Una serata tutta alla russa
Sabato 9 febbraio (con replica il 10) ha avuto luogo al Teatro Massimo Bellini di Catania un concerto interamente dedicato alla musica russa: in programma il Valzer dall'opera Evgenij Onegin e le Variazioni su un tema rococò per violoncello e orchestra op. 33 di Pëtr Il'ic Cajkovskij, e la Sinfonia n. 10 in mi minore op. 93 di Dmitrij Dmitrievic Šostakovic. A condurre l'orchestra del nostro teatro il valente Eckehard Stier. Dopo l'iniziale e luminoso Valzer tratto dall' Evgenij Oneghin, a esibirsi sul palcoscenico del nostro teatro è stato l'eccellente violoncellista Vadim Pavlov, solista delle Variazioni su un tema rococò, composizione eseguita per la prima volta a Mosca il 30 novembre 1877 da W. Fitzenhagen, sotto la direzione dello stesso Cajkovskij. La pagina mostra quell'aspetto neobarocco dell'arte del grande compositore russo che si rivela anche nella Quarta Suite Mozartiana per orchestra op. 61 e nella Serenata per archi op. 48. Il brano si apre con una introduzione orchestrale lieve e luminosa seguita poi da una delicata melodia del corno francese, per lasciare subito spazio al tema esposto dal violoncello solista, che diventa il protagonista assoluto della composizione. Al tema seguono sette variazioni di carattere talvolta vivace, talvolta elegiaco, talaltra energico ma comunque sempre all'insegna di uno scattante e luminoso virtuosismo strumentale. La composizione trova la sua conclusione in una sfavillante coda di effetto pirotecnico.
Il maestro Vadim Palvlov (che tra l'altro è primo violoncello dell'orchestra del Teatro Massimo Bellini di Catania) ha messo in campo non solo una tecnica e un virtuosismo di alto e pregiato valore e nitore ma anche e soprattutto una musicalità e una versatilità che rivelavano una sensibilità artistica profonda e meditata. La sua cavata, vigorosa e possente ma nello stesso tempo all'occorrenza tenera e morbida, dava vita a un'esecuzione pulita, netta, luminosa e chiara, nella quale ogni nota, ogni inciso, ogni semifrase e frase musicale traboccavano limpide e pure come acqua di rocca dal suo strumento. Evidentemente l'anima slava del maestro Pavlov è riuscita a mettersi, soprattutto da un punto di vista psicologico e spirituale, in singolare simpatia ed empatia con quella del suo illustre conterraneo Cajkovskij.
Il vivace, caloroso, partecipato e infervorato consenso scatenato dalla sua magistrale ed eccellente interpretazione nel pubblico presente nel parterre e nei palchi ha indotto il valente strumentista russo a offrire due magnifici encore: Studio da concerto n. 4 in fa minore di Mikhail Bukinik e una Gavotta di Johann Sebastian Bach.
La seconda parte del programma è stata interamente dedicata alla Sinfonia n. 10 in mi minore di Šostakovic la cui prerogativa fondamentale, da un punto di vista strettamente tecnico, è il contrasto al quale concorrono, contrapponendosi di continuo, sia i singoli strumenti fra loro, sia le varie famiglie di strumenti fra di esse. Le sonorità della Sinfonia raggiungono talvolta gradi davvero esasperati, il culmine della veemenza fonica viene raggiunto nel secondo movimento, Allegro, tanto sintetico quanto demoniaco, perché reso con un ritmo ossessivo e incalzante dall'inizio alla fine. Eckehard Stier ha guidato la compagine orchestrale del nostro teatro con intrepida disinvoltura e sicura competenza, eviscerando la discorsiva fierezza e la sintomatica espressività epica dell'opera del compositore russo, tassello di un monumento sinfonico (Šostakovic ha scritto ben quindici sinfonie) dall'intento ideologico apparentemente evidente e manifesto ma dalle peculiarità intime e personali celate e nascoste fra gli anfratti dei pentagrammi.
Giovanni Pasqualino
10/2/2019
La foto del servizio è di Giacomo Orlando.
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