un progetto poetico ben definito. Non di rado la scrittura strumentale segue melodie di ascendenza spagnola, o si avvolge in arabeschi orientaleggianti in voga all'epoca. Vaghe suggestioni marine tipiche della cultura inglese, pensiamo al ruolo dell'acqua in letteratura, in Virginia Woolf ad esempio, e in musica, Britten, distendono sulla partitura una nebbia sottile. Bella l'esecuzione. Il tenore inglese Ian Bostridge sveste per una volta i panni del tormentato eroe romantico per calarsi in una avventura che non lascia alcun appiglio al canto e alle doti che lo annoverano fra i massimi liederisti del nostro tempo. Eppure il timbro e l'espressione sono perfettamente adeguati al ruolo, l'adesione al mondo poetico sotteso all'opera è totale. Anche Sophie Daneman, grazie allo stile impeccabile che la contraddistingue, si mostra perfettamente a proprio agio. L'Ensemble Roma Sinfonietta esegue con disinvoltura una partitura solo apparentemente facile, in verità complessa e ricca di insidie, ben guidato da Fabio Maestri. Apriva il concerto la Sinfonia per pianoforte, clarinetto, tromba e violoncello di Alfredo Casella, in realtà un pezzo cameristico che, nell'ambito di un respiro molto breve, alterna momenti gravi, malinconici e briosi, concludendosi con un Allegro dalle movenze ballettistiche. Adeguata anche in questo caso l'esecuzione. Pubblico in buona parte piuttosto curioso e ricettivo.
Riccardo Cenci
26/4/2017
La foto del servizio è di Damiano Rosa.
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