RECENSIONI
-

_ HOMEPAGE_ | _CHI_SIAMO_ | _LIRICA_ | _PROSA_ | _RECENSIONI_| CONCERTI | BALLETTI_|_LINKS_| CONTATTI

direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Dialogues des Carmélites

al Comunale di Bologna

Al Teatro Comunale per la prima volta nel corso della sua lunga storia è stata rappresentata l'opera Dialogues des Carmélites di Francis Poulenc.Un ritardo in parte inspiegabile, poiché l'opera è uno dei capolavori del ‘900, ma fortunatamente ora colmato con uno spettacolo davvero emozionante, una coproduzione tra il Théâtre des Champs-Elysèes e il Théâtre Royal La Monnaie. Dialogues des Carmélites è un'opera con libretto tratto dall'omonimo testo di Georges Bernanos. La storia si ispira a un fatto realmente accaduto, l'esecuzione, nel luglio 1794 durante il regime del Terrore, di sedici religiose francesi, passate alla storia come le "martiri di Compiègne", che si erano rifiutate di rinunciare ai loro voti. La vicenda, molto nota in tutta la Francia, aveva ispirato Gertrud von Le Fort che aveva scritto un romanzo (1931). In seguito il regista Raymond Leopold Bruckberger pensò di trarne un film, chiedendo a Georges Bernanos di scrivere la sceneggiatura. Il progetto non andò in porto, ma i dialoghi scritti da Bernanos furono pubblicati postumi l'anno dopo. Il dramma teatrale riscosse in Francia e all'estero grande successo . L'idea per un'opera lirica fu dell'editore Ricordi che la propose a Poulenc nel 1953. La composizione richiese circa tre anni. La prima assoluta fu al Teatro alla Scala (nella traduzione italiana di Flavio Testi) il 26 gennaio 1957, diretta da Nino Sanzogno con un cast stellare, del quale facevano parte Virginia Zeani, Gianna Pederzini, Gigliola Frazzoni, Leyla Gencer, Eugenia Ratti e Fiorenza Cossotto. La prima della versione originale in lingua francese ebbe luogo a Parigi il 21 giugno 1957 diretta da Pierre Dervaux con Denise Duval, musa artistica di Poulenc, Rita Gorr e Regine Crespin.

Il libretto è peculiarmente profondo nel suo studio psicologico di personaggi contrastanti come Madre Marie e Blanche. La chiarezza e il tono serrato, come rilevato da molti critici, suggeriscono molto di più di quanto afferma. La religiosità di Poulenc è particolarmente evidente nello stile “a cappella” nell'Ave Maria e nell'Ave Verum Corpus. Nel tableau finale dell'opera il suono distinto della lama discendente della ghigliottina sovrasta ripetutamente l'orchestra e il canto delle suore (Salve Regina), che vengono decapitate ad una ad una, in un decrescente coro che termina a voce sola.

La musica di Poulenc ha un debito nei confronti di molti compositori di varie estrazioni stilistiche, in una sua dedica afferma “le mie carmelitane sembra possano cantare solo musica tonale”. Il linguaggio tonale ricercato è spesso ossessionante, anche se la composizione è per grande orchestra e gli strumenti sono usati sovente in piccoli gruppi selezionati appositamente per creare effetti. Tuttavia l'elemento più rilevante della partitura è la mirabile naturalezza della scrittura vocale, la quale si sviluppa su un flusso lirico. Altro aspetto peculiare è che, a differenza di ogni altra opera lirica sulla vita monacale, nei Dialogues sono insiti temi come la discussione sulla religione, la grazia divina mai stucchevole, la difficoltà nell'essere buoni e l'insicurezza della virtù.

