Madama Butterfly
al Teatro Giuseppe Verdi di Padova
Nella stagione Lirica al Teatro “G. Verdi” di Padova è stato rappresentato il capolavoro di Giacomo Puccini Madama Butterfly, nello storico allestimento di Beni Montresor. Voglio pensare che riprendere questo spettacolo sia stato anche un omaggio intrinseco al grande regista, e non solo, veronese scomparso nel 2001. L'allestimento di Madama Butterfly, salvo errori, nacque a Genova negli anni '90, per poi essere esportato in molti palcoscenici italiani. La lettura di Montresor, che anche in quest'occasione firmava regia, scene e costumi, è basata sull'essenzialità, togliendo tutto quanto è coreografia di un mondo giapponese che potremo denominare “da cartolina”. Tre pareti bianche e a specchi delimitano il palcoscenico, al centro una grande scalinata, attorno c'è un vuoto metaforico significativamente drammatico. La triste vicenda di Cio-Cio-San è pertanto non figurata storicamente, anche oggi sotto altre luci si potrà ritrovare una ragazzina venduta quale moglie. Qui lo spettacolo è creato in ogni dettaglio di gesto, di movenza, che non rifanno il verso alla geisha cinematografica, ma cesellano alla perfezione un libretto e una drammaturgia di prim'ordine. Uno spettacolo sempre attuale ove i costumi coloratissimi sono ammirati per qualità di sartoria e preziosa visione, e un grande effetto di luci rende ancor più piacevole allo spettatore la visuale, talvolta accecante oppure soffusa. La regia era ripresa da Paolo Giani, al quale va il merito di non aver apportato modifiche sostanziali ma di aver rispettato l'impianto del maestro. Tiziano Severini era direttore e concertatore sommariamente banale, ha bilanciato sufficientemente il rapporto buca-palcoscenico, ma la sua lettura era notevolmente anonima, senza fraseggio, tensione, colore, scivolando pertanto nella più noiosa e spenta routine.
Ritornava a esibirsi in Italia il soprano Andrea Rost, che ai più era conosciuta per altri ruoli interpretati al Teatro alla Scala. Sulla carta, conoscendo il suo repertorio, ho espresso qualche perplessità, in parte confermate da uno spessore vocale non del tutto pieno e qualche limite in acuto. Tuttavia si deve rendere onore alla cantante, dato che certi limiti sono stati ampiamente superati da un coerente fraseggio e una buona recitazione, e nel complesso la prova è parsa sufficiente poiché si trattava di un debutto.
Il tenore Luciano Ganci è cantante dotato di bella voce ma difetta sovente per tecnica, intonazione e un'esuberanza scenica che potrebbe tenere controllata poiché va a discapito della resa vocale. Ottima la prova del baritono Giorgio Caoduro che ha tratteggiato uno Sharpless nobile e umano, sorretto da una linea di canto morbida e da un fraseggio molto eloquente. Non capisco perché questo cantante non si esibisca con maggior frequenza nei nostri teatri, ma sia leggermente relegato nell'ombra, quando ci sono qualità e stile. Per dovere di cronaca dobbiamo complimentarci con lui per aver sostenuto il ruolo con il piede ingessato causa una frattura.
Notevole la prova di Daniela Innamorati, cantante con ottime qualità vocali brunite e una buona tecnica, essa dona luce propria al ruolo di Suzuki. Impagabile il Goro di Max René Cosotti, eccezionale interprete cui non sfugge nessuna sottolineatura del viscido Goro e ancora vocalmente irreprensibile in questi ruoli. Molto apprezzati Abramo Rosalen, Bonzo, statuario ammonitore, e William Corrò, romantico e sconfitto Yamadori reso con particolare morbidezza d'accento. Molto pertinenti le parti di fianco e una nota particolare per il piccolo Sebastiano Corrò che tratteggia un simpaticissimo Dolore.
L'Orchestra di Padova e del Veneto e il coro Lirico città di Padova si sono esibiti con onesta professionalità.
Lukas Franceschini
19/11/2014
Le foto del servizio sono di Giuliano Ghilardini.
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