Madrid
Un nuovo Peter Grimes
Anche se Britten viene riconosciuto come uno dei compositori più importanti del teatro lirico del secolo scorso, le riprese dei suoi capolavori indiscutibili non sono ancora così frequenti come sarebbe da desiderare. Perfino un teatro come il Real, che in Spagna è stato tra i pochi difensori dell'inglese, ha lasciato passare ben venticinque anni prima di ritornare a questo, forse il suo titolo più popolare (e il primo di tutti, del 1945). Vero è anche che l'ha fatto con un nuovo allestimento che si vedrà anche in teatri dell'importanza dell'Opéra parigina, del Costanzi di Roma, e last but not least, la Royal Opera House di Londra. E per di più con un enorme successo di pubblico e critica.
La regia eccezionale di Deborah Warner, né tradizionale né moderna, ‘solo' straordinaria per la fedeltà a testo e partitura senza servilismi ma anche senza soluzioni strampalate, è stata una delle colonne portanti di questo vero evento, grazie al lavoro ‘con' (più che ‘su') gli attori (e ritengo il coro uno dei personaggi principali, se non addirittura il principale di questa tragedia), luci e scene spoglie ma essenziali. L'ipocrisia del ‘Borgo' viene messa in luce senza sosta e senza eccezioni, a parte gli emarginati, del protagonista in particolare, della maestra (Ellen Orford), magari anche il vecchio capitano(Balstrode) o la proprietaria del pub-bordello (La ‘Zietta'), e naturalmente dello sventurato orfano apprendista (John). La regista alternava colpi di effetto non troppo sottili, che culminavano nel parossismo dell'atto terzo – questa specie di ‘crociata' contro Grimes, con quelle urla che ripetono sempre più forte il suo nome e ci rimandano al ‘Radamès' dei sacerdoti nel quarto atto dell'Aida – e si sa quanto ammirasse Verdi l'autore, con altri dettagli più sfumati e sottili ma non meno terribili (prologo e scena finale). Non solo i personaggi principali venivano descritti con tutti i dettagli (perfino il ruolo muto di John ci faceva ‘toccare con mano' una fragilità estrema infrequente sulle scene liriche, grazie a quel piccolo grande attore che ha per nome Saúl Esgueva), ma memorabili erano le caratterizzazioni di Bob Bole (quel fondamentalista religioso), Mrs. Sedley (la ‘brava signora' che rimedia alle sue frustrazioni col laudano ma anche con le insidie, i pettegolezzi e le notizie false o raggirate) e Ned Keene, quel burlone per cui nulla è sacro e niente ha valore, ma che finisce trascinato – da se stesso – nella caccia alle streghe. L'altra colonna portante era la direzione energica e delicata (gli interludi!) di Ivor Bolton, che con questo repertorio dimostra grandissima affinità, e alla cui bacchetta rispondevano una più che notevole compagine orchestrale – non solo per la parte tecnica – e un coro istruito da Andrés Máspero, che non soltanto cantava in un inglese ottimo ma che, come detto, si muoveva sul palcoscenico in modo più che superlativo.
Allan Clayton si calava per la prima volta nei panni di Grimes e lo faceva con una voce più simile a quella del creatore del ruolo (Peter Pears), forse più bella, ma con un'intensità ‘aspra' da vero antieroe che ricordava interpreti tipo Jon Vickers o Kim Begley. Ellen era Maria Bengtsson, un soprano mozartiano che appunto perciò riusciva a cantare molto bene l'atto terzo, ma si mostrava meno comoda nella tessitura dei due primi (soprattutto per quanto riguarda i registri centrali e gravi, con in più un'articolazione poco chiara) benché la sua interpretazione scenica fosse sempre impeccabile. Christopher Purves ha fatto sua la parte di Balstrode, cui conferiva un toccante profilo scenico e un canto sempre sicuro. Altri cantanti abituali in opere di Britten rispondevano alla loro ben guadagnata fama nei rispettivi ruoli, in particolare John Graham-Hall (un Bole di enorme impatto), Rosie Aldridge (Sedley), Catherine Wyn-Rogers (la Zietta), Jacques Imbrailo (vigoroso Ned), ma tutti erano stupendi (si facciano ancora i nomi di Clive Bayley – Swallow – e di James Gilchrist come il Reverendo).
Jorge Binaghi
1/5/2021
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