Il bellissimo allestimento proposto porta la firma di Olivier Py, con scene e costumi di Pierr-André Weitz, creato per Parigi nel 2013. La lettura drammaturgica del geniale regista è sviluppata sulla tensione e sugli sguardi, attraverso una recitazione accennata ma di forte impatto teatrale. I turbamenti della protagonista sono identificati con una spasmodica agitazione che contraddistingue non solo il corpo ma anche il gesto, il quale mai è portato all'eccesso. Al contrario la fermezza delle suore superiori è statica e autoritaria, in particolare colpisce al primo apparire la vecchia Priora, donna vissuta e ferma nei propri convincimenti e nella fede, la quale nella stupefacente scena della morte, distesa su un letto appeso alla parete sul fondo, crolla di fronte alla paura del passaggio, e lo stiracchiarsi tentando invano di aggrapparsi a Blanche è indicativo. La scena finale, la quale sia musicalmente sia teatralmente è la più impressionante, esce dagli schemi tetri e grigi del racconto precedente, un cielo stellato accoglie le anime delle suore che salgono alla ghigliottina, sacrificandosi per l'ideale religioso cui avevano donato la loro vita. Un finale peculiare, e forse astratto, ma con un forte ideale.

Bellissima la scenografia mobile creata da Weltz, pannelli scorrevoli che in pochissimi secondi creano ambienti diversi e di grande fascino, rendendo lo spazio scenico sempre predominante alla visione. Lo stesso scenografo è anche autore dei costumi, stilizzati e in tono nella scelta dei colori adatti alla vicenda. Meravigliose le luci di Bertrand Killy, sempre tenui ma in alcuni momenti sviluppate in una mordace focalizzazione.

Molto convincente la compagnia di canto, a cominciare dalla bravissima Hélène Guilmette, Blanche, attrice e cantante molto raffinata che trova il suo punto di forza nell'uso del fraseggio e nel peculiare dosaggio dei colori. Per la cronaca, all'inizio dell'opera il soprano si era fatto annunciare indisposta, ma non abbiamo percepito nessun indugio anzi abbiamo lodato la sua performance. Mirabile la Madame de Croissy di Sylvie Brunet, autorevolissima interprete di grande fascino vocale e indubbie qualità teatrali. Sophie Koch, Mère Marie, a parte qualche evidente forzatura e un'intonazione incerta, colpisce per l'autorevolezza interpretativa. La Madame Lidoine di Marie Adeline Henry era più centrata vocalmente e di forte autorità, anche se il registro acuto non sempre rifinito. Molto brava Sandrine Piau che interpreta una delicata Soeur Costance, vivace ma profonda nel sentimento. Meno risolto da parte di Nicolas Cavalier il ruolo del marchese de la Force, molto intubato e spesso incomprensibile. Bravo invece Stanislav de Barbeyrac, un Chavalier de la Force di grandi risorse vocali e ottimo gusto interpretativo. Nelle parti minori si mette in luce Loic Flix, Aumonier del Carmelo, ma tutti gli altri interpreti sono all'altezza: Matthieu Lécroant (Thierry/Geolier/Javelinot), Sarah Jouffroy (Mère Jeanne), Lucie Roche (Mathilde), e i due commissari interpretati da Jérémie Daffau e Arnaud Richard.

Sul podio abbiamo avuto la pregevole presenza di Jeremy Rhorer, il quale ha saputo guidare l'ottima orchestra del Comunale in una lettura molto accesa, di ottima narrazione, con precisissimi dettagli e sonorità sempre controllate ma di grande fascino. Un dettaglio non trascurabile è stata l'intenzione, senza tradire l'autore, di ispirarsi alla scuola romantica francese, della quale probabilmente Poulenc è l'ultimo esponente autonomo. Prova superlativa anche per il Coro del Teatro Comunale diretto da Andrea Faidutti. Solo quattro recite in programma, le quali sappiamo sono tutte esaurite. Pubblico molto attento e colpito da forte emozione che al termine ha decretato un autentico trionfo, meritatissimo, a tutta la compagnia.

Lukas Franceschini

27/3/2018

Le foto del servizio sono di Rocco Casalucci-Teatro Comunale di Bologna.