RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Festival rossiniano a Torino, 1/4

Conclusione memorabile, quella della stagione 2017/18 dell'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai (OSN), col concerto del 29-30 maggio 2018, sempre dall'auditorium Arturo Toscanini di Torino. Due glorie della musica internazionale, il sempre sorprendente Myung-Whun Chung e il pianista enfant prodige Alexander Malofeev, hanno dato vita, il primo alla Terza Sinfonia in mi bemolle maggiore “Eroica” Op.55 di Ludwig van Beethoven, il secondo alla Rapsodia su un capriccio di Paganini per pianoforte e orchestra Op.43 di Sergej Rachmaninov, seguita da due fuori programma di eccezionale lunghezza e impegno tecnico, la Dumka Op.59 di Pëtr Il'ic Cajkovskij e il Precipitato dalla Settima Sonata per pianoforte Op.83 di Sergej Prokof'ev, che ha mandato in visibilio il pubblico. Sarebbe potuto bastare così. Per la gioia dei melomani, tuttavia, il dono di quattro concerti extra, legati da un fil rouge a fine stagione, si è ripetuto anche quest'anno. E, dopo la festa del violino dell'anno scorso, il Festival di primavera di quest'anno è tutto dedicato a Gioachino Rossini, giustamente nell'anno del centocinquantenario dalla sua scomparsa (13/11/1868). Quattro concerti nel mese di giugno che esploreranno per sommi capi la produzione non solo del noto autore pesarese, ma anche di ciò che i suoi temi hanno fatto germogliare nella fantasia di altri compositori: donde il nome Rossini e dintorni della rassegna.

L'inizio è stato quanto di più grandioso si potesse immaginare. Non il “solito” Rossini: per il concerto del 7 giugno 2018 è stato rispolverato nientemeno che lo Stabat Mater per soli, coro e orchestra. Storia curiosa, quella dello Stabat. Dopo la composizione del Guillaume Tell, nel 1829, a trentasette anni, Rossini, in ambito operistico, non scrisse più nulla – e dire che visse fino al 1868! Capitò che nel 1830 si trovasse a Madrid. Don Manuel Fernández Varela, desideroso di avere una partitura del maestro, lo pregò di accontentarlo, scrivendo una composizione sacra, un dono privato, senza una prevista pubblicazione. La scelta ricadde sullo Stabat Mater, sequenza liturgica tradizionalmente attribuita a Jacopone da Todi, già musicata, tra gli altri, da Giovanni Battista Pergolesi. Il lavoro iniziò a prendere forma all'inizio del 1841, ma, a causa dell'incipiente crisi psico-fisica di cui di lì a poco fu vittima, Rossini si interruppe, musicando solo tre dei progettati dieci brani in cui il testo venne suddiviso. Particolarmente indicativo è l'incipit, che, con la sua risalita dal grave all'acuto, è imparentato con l'attacco dell'Ouverture del Guillaume Tell, cronologicamente vicino. Per rispettare l'impegno, Rossini diede da musicare i restanti sette brani all'allievo e compagno di studi Giovanni Tadolini, che, come accadde per il Requiem di Mozart, terminato da Süssmayr, completò la partitura all'insaputa del committente. Il quale, nel 1837, morì, sdoganando lo Stabat. Ma a quel punto Rossini bloccò la pubblicazione della partitura a più mani, componendo le parti mancanti e dando alla luce la composizione completa nel 1841. Il successo arrise fin dalla prima parigina, al Théâtre des Italiens, e da quella italiana, all'Archiginnasio di Bologna, diretta, per esplicita volontà di Rossini, da Gaetano Donizetti.

Meravigliosa l'esecuzione dell'OSN, sotto la bacchetta del direttore principale James Conlon, sempre attento a far risaltare l'arcata melodica delle frasi rossiniane, spesso di stampo operistico, nonostante qualche trascinamento eccessivo verso il roboante e il grandioso a scapito dell'intelligibilità del tessuto strumentale (tendenza scusabile, vista la magnificenza del brano); meraviglioso altresì il Coro dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, istruito da Ciro Visco, unito, fluido, eccellente nei passaggi a cappella quasi gregoriani (n°5-Eia Mater), precisissimo nelle entrate del difficile fugato finale nel n°10- Amen, in sempiterna. Quanto ai solisti, si è trattato di autentici specialisti del belcanto. Il soprano Carmen Giannattasio, cavaliera dell'Ordine della Stella della Repubblica Italiana dal 2017, esibisce canto solido e tornito, ed è un peccato che la si possa apprezzare appieno solo nell'aria con coro n°8- Inflammatus, nella quale raggiunge l'acme di drammaticità. Se ne possono apprezzare le qualità di concertazione e di ottimo intreccio con gli altri solisti, senza quella fastidiosa tendenza di certe voci di soprano di “bucare”, nel duetto n°3-Quis est homo e nel quartetto n°6-Sancta Mater. Stupenda voce per un nome che non ha bisogno di presentazioni, il mezzosoprano Marianna Pizzolato, che colpisce per l'interpretazione, soprattutto n°7-Fac, ut portem, per le sue note lunghe, perfettamente tenute, mai calanti, sostenute da qualità tecniche ed espressive di pari grado, che le consentono di passare dal grave all'acuto con grande facilità, e che, anche nella tessitura acuta, non perdono di corposità. Timbro squillante, comunicativo, da autentico belcantista rossiniano, quello del tenore Edgardo Rocha, forse la voce più gracile del quartetto, ma che di certo sa il fatto suo esibendo, nell'aria n°2-Cuius animam, e in ispecie nella cadenza, note proiettate nell'acuto ben prese, senza esitazioni e con un rispettabile volume vocale. Niente a che vedere, tuttavia, col basso Kristin Sigmundsson, che rimpiazza il previsto e tanto atteso Ildebrando D'Arcangelo. Sigmundsson torna a calcare il palcoscenico dell'auditorium Arturo Toscanini dopo aver recentemente interpretato Daland nel Fliegende Holländer in forma di concerto il 24 e 26 maggio 2018. Al solito, il suo volume vocale, che in questo caso ostacola lievemente l'agilità richiesta da Rossini nel n°4-Pro peccatis, si impone sulle altre voci, guidando il coro come nel n°5-Eia Mater, ma sa anche fondersi con gli altri solisti, come nel quartetto n°6-Sancta Mater. Nel complesso di tratta di solisti eccellentemente scelti, per quanto D'Arcangelo sarebbe stato forse più a suo agio nel ruolo, e di un'esecuzione davvero memorabile per quello che da alcuni è ritenuto il vero capolavoro di Rossini.

La serata è stata anche occasione per scoprire la nuova stagione 2018-19, che vedrà direttori del calibro di Kirill Petrenko, Fabio Luisi, Christian Eschenbach, Marc Albrecht, Ottavio Dantone e solisti d'eccellenza quali il già ricordato Alexander Malofeev: si annuncia, in tutti i sensi, una stagione strepitosa all'insegna della grande musica!

Christian Speranza

12/6/2018