Parigi
Stephen Hawking, nuovo Faust
Una nuova versione scenica de La damnation de Faust di Berlioz dopo quella davvero geniale di Robert Lepage non tanto tempo fa e qui stesso potrebbe avere un senso solo se il risultato fosse uguale o chiaramente superiore. Alvis Hermanis, risponsabile anche per le scene, ha avuto un'intuizione ‘geniale': Faust, oggi, è quel grande uomo di scienza che si chiama Stephen Hawking, un ruolo muto e danzato da Dominique Mercy scaraventato sul palcoscenico dovunque capiti l'interprete di Faust. E i controsensi che se ne possono derivare non lo spaventano; se così fosse, com'egli la pensa, Hawking verrebbe allora condannato alla fine… invece si mette con molta difficoltà a camminare. Dato che in un noto discorso aveva suggerito che gli uomini dovrebbero pensare sul serio a fondare una colonia su Marte, la seconda idea geniale del regista è mostrarci in video parte del pianeta – non sono sicuro però, visto che dopo un po' la cosa diventa talmente noiosa e monotona, che quando vi si vedono formiche ingigantite, topi e perfino uno squalo questi simpatici animaletti abbiano a che vedere con Marte o meno… Lo squalo, per niente cattivo, compare per la ballata che segna il primo intervento di Marguerite… C'è pure una coreografia di Alla Sigalova; bravi i ballerini benché i movimenti siano sempre gli stessi o quasi e vengano eseguiti dentro vetrine che gente di laboratorio o simili fa andare e venire, qualche volta si tratta di membri del coro. Il quale coro per lo più canta perfettamente dritto come se fossimo in una versione di concerto. Per fortuna quando cantano – e cantano molto – sono bravissimi (bravo anche al maestro preparatore, José Luis Basso), come brava è la compagine orchestrale dell'Opéra. Il maestro Philippe Jordan sembrava però più a suo agio nei momenti lirici che non in quelli più enfatici: la celebre marcia faceva il suo effetto, ma era un po' troppo contenuta.
Jonas Kaufmann cantava solo, come del resto previsto, le prime recite, e così ho avuto la fortuna di ritrovare il bravissimo Brian Hymel, che dimostrava ancora una volta come gli sia congeniale la scrittura di Berlioz, e che ha presentato un protagonista di tutto rispetto: è stato lo stesso tenore che salvava le recite dei Troyens a Londra, quando il grande divo non si trovava bene e cancellava tutte le recite – stranamente poi non ha mai provato a cantare il ruolo di Enea. La voce dell'americano ha qualche zona opaca qua e là, ma non so se sia ingeneroso accennarvi. Come interprete, e come i suoi colleghi, sembrava un po'spaesato, ma forse era l'effetto di Marte.
Sophie Koch come sempre era molto corretta, e, come sempre, almeno secondo il mio personalissimo parere, poco interessante come colore di voce, espressività, estensione; la sua grande aria era quasi tutta metallica ed aspra in zona acuta. Bryn Terfel ha una voce straordinaria ed è una figura carismatica, ma il suo diavolo era troppo estroverso e quasi sempre in forte, e magari lo si presentasse come un bravo borghese vestito di punta in bianco, qualche volta ruggiva nei recitativi che richiedevano tutt'altra fonazione. Il pubblico applaudiva tutti gli interpreti ma si dimostrava diviso nell'apprezzamento dello spettacolo ricevuto sì con applausi ma anche con una notevole tempesta di fischi.
Jorge Binaghi
2/1/2016
Le foto del servizio sono di Felipe Sanguinetti.
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