RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

The Raven in prima esecuzione italiana

al Teatro Comunale di Bolzano

Al Teatro Studio, sala inferiore del più imponente Teatro Comunale, è stata rappresentata, in prima esecuzione italiana, l'opera The Raven di Toshio Hosokawa su testo dall'omonima poesia di Edgard Allan Poe. Più che un'opera lirica vera e propria, seppur contemporanea (prima esecuzione a La Raffinerie Ars Musica di Bruxelles il 17 marzo 2012), trattasi di un monodramma per voce sola di mezzosoprano e orchestra, molto ridotta nell'organico. Il compositore giapponese ha scelto un testo molto lontano dalla sua cultura e poetica musicale. Infatti, The Raven (Il Corvo) di Poe è una lunga poesia sviluppata in diciotto strofe, densa di rime e ripetizioni a cadenza come un rituale di morte. In essa si narra di un uomo, lacerato dalla morte della sua donna, Leonore, che riceve a mezzanotte la visita di un corvo. Egli pone numerose e dilanianti domande all'animale, ricevendo però sempre la stessa risposta: "Nevermore", mai più. Hosokawa afferma che quando lesse per la prima volta il testo di Poe gli sovvenne il teatro No giapponese, poiché la visione del mondo in tale forma non è antropocentrica. Alcuni protagonisti sono animali o piante, altri spiriti soprannaturali. Considerando che Poe descrive il cedimento del mondo odierno quale conseguenza dell'invasione di strani magici volatili che provengono da un altro mondo, è stato per lui naturale considerare la poesia una storia di No e trasformarla in monodramma. Nelle opere di Hosokawa è molto presente l''influenza del Teatro No. Tale forma è un'antica arte nipponica nata nel XIV secolo, nella quale sono unite poesia, recitazione, musica, danza, attraverso trame oniriche, ruoli fissi e movimenti essenziali. L'idea di integrare la tradizione dell'opera con il Teatro No era già stata sperimentata da autori molto diversi tra loro come Kurt Weill e Benjamin Britten, ma in un compositore giapponese trova uno sviluppo più autentico e rigoroso. Hosokawa ha saputo fondere i modelli musicali dell'avanguardia europea con le antiche tradizioni del suo paese d'origine, in particolare studiando gli stili dell'antica musica di corte del sol levante, ritornando alle proprie radici culturali, immergendosi nel buddismo, il canto liturgico dei monaci e imparando addirittura a suonare l'organo a bocca, lo sho.

Nell'opera di Hosokawa è messo in evidenza uno stato psicologico all'eccesso, invertendo anche i ruoli, nel tentativo di comunicare con un mondo sconosciuto, che è in parte oscuro e inesplicabile. Ciò avviene anche per la contrapposizione tra mondo animale e umano, nel quale il corvo potrebbe essere il fantasma della donna deceduta, ma potrebbe essere interpretato come un'allucinazione, un'immaginazione dell'uomo. Nel monodramma in oggetto è una donna, con registro di mezzosoprano, a esprimere le proprie angosce attraverso un grande recitativo che intensifica le angosce, gli stati emotivi, forse allucinati, la depressione e quel dialogo sordo con il corvo. La linea vocale è un misto tra parlato, sussurrato, Sprechgesang, canto spiegato, attraverso una musica che segue di pari passo i turbamenti della protagonista, armonie statiche alternate ad auree timbriche di alta impronta teatrale, ovattate situazioni riflessive contrapposte a improvvise sonorità sferzanti, leggeri sussurri a un lirismo estatico.

Lo spettacolo può essere iscritto al teatro minimalista, infatti, è rappresentato nel piccolo Teatro Studio di Bolzano, uno spazio ottimale per una performance che comprende solo pochi strumenti, una cantante e una ballerina. Regia e coreografia sono di Luca Veggetti, il quale ha orientato i suoi lavori odierni nel trovare nuovi sviluppi per la musica contemporanea, preferendo una forma mista nella quale danzatori, cantanti e musicisti sono racchiusi nello stesso spazio. La protagonista è sdoppiata con il ruolo della danzatrice-attrice, una proiezione drammatica del suo mondo intimo e di esaltazione del gesto. Assieme, creano un universo di gesti sequenziali e sotto taluni aspetti comparabili. Una drammaturgia totalmente coreografata mettendo in strettissima relazione gesto, canto, e musica. Il richiamo al teatro No è espressivo nella rappresentazione su una pedana quadrata con il richiamo al teatro nel teatro, però con l'intenzione di ideare uno spazio instabile poiché la piattaforma è rialzata e inclinata. Un lavoro molto efficace e ponderato nei particolari, di forte ispirazione asiatica, fortemente drammatico e penetrante. Essenziale la scena e bellissime le luci di Clifton Taylor, non indimenticabili i costumi di Kathrin Dorigo.

Veggetti ha avuto a disposizione due bravissime artiste, che con lui hanno trovato il giusto equilibrio narrativo della lirica di Poe. La giovane danzatrice trentina Alice Raffaelli imprime una pertinente tensione, fascino e drammaticità in una movenza statica e molto espressiva, la quale è realizzata attraverso una tecnica forbita.

Ancor più esaltante la prova del mezzosoprano Abigail Fischer, cantante dotata di strumento prezioso, il quale le permette di esprimere i molteplici stati d'animo in un'ottima calibrazione di colore e fraseggio, accumunata anche da una rilevante recitazione.

Straordinaria la direzione di Yoichi Sugiyama che guida i non meno validi solisti dell'Orchestra Haydn, due violini, viola, violoncello, contrabbasso, flauto, clarinetto, tromba, trombone, timpani, sassofono e pianoforte. In questa composizione è indicativo il puro linguaggio singolo ma anche d'assieme. Questo è realizzato dal concertatore con un gesto di estrema precisione, suoni accurati, scansioni timbriche perfette e una collaborazione totale tra gli strumentisti di rara fattura. Una prova maiuscola, la quale porterebbe a pensare che questo spartito potrebbe essere realizzato con altrettanto successo anche in sede concertistica, poiché denominarlo opera è leggermente azzardato.

La rappresentazione di The Raven è stata preceduta da Atem-Lied per flauto basso dello stesso Hosokava. Un brano che esprime un onirico esempio di naturalismo musicale, il quale anteposto all'opera ha perfetta ragione di essere poiché crea un ambiente etereo e forma continuità con l'altro spartito. Il flauto basso è sinonimo di suoni della natura, con l'aggiunta di suoni di respirazione dell'esecutore che formalizza anche in questo piccolo gioiello un mondo teatrale che rasenta il No, attraverso rumori di rara voluttosità. Interprete eccezionale Manuel Zurria, musicista di straordinaria tecnica e interprete considerevole, specializzato in musica contemporanea.

Al termine della performance, circa sessanta minuti, il folto pubblico del Teatro ha tributato un giusto e meritato applauso di gradimento a tutti i componenti musicali e artistici dell'opera.

Lukas Franceschini

9/3/2017