RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

L'assedio di… Cambridge!

 

Il dramma lirico in tre atti L'assedio di Calais di Gaetano Donizetti, su libretto di Salvatore Cammarano (Napoli, Teatro San Carlo, 19 novembre 1836), avrebbe quasi certamente entusiasmato Giuseppe Mazzini e fatto versare lacrime di commozione a Niccolò Tommaseo (quello stesso Tommaseo che l'anno precedente pianse a Parigi assistendo a più di una rappresentazione del Marin Faliero donizettiano), se l'uno e l'altro ne fossero stati spettatori. Ma questo singolare, pur non unico, melodramma prerisorgimentale di Donizetti restò confinato a Napoli, dove è già stupefacente che l'occhiuta censura borbonica non gli abbia sbarrato la strada verso il palcoscenico (forse perché L'assedio di Calais era previsto per un galà reale in occasione dell'onomastico della regina madre). Altrove questo sperimentale grand opéra all'italiana, con balletto nel terzo atto, avrebbe senza dubbio fatto vibrare e fremere in virtù delle memorande melodie ma più ancora dei possenti insiemi e cori trascinanti, quanti cercavano allora, prima dell'avvento di Verdi nei melodrammi di Bellini, Donizetti, Pacini, Mercadante ed altri nonché di Rossini, incitamenti a coltivare l'amor patrio e ad alimentare speranze di libertà.

La vicenda si basa su un noto episodio storico del XIV secolo (avvenuto durante la guerra dei cent'anni), già ispiratore di drammi e balletti vari e, alla fine dell'Ottocento, di un celebre gruppo scultoreo in bronzo di Auguste Rodin: Les bourgeois de Calais (1895).

Dopo avere assediato per undici mesi Calais, che, pur ridotta alla fame, gli resiste ancora, il re inglese Edoardo III - che, per motivi dinastici, vanta diritti sulla corona di Francia - decide di risparmiare la città normanna ribelle in cambio del sacrificio di sei cittadini, i quali all'ultimo momento saranno però graziati per l'intervento della regina consorte, Filippa.

Tra i frutti tardivi della Renaissance donizettiana, anche per l'ambizioso Assedio di Calais (che Donizetti non era riuscito ad esportare a Parigi) giunse il momento della riscoperta, concretatasi con la registrazione in studio da parte di Opera Rara (Londra 1988). Quel cofanetto CD fu il tramite per riportare sulla scena il dimenticato melodramma, eseguito infatti in vari allestimenti a Bergamo, Wexford, Londra, Glasgow e Gelsenkirchen.

L'intraprendente English Touring Opera ha ripreso nella primavera di quest'anno L'assedio donizettiano, in una versione inedita, portandolo, dopo Londra, in nove città e cittadine dal sud dell'Inghilterra fino in Scozia ed a conclusione del periplo, decima ed ultima tappa di questa Britannia felice, all'Arts Theatre di Cambridge, dove lo scrivente vi ha assistito il 21 maggio. L'ETO ha intenzione di riproporlo nel 2015, quando gli affiancherà un altro raro titolo del Bergamasco, Il furioso all'isola di San Domingo (atteso intanto questo autunno, nel quadro del Bergamo Musica Festival, al Teatro Donizetti, da dove migrerà poi a Savona, Modena, Rovigo, Piacenza e Ravenna).

Nella sala abbastanza capiente dell'Arts Theatre, praticamente al completo, di giovani (che pure a Cambridge convergono a migliaia per frequentare l'Università) se ne notavano pochi, ma è probabile che in tribuna fossero più numerosi.

Comprimendo lo svolgimento dell'Assedio in due atti, con l'eliminazione di quasi tutto il terzo, il profilo drammaturgico dell'opera muta radicalmente, poiché il sipario cala sul secondo atto nel momento in cui i sei borghesi, che si preparano a immolarsi per salvare Calais, dicono addio a famiglie e concittadini. Niente quindi balletto né clemenza reale per intercessione della regina né happy ending. Dal terzo atto si recuperano la trionfalistica e vanagloriosa ma preziosa aria con cabaletta di re Edoardo, che migra all'inizio del primo atto, e l'insieme 'Raddoppia i baci tuoi', felicemente inserito nel Finale secondo (adesso ultimo). Donizetti stesso non era persuaso della validità del terzo atto (che da solo però giustificava la rappresentazione in una sera di galà reale) e probabilmente non sarebbe stato affatto scontento di questa inedita versione più convincente, alla quale auguriamo di tutto cuore un futuro anche sul Continente e altrove.

Il fusto sventrato di un gigantesco cannone - che funge all'occorrenza da tunnel-rifugio - costituisce l'elemento essenziale della spoglia scenografia ideata, assieme ai costumi, da Samal Blak. Attorno ad esso si concentrano i vari momenti della vicenda. Le luci ora livide ora notturne di Ace McCarron sottolineano l'atmosfera di squallore e rovina in cui si dibattono tra ardimento, rassegnazione, disperazione e fame implacabile le donne e gli uomini di Calais. I costumi atemporali di assediati e assedianti - indumenti e divise che sembrano uscire direttamente da un cassonetto - rendono tangibile la realtà sordida e insensata di quella guerra, dove l'eroismo e l'abnegazione non sono compartiti equamente a tutti. James Conway, che ha curato con discrezione e efficacia la regia, con plastica disposizione e fluidi movimenti di solisti e masse, ha dichiarato di avere avuto in mente il terribile assedio di Stalingrado di settant'anni fa. La storia recente ci offre peraltro nuovi esempi non meno terrificanti a cui associare quanto ci è mostrato sulla scena.

Alla guida della competente orchestra dell'ETO, Jeremy Silver, che dalla silhouette ricorda vagamente il giovane Richard Bonynge, si è dimostrato sensibile alle sfumature e ai dettagli e attento a imprimere il giusto slancio ai vari momenti della ragguardevole partitura donizettiana.

La composita provenienza dell'agguerrito cast non è andata a discapito dell'omogeneità dell'esito complessivo né il belcanto è stato messo in discussione dal realismo della scena. Spiccavano ben differenziati e contrapposti a distanza i due bassi-baritoni, Cozmin Sime quale Edoardo III, e Eddie Wade nel ruolo di Eustachio, sindaco di Calais. Un'efficace ed affiatata coppia era formata dalle due donne, anche perché Helen Sherman, nel ruolo eroico en travesti di Aurelio, figlio di Eustachio (visto che, in mancanza di un tenore adeguato, Donizetti aveva dovuto rispolverare l'ormai superata funzione del musico), era il marito di Eleonora cioè Paula Sides. Tutti gli altri hanno validamente sostenuto i rispettivi personaggi: Stuart Haycock (Giovanni d'Aire), Adam Tunnicliffe (Edmondo), Brendan Collins (Pietro de Wisants), Niel Joubert (Giacomo de Wisants), Matthew Sprange (Armando) e Piotr Lempa (Un incognito), e meritevolmente si è distinto il Coro dell'ETO, impegnato dall'inizio alla fine dei due atti.

Applausi entusiastici e prolungati alla fine, poiché la proverbiale “flemma” britannica è stata puntualmente smentita al termine dello spettacolo.

Fulvio Stefano Lo Presti

2/8/2013