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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 

 

Barcellona

L'emozione esplode al Liceu

Finalmente, dopo attività fuori sede o in sede ma senza pubblico o quasi, e nessuna di taglio lirico, si può dire che è iniziata la vera e propria stagione 2020-21 del Colosseo della Rambla, come si conosce anche quest'iconico teatro. Non l'ha fatto con un'opera ma con un concerto di arie e duetti interpretate dal soprano Sondra Radvanovsky e dal tenore Piotr Beczala – ossia due dei nomi più cari oggi al pubblico catalano, se non i più – accompagnati, e bene, al pianoforte da Camillo Radicke. Con le nuove norme e tante poltrone in meno l'aspetto era nondimeno di un pieno totale e si sentiva serpeggiare una nervosità, un'emozione per il ritorno del contatto dal vivo con gli artisti che quando questi si sono finalmente presentati l'ovazione non è stata soltanto lunga ma già al calor bianco. Soprano e tenore, molto emozionati (lei soprattutto) si sono rivolti al pubblico per condividere con esso la gioia di tornare a cantare sul palcoscenico e subito – senza intervallo né pezzi pianistici a solo come si usa negli ultimi tempi – si sono lanciati in un programma di pagine famose e arcifamose alcune delle quali avevano già interpretato in versioni sceniche o anche in concerti precedenti. Quando già nei bis sono arrivati il Canto alla luna della Rusalka di Dvorak e soprattutto l'aria del protagonista della Halka di Moniuszko ci siamo trovati davanti a pezzi, per così dire, insoliti. Del programma basti a dire che il frammento meno noto era la grande aria di Rodolfo dalla Luisa Miller verdiana, che Beczala cantava in maniera esaltante (la seconda stanza era dall'altro mondo) come l'aveva fatto nella precedente stagione. Il tenore si faceva sentire anche nell'addio alla vita di Cavaradossi e di Chènier, nell'addio alla mamma di Turiddu (la memoria lo tradiva un istante) e nel canto di Ossian dal Werther di Massenet (titolo che lo portò alle stelle in questo teatro e si capiva bene il perché). In tutte le arie c'era il magisterio tecnico e stilistico, l'articolazione chiara e precisa, così come un buon volume e soprattutto un centro che va acquistando sempre più peso e fa capire le ultime e prossime scelte –che ad alcuni sembrano azzardate – nel repertorio del grande artista.

Il noto soprano canadese iniziava con ‘Pace pace mio Dio' per seguire con ‘La mamma morta', ‘Sola perduta abbandonata' ‘Vissi d'arte' e ‘Io son l'umile ancella'. Sfoggiava uno strumento di dimensioni enormi, non bellissimo, un po'metallico, con dei bei piani (anche se qua e là compariva un vibratello che l'ha accompagnata sempre), un registro grave di esiti alterni, e un italiano migliore nei brani verdiani che non in quelli della ‘giovane scuola', e una comunicatività ed espressività tipica di molti artisti dall'America del Nord assolutamente esteriore: è la prima volta che vedo Rusalka guardare l'acqua in concerto, ma anche un'Adriana che soffia quando dice ‘soffio'. Ovazionata con delirio (in particolare nel ‘Vissi d'arte') presentava sempre un livello molto buono, un po' meno nell'aria della Manon Lescaut, dove i singulti finali erano troppi e non bastavano a esprimere una disperazione un po'assente in tutto il brano, dove anche qualche grave non era precisamente il massimo).

Insieme cantavano in una bella intesa vocale e artistica il duetto finale dall'Andrea Chénier ma soprattutto il grande duetto dell'atto secondo da Un ballo in maschera dove ogni difficoltà veniva affrontata e risolta senza nessun ‘accorgimento' e con un'intensità di sentimento notevole. Per finire sceglievano il duetto finale da La vedova allegra di Lehár, e anche se il cellulare con il testo veniva adoperato con molta simpatia dal soprano era inevitabile avvertire la totale dimestichezza del tenore con genere e lingua. Era comunque una versione molto più ‘pulita' dell'ultima sentita qui con un bravo baritono e la star delle star tra i soprani odierni che facevano a pezzi il brano a forze di caccole ridicole. Qui, visto che non si può per ora ballare, si davano da fare per darci comunque una parvenza di valzer danzato che il pubblico ha molto gradito.

Jorge Binaghi

30/9/2020

La foto del servizio è di Antonio Bofill.