RECENSIONI
-

_ HOMEPAGE_ | _CHI_SIAMO_ | _LIRICA_ | _PROSA_ | _RECENSIONI_| CONCERTI | BALLETTI_|_LINKS_| CONTATTI

direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


Parigi: infelice ritorno di Carmen

Dopo dieci anni di assenza, l'Opéra ha presentato un nuovo allestimento dell'opera di Bizet (in versione ‘opéra comique' e quindi con dialoghi al posto dei recitativi di Guiraud, non sopratitolati e solo parzialmente comprensibili). Purtroppo risultava ‘comica' nel senso più abituale della parola, grazie in particolare alla ridicola messinscena d'Yves Beaunesne con cui collaborava anche il coreografo (e lasciamo stare le varie danze) Jean Gaudin. Sotto il pretesto di dare a quest'opera una risonanza di grande attualità si cercava di mettere in rapporto l'azione con la ‘movida' madrilena. Di ‘movida' c'era (fraintesa o capita male) qualche figura uscita di un film di Almodóvar, per di più incoerente e dissonante visto che ci convivevano gli anni 40/50 del secolo scorso, una volgarità e rozzezza incredibili, e anche qualche – forse non voluto – omaggio al cinema di Hollywood pure di quell'epoca. In più, parecchie volte il coro – che non sempre suonava affiatato – e i protagonisti rimanevano statici e cantavano guardando il pubblico (cioè, quando, ad esempio, non circolavano in bicicletta. Va senza dire che a fine spettacolo una buona parte dei presenti ha espresso un giudizio negativo in modo più che rumoroso.

Philippe Jordan guidava la brillante orchestra con alcuni tempi molto particolari (o troppo veloci o troppo languidi – vedansi il preludio e la canzone delle zingare) e momenti rigidi oppure opachi nel fraseggio che non fanno condividere le acclamazioni rivoltegli dal pubblico (certo, tutto è relativo: se era una maniera d'indicare il rifiuto dell'aspetto scenico si può capire meglio). Nikolai Schukoff avrebbe dovuto riflettere (o uno degli addetti ai lavori assumersi la responsabilità d'impedirglielo) sui rischi di uscire a cantare Don José nello stato vocale in cui versava (almeno nella serata del 4 dicembre). Neanche i comprimari fornivano prove ineccepibili (citeremo il migliore fra tutti, un interessante Morales di Alexandre Duhamel, e al vertice opposto la snervante – sia dal punto di vista scenico che vocale – Frasquita di Olivia Doray).

Alla fine del secondo atto, arrivata l'unica pausa, la signora che sedeva accanto a me disse ad alta voce ‘ne ho avuto già abbastanza' e se n'è andata. Un po' l'ho invidiata perchè, da spettatore, avrei forse fatto lo stesso. C'erano, per mia fortuna e loro disgrazia, tre magnifici cantanti cui non riusciva di brillare come meritavano grazie alla regia. Genia Kühmeier (Micaela) è stata la più fortunata. Ludovic Tézier, un Escamillo baritonale (finalmente!), in grande forma vocale, veniva costretto a passare da guappo provinciale a una sorta di Tyrone Power (anziché Rodolfo Valentino) e il suo personaggio perdeva il giusto rilievo. Anna Caterina Antonacci ha dimostrato qui stesso (all'Opéra Comique con una regia più ‘normale') e altrove di essere una protagonista di lusso e di riferimento. Se questa volta non accadeva lo stesso si deve al semplice fatto che risultava difficile perfino per lei (eccellente nell'aspetto vocale ma alquanto forzata – forse poco comoda – nella resa teatrale della parte) presentare una zingara in vestaglia nera o costume ‘sexy' e per di più conciata con una parrucca bionda stile star pre-Marilyn (Rita Hayworth lo faceva meglio nel film) e con degli occhiali da sole, dimenandosi più di una volta in modo ancora più volgare che se fosse stata una qualsiasi brutta copia di ‘Gilda'.

Visto che questo monumento al nonsenso verrà trasmesso in diretta il 13 c.m. in vari cinema (e sicuramente raccolto poi amorosamente in DVD per l'eternità) il lettore potrà, se vorrà, giudicare da se stesso.

Jorge Binagli

9/12/2012

Le foto del servizio sono dell'Opéra National de Paris/Charles Duprat.