Due James per Ludwig
Che gli abbiano voluto fare una sorpresa per il compleanno? Ludwig van Beethoven nacque a Bonn il 16 dicembre 1770: e, per l'ottavo appuntamento della stagione Rai, il 15 dicembre 2017 (di cui si riferisce), in replica per l'appunto il 16, l'Orchestra Sinfonica Nazionale (OSN), sotto la bacchetta di James Conlon e l'archetto di James Ehnes ha eseguito il suo Concerto per violino e orchestra in re maggiore Op. 61, cui sono seguiti L'adorazione dei Magi e la Suite n°1 da Antiche danze ed arie per liuto di Ottorino Respighi e, per finire, Pulcinella, balletto di Igor Stravinkij su musiche di Pergolesi, nella suite per sola orchestra (l'originale prevede l'intervento della voce umana) approntata dal compositore stesso. È accaduto a Torino, all'auditorium Arturo Toscanini, sede storica dell'OSN.
Il 1806, anno di pubblicazione dell'Op. 61 di Beethoven, è anche quello di altre importantissime pagine del suo catalogo: i Quartetti “Razumovskij”, l'ouverture Leonora n°3… Eppure, ai contemporanei, il Concerto per violino non piacque particolarmente. Beethoven stava abituando il suo pubblico a gesti musicali imperiosi: l'Eroica, la Sonata “a Kreutzer”, praticamente più un concerto che una sonata per violino e pianoforte. In linea con una tendenza opposta, invece, per l'Op. 61 Beethoven preferisce linee più morbide e un mood meno eroico. Quando Joseph Joachim lo rispolverò dopo quarant'anni, sotto la direzione di Mendelssohn, si affermò definitivamente come uno dei capisaldi della letteratura violinistica di tutti i tempi.
Le restanti composizioni presentate sono comprese tra gli anni Venti e Trenta del Novecento, quando, dopo la disgregazione del sistema tonale, si riscoprirono le musiche del Sei-Settecento e anche di molto prima (emblematico il Concerto gregoriano di Respighi): iniziò così un periodo che venne chiamato Neoclassicismo. Ed è curioso pensare che proprio Stravinskij, l'autore di uno scandalo musicale (per l'epoca!) come il Sacre, nel 1913, abbia poi attraversato un lungo periodo neoclassico, iniziato proprio con Pulcinella, balletto suggeritogli da Diaghilev nel 1919, costruito su un pot-pourri di musiche di Pergolesi. Respighi, dal canto suo, cerca di introdurre lo stesso gusto rétro in Italia, uno dei pochi compositori italiani che porta avanti il genere puramente strumentale, da un lato rielaborando vari brani cinque-settecenteschi nelle tre Suites di Antiche danze ed arie per liuto, di cui è presentata la prima, del 1917, dall'altro, coniugando musica e pittura, con il Trittico botticelliano, del 1927, scritto per Elisabeth Sprague Coolidge, in cui mette in musica tre dipinti di Sandro da Maiano: La nascita di Venere, L'adorazione dei Magi e La primavera. Nel caso del secondo pannello di questo trittico, si tratta quasi del racconto del viaggio dei Magi che, provenendo da lontano, su linee melodiche un po' orientaleggianti, un po' modali, alla medievale, arrivano alla capanna di Gesù su Tu scendi dalle stelle al fagotto.
Conlon, Direttore principale dell'OSN, impronta tutta la serata all'insegna del garbo, dell'eleganza e della moderazione. A cominciare dalle dimensioni scelte per l'orchestra dell'Op. 61 di Beethoven: 14 violini primi, 6 contrabbassi – la giusta via di mezzo. Per tutto il concerto, diretto nei tempi consolidati dalla tradizione, la cifra distintiva è l'estrema trasparenza della trama motivica: i rimandi tematici fra gruppi di strumenti vengono evidenziati (uno su tutti: violino solista e fagotto che si rimpallano le frasi nel Rondò conclusivo) sfumando con intelligenza il resto dell'orchestra (e pazienza per le trombe talvolta impertinenti!). James Ehnes stupisce per la correttezza e l'impeccabilità della sua esecuzione. Nulla si può rilevare se non una cadenza un po' troppo “paganiniana” (uso di doppie corde, passaggi a due voci, ecc.), estranea al linguaggio beethoveniano.
Il suo violino è uno dei due Stradivari conosciuti con il soprannome di “Marsick”: un violino misterioso del 1715, appartenente quindi alla migliore fase produttiva del liutaio cremonese, di cui si sa poco o nulla e sul quale ci sarà da indagare in futuro (notizie provenienti da Alessandra Barabaschi, studiosa di Stradivari che ho interrogato all'uopo). Al termine dell'esecuzione, due encores bachiani, tra cui l'agile e snello Allegro assai dalla Sonata per violino solo n°3 in do maggiore BWV 1005.
Ottima anche la condotta adottata per Stravinskij e Respighi, in particolare nel Vivo della suite di Pulcinella, dove il trombone e il primo contrabbasso acquisiscono una vera e propria vis comica, e nell'Adorazione dei Magi e nell'Andante cantabile “Villanella” della suite, dove l'effetto ri-creativo di emozioni e suggestioni “color del tempo” viene esaltato al massimo. Un plauso particolare va ai fiati dell'OSN, chiamati a un ruolo impegnativo per tutta la seconda parte del concerto: primo flauto, primo oboe e primo fagotto si dimostrano validissimi interpreti di passaggi espressivi e tecnici di notevole impegno.
Christian Speranza
20/12/2017
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