Barcellona
Inquietanti Racconti
L'attesissimo nuovo allestimento di Les contes d'Hoffmann per la regia di Laurent Pelly (in coproduzione con Lione e San Francisco) ha avuto esito tutto sommato positivo. Mancavano soprattutto energia e scintille al lavoro letargico dell'orchestra e la bacchetta di Stèphane Denève – di solito un buon maestro – non sembrava molto ispirata (tranne nell'atto di Antonia che non solo per questo fatto risultava da lungi il più azzeccato). Anche nel caso del coro, preparato da José Luis Basso, ci si trovava davanti a qualcosa di meno perfetto del solito. La produzione è molto cupa, forse più del tipo tra sinistro e inquietante dell'autore evocato che della musica di Offenbach, ma si tratta di un approccio accettabile e che sul palcoscenico funzionava; l'atto della bambola e quello di Giulietta – dove non c'era quasi niente, neanche qualcosa di Venezia – così come il prologo erano un po' troppo sprofondati nel buio o illuminati da una luce tetra e ne risentivano. Michael Spyres era al primo appuntamento con il teatro e con il ruolo del protagonista: premettendo che è un cantante musicale, serio, di ottimo francese e un bravo artista (sostituiva Grigolo che aveva cancellato tempo fa senza che mai se ne sia saputo il motivo), forse dovrebbe aspettare ancora un po' di tempo e concentrarsi nei ruoli rossiniani e altri affini, dove timbro, emissione e stile di canto gli risultano più congeniali e comodi.
Laurent Naouri, come altre volte in altri posti, faceva una creazione dei diavoli, avvantaggiato (l'acuto conosce dei limiti, anche se questa volta veniva annunciata una laringite prima dell'ultimo atto) dalla restituzione dell'aria originale del diamante per Dappertutto e – non guasta – dal terzetto al posto della canzone di Coppélius. Credo che la voce sia più quella di un bassobaritono (centro e gravi eccellenti). Natalie Dessay doveva interpretare i quattro ruoli femminili ma finalmente questa Olympia epocale ha scelto di fare solo quello di Antonia: malgrado qualche nasalità, un colore meno brillante e qualche nota difficile verso la fine dell'atto riconfermava la sua grande categoria artistica con un'interpretazione intensissima e degli acuti saldi e un trillo finale da manuale. Kathleen Kim era la típica soubrette di voce piccola e impersonale nella bambola con in più qualche sovracuto fisso (l'ultimo pure stonato). Tatiana Pavlovskaya ha un vocione, un francese ‘esotico' (ma infine è una cortigiana veneziana), buona figura, e pur di esibire il volume la sua Giulietta ‘cresceva' tutto il tempo. Salomé Haller esibiva un vibrato molesto nella breve ma importante parte dello spettro della madre di Antonia.
Magnífici il Crespel di Carlos Chausson e i quattro inservienti del notevole Francisco Vas. Nella versione più completa il personaggio di Nicklausse/ la Musa ha grandissima importanza: per malattia di Michèle Losier le parti venivano affidate al mezzosoprano Gemma Coma-Alabert (della distribuzione alternativa). La si vedeva e ascoltava più a suo agio nel ruolo travestito che in quello della Musa, e non solo dal punto di vista vocale (ci sono delle note acute aspre e un tremolo che andrebbero sorvegliati perchè la voce è importante). Discreti gli altri, compresa la Stella di Susana Cordón che iniziava lo spettacolo cantando la prima strofe del ‘Non mi dir' dal Don Giovanni mozartiano. Il pubblico applaudiva molto ma non con il delirio di altre volte.
Jorge Binaghi
17/2/2013
Le foto del servizio sono di Antonio Bofill.
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