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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

L'ensemble Calamus

si esibisce al Teatro Brancati di Catania

Dai toni austeri del Medioevo al tradizionale celtico, da un composto Christoph Willibald Gluck a un'esaltante modernità swing; e ancora tra aloni di magia orientale, senza rinunciare al filone classico dell'Ottocento, l'ensemble di clarinetti Calamus ha tenuto alta l'attenzione del pubblico al Teatro Brancati nel quinto appuntamento della Società Catanese Amici della Musica che porta avanti con successo la stagione 2016-2017 sotto la presidenza del musicologo Giuseppe Montemagno e la direzione artistica di Matteo Musumeci. Una formazione che ha suscitato calorosi applausi (fino al bis finale), e vanta un organico desueto composto interamente da soli clarinetti, in tutto ventiquattro, come i loro esecutori (tra i quali sei componenti suonano il clarinetto basso), diretti con grinta da Carmelo Dell'Acqua (che ne è parte integrante) e completati da Giacomo Patti al basso elettrico, nonché da Paolo De Pietra alle percussioni.

L'ensemble si prefigge da qualche anno di diffondere la musica popolare con strumenti tipici del sud Italia e musiche rappresentative della tradizione europea, come quelle della gaita galiziana, ovvero la cornamusa iberica (tipica delle regioni nordoccidentali della Spagna come la Galizia) suonata per l'occasione da un estroso Franco Barbanera (alle prese con Franca gaita di Fabio Alessi). L'organico, già affermato nel panorama internazionale con prime esecuzioni assolute di noti compositori, è dotato di spiccato senso ritmico, arguzia e lucidità sonora nel muoversi con grande abilità tra uno stile e l'altro (a partire da O ignee Spiritus di Hildegard von Bingen, seguito da una Chanconetta tedesca, XIV secolo): ecco dunque un fermissimo Carmelo Dell'Acqua condurre un ensemble compatto, che accompagnava il suono con movimenti del corpo mentre ci dischiudeva belle emozioni su un fondale di azzurro intenso a fianco di validissimi solisti. Ovvero la danzatrice Serena Chiarenza che ha volteggiato con grazia tra movimenti flessuosi di foulards verde-fucsia, abbracciando il cadenzare pacato di Ryuichi Sakamoto, su Forbidden colours (dal film Merry Christmas Mr. Lawrence di Nagisa Oshima, 1983); e in seguito animando Antelia (Tradizionale Greco) con una gradevolissima danza del ventre, che si avvaleva di un look ocra-oro. Accenti determinati, ricchi di smalto espressivo, si coglievano sull'amenità melodica di Felix Mendelssohn Bartholdy nel Konzerstucke in re minore op.114 n. 2 con i solisti Giovanni Nicosia e Leandro Spitale; quest'ultimo si è poi distinto fra le intemperanze di George Gershwin sciorinando un ardito clarinetto nel brano Un americano a Parigi: Blues (arrangiato da Henghel Gualdi) articolatissimo nella sua estensione melodica, d'effetto colloquiale sulla città europea; insieme alla vera chicca di Benny Goodman, amatissimo maestro di swing, che un eccellente Gaetano Cristofaro ci ha fatto gustare oscillando sulla malìa jazz di brani spericolati e avvincenti (Tin roof blues, Someday sweetheart, Sugar foot stomp, Weary blues). Il gioco sonoro di un Novecento statunitense comprendeva altri due brani contemporanei, quali Detroit di Marcus Miller, del 2012 (da Renaissance) e Come on, come over (del 1976) da Jaco Pastorius, dal frizzante procedere ritmico.

Con l'esibizione del Calamus ha primeggiato ancora una volta l'essenza del bel suono, nel porgere trascinante della musica d'insieme.

Anna Rita Fontana

25/2/2017

La foto del servizio è di Gattopino.