Il Convitato di Pietra di Giovanni Pacini
al teatro del Giglio di Lucca
La farsa in due atti Il Convitato di Pietra, su libretto di Gaetano Barbieri, con la musica di Giovanni Pacini è stata messa in scena a Lucca il 5 dicembre 2015 (dopo la rappresentazione di Pisa di sabato 21 novembre 2015) nell'edizione critica, basata sull'autografo del compositore (giacente presso la Biblioteca Comunale “Carlo Magnani” di Pescia), curata da Jeremy Commons e Daniele Ferrari. L'opera venne rappresentata per la prima volta a Viareggio nel 1832, nella casa del medico toscano Antonio Belluomini, cognato del compositore in quanto ne aveva sposato la sorella Claudia. Parteciparono alla sua prima esecuzione molti membri della stessa famiglia Pacini; il padre del compositore Luigi fu Ficcanaso; il fratello Francesco fu Don Giovanni; la cognata Rosa, moglie di Francesco, fu Donna Anna, la sorella Claudia, padrona di casa, si esibì nel ruolo di Zerlina. La prima ripresa assoluta in tempi moderni ha avuto già luogo nel 2008 al Festival Rossini di Bad Wildbad (la registrazione è stata realizzata e pubblicata in CD dalla Naxos) mentre quella alla quale abbiamo assistito, realizzata in coproduzione dal Teatro Di Pisa e dal Teatro del Giglio di Lucca, presso la sala San Girolamo (dépendance del Giglio), con il contributo di MIBACT (Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Regione Toscana), può considerarsi la prima edizione italiana.
Dal momento che Giovanni Pacini viene rappresentato poco o nulla a Catania, città che gli diede i natali l'11 febbraio del 1796, e che ancor oggi lo percepisce più come un compositore contemporaneo e antagonista di Vincenzo Bellini anziché come figlio d'arte, abbiamo deciso di recarci noi di bellininews nella sua amata terra Toscana (morì a Pescia l'8 dicembre 1867) per assistere ad un titolo invero raro della sua vastissima produzione, che annovera circa una novantina di opere fra buffe, serie e semiserie. Anche se Catania dovrebbe avere moltissimo a cuore la messa in scena di un'opera come L'Ebrea, rappresentata per la prima volta al teatro La Scala di Milano nel Carnevale del 1844 e mai più riproposta in tempi moderni, non solo perché la partitura è dello stesso Pacini ma anche perché il testo venne stilato dall'accorto ed esperto librettista, anch'egli catanese, Giacomo Sacchero. Non vogliamo polemizzare con nessuna delle istituzioni culturali e musicali etnee, non è questa certo la sede adatta, però vogliamo solo ricordare che mai esse hanno dedicato a quest'ultimo né una misera lapide né un solo rigo nell'Enciclopedia di Catania che lo potessero ricordare ai posteri!
E veniamo a Il Convitato di Pietra di Pacini che vanta certo ben più illustri e consistenti predecessori fra i quali spicca quel Don Giovanni musicato da Wolfgang Amadeus Mozart per il testo di Lorenzo Da Ponte. Senza dubbio ogni paragone fra le due opere appare poco congruente anche per motivi di discrepanza storico-culturale, tuttavia il compositore italiano, pur non raggiungendo le vette artistiche del salisburghese, ci ha lasciato una partitura di una freschezza e vivacità che certamente non meritava un così lungo ed immeritato oblio, soprattutto per l'inquietante argomento sviluppato, quello di un revenant (non molto lontano degli odierni vampiri filmici) che ritorna dall'altro mondo per ottenere vendetta o giustizia che sia e così poter riposare in pace.
La regia di Lorenzo Maria Mucci ha saputo ben collegare l'orchestra col palcoscenico, dando vita a momenti comici da un lato e drammatici dall'altro, fusi in dialettico e misurato equilibrio drammaturgico atto a caratterizzare scenicamente ed emotivamente i vari personaggi. A creare questa magica connessione fra mondo reale e mondo spirituale contribuivano non poco il coordinamento scenografico di Giacomo Callari ed Enrico Spizzichino (che esibiva anche suggestive proiezioni filmiche) nonché il seducente disegno creato dalle luci di Michele della Mea. Il maestro direttore e concertatore Daniele Ferrari, ben seguito e assecondato dall'Orchestra Arché, ha saputo cogliere ogni aspetto della piacevole e singolare partitura, riuscendone a cesellare con garbo ed eleganza ogni aspetto sia esso irruente e tumultuoso o al contrario pacifico e sereno. Sempre puntuali, equilibrati e composti gli interventi del coro maschile preparato da Stefano Barandoni.
Il personaggio di Don Giovanni della farsa paciniana viene affidato alla voce di tenore, pertanto Massimiliano Silvestri ne è stato il valido e prestante interprete, egli fra l'altro ha eseguito con particolare grazia ed eleganza la serenata del protagonista “Luna conforto al cor de' naviganti” (aria tratta dall'opera Il Talismano del 1829). Il mezzosoprano Sandra Buongrazio (Donna Anna) ha messo in campo una voce salda e ben tornita nelle sfumature emergendo meglio nella sua aria “Care sponde”, mentre il soprano Giulia De Blasis, interprete dallo smalto vocale limpido, luminoso e dalla vibrante coloratura ha ben reso nell'aria di grande pregio (per chi scrive aria di sicura reminiscenza belliniana) “Sento brillarmi il core”. Carlo Torriani (basso buffo) è stato in grado di ben presentare il personaggio di Ficcanaso sia da un punto di vista fonico, sfoggiando una brunitura piena, sia da un punto di vista interpretativo, esibendo una verve davvero disinvolta e spensierata. Il tenore Roberto Cresca (Don Ottavio) offriva una presenza scenica ragguardevole ma dovrebbe controllare al meglio sia la presa di voce che l'emissione non sempre accurata. Il basso Daniele Cusari (Masetto) ha affrontato bene la sua parte evidenziando una tessitura solida e compatta anche se in qualche passaggio poco rifinita. Sinan Yan (basso) ha tratteggiato in tutti i suoi lugubri contorni la figura del funesto Commendatore, esibendo una timbratura vocale robusta ed assolutamente omogenea e stentorea.
Limite della farsa musicale di Pacini restano a parer nostro l'assenza del recitativo (al posto del quale il compositore ha inserito il puro e semplice parlato), la carente e comunque poco articolata conduzione drammaturgica, una carente definizione della psicologia dei personaggi rimasta allo stato d'abbozzo e poco approfondita. Tutto ciò purtuttavia non toglie il valore altamente culturale e musicale della sua ripresa che l'ha vista riproposta al pubblico, come da noi già evidenziato, dal Teatro di Pisa in collaborazione con il Teatro del Giglio di Lucca, all'interno di un prezioso trittico in uno con il Don Giovanni Tenorio di Giuseppe Gazzaniga e Il Convitato di pietra di Giacomo Tritto. Da segnalare anche la pregevole brochure realizzata per l'occasione, contenente i tre libretti delle opere ed in più i colti saggi di Marcello Lippi Un gande tema con variazioni: Il Convitato di pietra e di Jeremy Commons Il Convitato di pietra.
Giovanni Pasqualino
8/12/2015
Le foto del servizio sono di Massimo D'Amato.
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