RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

9/4/2016

 

 


 

La Voix Humaine e Cavalleria Rusticana

al Comunale di Bologna

Inedito dittico quello presentato al Teatro Comunale di Bologna, La Voix Humaine di Francis Poulenc e Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni, diretto dal direttore principale Michele Mariotti e in un nuovo allestimento ideato da Emma Dante. In effetti, il francese Poulenc e il livornese Mascagni non hanno nulla in comune soprattutto dal punto di vista compositivo e professionale. Ciò non toglie che siano dei nomi importanti nel panorama musicale europeo, anche se operarono in periodi differenti.

L'accostamento delle due opere si sviluppa esclusivamente sul piano drammaturgico, le protagoniste sono due donne abbandonate dal loro uomo, il quale ha pure un comportamento poco onorevole, tanto da infliggere una ferita forte, in un caso letale. Un legame che trova una visione umana e sociale appropriata nel focalizzarsi sull'elemento femminile, non certo fragile, ma che soccombe a eventi che non può e non riesce a cambiare.

La regia era affidata a Emma Dante, la quale volutamente ha deciso di realizzare due spettacoli differenti e senza comune drammaturgia. Più riuscita la realizzazione dell'opera francese, nella quale i pochi elementi erano costituiti da due pareti bianchissime, un letto, comodino e telefono. A prima vista sembra un ambiente borghese anni '60, poi durante il dialogo telefonico della protagonista si percepisce che il luogo è una lussuosa clinica psichiatrica. L'ambiente ospita la paziente che è in preda al delirio dell'abbandono, nella sua folle visione rivive o vorrebbe vivere le sensazioni di un colloquio con l'amato fino alla tragica conclusione. Sono apparse superflue le apparizioni fugaci degli attori, i pur bravissimi Allievi della Scuola di Teatro Alessandra Galante Garrone, ma in compenso abbiamo avuto una impressionante attrice, bravissima esecutrice nella scansione della parola del respiro, più azzeccata rispetto a un canto forbito ma, in effetti, limitato dallo spartito. È Anna Caterina Antonacci la trionfatrice della serata, artista che desta stupore per la trasformazione psicologica in questo ennesimo ruolo, cui va sommata una bellezza eterea e una movenza da grande primadonna.

Ben diversa la situazione in Cavalleria Rusticana, forse volutamene tutta in nero per creare il contrasto con la precedente opera. Idea in parte azzeccata, peccato però che la Dante abbia voluto calcare la mano su una visione di elementi religiosi popolari troppo opprimente. Abbiamo visto in continuazione la sfilata della processione di Cristo che porta la croce, le scene mimiche della Madonna che piange il figlio, una sorta di ragazze giullari-circensi che accompagnano Alfio, e chi può più ne metta. Sono “quadri” che forse si rifanno alla tradizione siciliana, ma francamente poco comprensibili, soprattutto se predominano sull'aspetto sociale della vicenda, nella quale i personaggi sono lasciati a libero agire e poco focalizzati, tolta la scena finale dove le due madri, Lucia e Maria, trovano una convergenza per aver entrambe perso il figlio in situazioni agli antipodi. Uno spettacolo nel complesso poco chiaro e troppo soffocato drammaturgicamente in cui manca la tinta sociale dell'omertà. Carmine Marignola, scenografo, ha mano più felice nella Voix Humaine, in Cavalleria, tolta una scala scomponibile, non c'è altro. I costumi di Vanessa Sannino sono pertinenti e attutali. Cristian Zucaro avrebbe potuto in entrambi i casi proporre effetti luci meno statici.

Il cast non presentava nulla di realmente valido ma una stantia routine. Carmen Topciu è una corretta Santuzza alla quale però manca la scansione degli accenti e un registro acuto valido, Marco Berti, Turiddu, che sarebbe tenore ideale con ottimi mezzi, è più preoccupato a mostrare le peculiarità della voce a scapito di fraseggio e intenzioni interpretative. Professionale Gezim Myshketa, Alfio, ma non lascia traccia indicativa. Brava Anastasia Boldyreva, una Lola sensuale, e mediocre la mamma Lucia di Claudia Marchi.

Infine, ma non per ultimo, il direttore Michele Mariotti, che debuttava in entrambi i titoli. Mariotti ha studiato molto gli spartiti, e si sente, concertando Poulenc con arguta maestria di colori e tinte sprezzanti ma tenendo assieme il difficile rapporto con la solista in maniera encomiabile, anche se era l'unica strada percorribile. In Cavalleria Rusticana non ha voluto essere influenzato da nessun'altra lettura, ma ha seguito il suo istinto musicale che gli ha permesso di cesellare con grande precisione i colori e le scansioni sia armoniche sia timbriche. Mai sopra le righe, ma con un grande concetto narrativo, dove il suono sempre robusto e raffinato era il comune denominatore di una direzione molto ragguardevole non priva di momenti di grande effetto.

Lo seguiva con devozione un'orchestra molto diligente e un coro diretto da Andrea Faidutti, in Mascagni, altamente professionale e preciso.

A termine successo pieno per tutti, con ovazioni per la Antonacci e Mariotti.

Lukas Franceschini

24/4/2017

Le foto del servizio sono di Rocco Casalucci-Teatro Comunale di Bologna.