QUEL CH'È MEZZO NON È MEZZO... MEGLIO LE SORELLASTRE!
LA CENERENTOLA DELL'OPERA ZUID A HASSELT
L'Opera Zuid di Maastricht vara da parecchi anni stagioni itineranti che coprono numerose piazze, per lo più nel sud dell'Olanda, con qualche straripamento nel Belgio fiammingo. Un'altra stagione itinerante in Olanda la si deve alla Reisopera di Enschede. In Italia, culla dell'opera, tali iniziative invece sono assai rare se non inesistenti. E non parliamo del nostro “compassionevole” Mezzogiorno. Anzi parliamone.
In Puglia, per fare un esempio, esistono tanti bei teatri, antichi o moderni, a Lecce, Brindisi, Bitonto, Barletta, Altamura, Foggia e altrove. A parte quello di Bari (che ha vocazione di “primo” della classe e non si mescola coi teatri locali), là dove esiste bene o male una stagione questa è limitata alla piazza su cui insiste. Collaborazioni? Di che si tratta? Ognuno per sé e Dio per tutti! Ad Altamura, città natale di Mercadante (che però si sentiva più napoletano), la città è divisa tra guelfi e ghibellini del Cigno concittadino: il mio Mercadante lava più bianco del tuo...
Ad Hasselt (capoluogo del Limburgo belga) sono stato spettatore della Cenerentola (ottava di tredici rappresentazioni) giovedì 4 giugno. La sala ampia e moderna del locale Cultuurcentrum non è però in grado di contenere nella buca apposita tutta un'orchestra e per tale ragione l'opera vi è stata eseguita in forma semiscenica, con pochi elementi di scenografia introdotti di volta in volta dai lati e dall'alto, senza coprire l'orchestra sistemata in fondo al palcoscenico.
Al varo della ventesima opera del già ricco suo catalogo, La Cenerentola, ossia la bontà in trionfo (Roma, Teatro Valle, 25 gennaio 1817), Gioachino Rossini non ha ancora venticinque anni. Dopo l'Italiana (1813), il Turco (1814) ed il Barbiere (1816), è questo il quarto maggiore capolavoro comico del Pesarese (o quinto, se si vuole includere la giovanile Pietra del paragone (1812)) ma anche l'ultimo del fecondissimo tredicennio italiano. La Cenerentola si presenta da un lato come favola, senza però magie o incantesimi, come commedia “sociale” dall'altro. In essa musica e libretto, pur concepiti sotto l'incalzare di tempi strettissimi, compiono il miracolo di creare ambienti, atmosfere e personaggi indimenticabili.
L'allestimento è il risultato di una collaborazione con De Efteling, la Disneyland olandese, e infatti la sobria scenografia (ridotta al minimo ad Hasselt) di Karel Willemen e i variopinti costumi, che si trasformano addosso, di Carla de Kroon sono frutto di tale collaborazione. La regia di Sybrand van der Werf si muove agile tra fantasia fiabesca e coloritissima buffoneria, accentuando la prima a dispetto del servizio minimo impartitole da Jacopo Ferretti e Rossini, e dilatando generosamente la seconda componente, ma lo spettacolo scorre senza soste, secondato dalla versatilità scenica di interpreti e coro, ed il pubblico ne è vivamente esilarato.
Sul fronte musicale, la direzione dello svedese Per-Otto Johansson, alla guida dell'Orkest Philarmonie Zuidnederland, conduce in porto con accettabile approssimazione l'ambiziosa partitura rossiniana.
Al principe Don Ramiro - che ha scambiato identità e abiti col servitore Dandini - Angelina-Cenerentola, alludendo al patrigno Magnifico (di nome, non di fatto), svela: 'Quel ch'è padre non è padre... '. L'aggraziata e suadente Karin Strobos si dimostra quale protagonista mezzo soprano solo sulla carta: ha voce piccola, non tenta di scurire il timbro e non si inventa un grave che le manca. Un soprano corto dunque? Un ardimentoso e disinvolto Ramiro è impersonato dal tenore islandese Elmar Gilbertsson, che canta con una certa eleganza, ma le perigliose note estreme gli costano acuti strozzati. Dandini è molto giovane - perché no? - coetaneo oltre che complice del principe. Lo scatenato baritono Ruben Plantinga, che lo incarna, è però ancora acerbo, mentre il baritono Marcel van Dieren, un Magnifico incontenibile, è decisamente più interessante e adeguato al proprio ruolo, benché amputato dell'aria del secondo atto 'Sia qualunque delle figlie'.
Le figlie-sorellastre appunto. Si difendono egregiamente il soprano russo Anna Emelianova (Clorinda) ed il mezzo soprano Madieke Marjon (Tisbe), riscattando con le cattivanti prestazioni vocali rispettive il versante femminile del cast. Ci resta il baritono Willem de Vries, che, nei diversi abbigliamenti di Alidoro, compie continue magie con lampadine miracolose e si fa anche spuntare le ali, compiendo tuttavia ben più modesti prodigi nel canto. Tra l'altro esegue nel primo atto l'aria 'Vasto teatro è il mondo' di Luca Agolini anziché quella con cui Rossini rimpiazzò poi il contributo dell'occasionale collaboratore, cioè 'Là del ciel nell'arcano profondo' (per la quale è richiesto un vero basso). Il coro, che nella Cenerentola è solo maschile, tende con “bella” costanza a sgolarsi. Alla fine la standing ovation è all'unanimità e devo alzarmi anch'io!
Fulvio Stefano Lo Presti
29/6/2015
Le foto del servizio sono di Morten de Boer, Den Haag.
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