Il Duo Contrappunto suona per la SCAM
Un'esibizione intrigante, quella del Duo Contrappunto nella Sala Archi dell'Hotel Katane Palace per la stagione della Scam (Società catanese Amici della Musica), tra gli appuntamenti che si avvicendano accanto a quelli del Teatro Brancati, per la stagione “Le parole della musica” sotto la presidenza di Giuseppe Montemagno e la direzione artistica di Matteo Musumeci. I riflettori si puntavano questa volta sulle figure di due giovani e promettenti artisti, la flautista Linda Vinciullo e il chitarrista Domenico Giovanni Famà, entrambi siciliani, zafferanese lei, catanese lui, alquanto determinati nell'affrontare un programma non comune del tutto incentrato su musiche del Novecento. Ora sgranata ed estroversa ora suadente e intima, la chitarra di Famà ha attirato da subito l'uditorio rivelando un attento compositore contemporaneo (formatosi con Angelo Gilardino), che si volge a un repertorio di ampio spettro, sia nella cernita per organici cameristici (in duo accanto al violino di Salvatore Domina e alla chitarra di Alfredo D'Urso, o in quartetto con viola e violoncello), sia nelle proprie composizioni, di cui ha dato valida prova creativa in Lumières dans l'obscurité (per flauto e chitarra, che sarà pubblicata a breve), eseguita a fine serata. Lo ha affiancato una agilissima Linda Vinciullo (dedicataria di alcune produzioni di Famà per lo stesso organico) che ha dipanato un flauto dai colori variegati, di fresca impronta esecutiva, in felice binomio col chitarrista su dinamiche e giochi timbrici lucidissimi, attraverso pagine poco conosciute di autori francesi: in incipit nella tenue Petite Suite médiévale (Moderato, Allegretto, Andante, Allegretto) di Francis-Paul Demillac, con richiami alla leggerezza di Poulenc, seguita da Amasia di Laurent Boutros, un “melting pot” di influenze melodiche, dal cadenzare tipico dell'Asia minore, limitato dal suo reiterarsi, ad estrosi ritmi latino americani, dove abbiamo colto qualche analogia con maestri del settore, come Agustìn Barrios Mangorè; sino ai capricci cromatici del terzo tempo (Saltarella) della Sonata per flauto e chitarra di Jean Francaix. Il chitarrista ha espresso aperture avanguardistiche col battere espressionistico delle mani sulla cassa armonica, ovvero sulle intemperanze maliziose di Astor Piazzolla in Bordell 1900, indugiando poi tra le corde più nostalgiche di Café 1930, sempre dalle partiture dell'amato musicista argentino.
L'intera performance ha visto il duo immerso in una esplorazione non facile, nei meandri di un Novecento più innovativo, che sui binari dell'espressionismo quanto nel volgersi con delicatezza a un passato rivisto in luce neoclassica, si è rivelato abbastanza piacevole. Il pubblico, sia pure non numeroso, ha apprezzato vivamente la disinvoltura nell'esibizione e l'originalità della cernita musicale. Auguriamo pertanto ai due artisti un radioso avvenire.
Anna Rita Fontana
17/3/2017
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