Balletto flamenco
al Teatro Massimo Bellini di Catania
Chi si aspettava un balletto flamenco in perfetta coerenza con i consueti stilemi nei quali domina in modo assoluto il duende (spirito magico guida di tale danza) e lo Jaleo (danza accompagnata dall'ossessivo battito ritmico delle mani) si è invece ritrovato davanti agli occhi ed alle orecchie una forma ibrida, certo sempre afflamencata ma diluita e stemperata in ritmi più tradizionali, lievi e meno fibrillanti. Senza alcun dubbio siamo stati immersi in una mescolanza ben riuscita fra tecnica classica e tecnica del flamenco, e dalla loro ben congegnata fusione si dipanava un balletto che esprimeva un fascino raffinato ed elegante, un equilibrio delizioso ove lo spirito apollineo e quello dionisiaco riuscivano a fondersi e confondersi in un'altalena fra simmetria ed asimmetria ma ben predisposta, ben assemblata e ben realizzata.
In tal modo Sara Calero, presentando martedì 12 aprile (turno A) al pubblico del Teatro Massimo Bellini di Catania il suo originalissimo balletto Cosmogonia, riusciva con la sua creatività effervescente e dinamica a gettare un ponte fra istinto e razionalità, dove i movimenti corporei univano la grazia e la lievità alla possanza ed alla forza, dove sensualità e purezza, truculenza e dolcezza si alternavano in modo assolutamente compenetrante e simbiotico.
La fulgida étoile è stata coadiuvata da due partners all'altezza della sua fama e della sua prestanza, il ballerino e coreografo Carlos Chamorro e Moses Martin, primo ballerino della Compagnia Nazionale di Danza di Madrid. Il trio è riuscito ad espandere sul palcoscenico forza fisica, controllo muscolare e andamento ritmico di elevato spessore artistico, riuscendo ad alludere congruentemente, con le originali coreografie create da Gema Caballero e dalla stessa Calero, alla nascita del Cosmo ed alla molteplicità dei miti riguardanti l'origine dell'universo, che rimarrà sempre per l'uomo un mistero tanto insolubile quanto inquietante e affascinante.
Gema Caballero ha cantato con struggente ed accorato pathos andaluso ed è stata accompagnata mirabilmente dalla chitarra classica di Pablo Romero Luis, dalla chitarra flamenca di José Almarcha e dal quartetto d'archi Marc Chagall. Scenografie e luci di Agnethe Tellefsen, anche se attinenti alla tematica dello spettacolo, si rivelavano alquanto cupe e claustrofobiche, così come i costumi di Carmen Granell ci sono parsi alquanto scialbi, poco attraenti e poco avvincenti.
Giovanni Pasqualino
13/4/2016 La foto del servizio è di Giacomo Orlando.
|