Dittico con premiazione:
quando Donizetti fa bene al cuore
Al Teatro Sociale di Bergamo va in scena un dittico di operine in un atto che fa da contrappeso leggero alla Caterina Cornaro e al semiserio Furioso all'isola di San Domingo presentati al Donizetti Opera Festival 2025. Un dittico, quello del Campanello e di Deux hommes et une femme, allestito come pannelli di un'ipotetica “sovraopera” in due atti grazie a un ingegnoso disegno registico che divide il palcoscenico in due metà affiancate, ciascuna dedicata a un'opera ma che cooperano a un'unica finzione scenica. La trasposizione in epoca vagamente anni Sessanta-Settanta di entrambi i titoli non stona, conservando di essi la freschezza e la notevole carica di buonumore che infondono, senza stravolgerne né trama, né impianto drammaturgico. Quando poi a interpretarli sono i giovani allievi della Bottega Donizetti e un direttore giovane anch'egli, l'insieme si anima ancor più di quella gaiezza che fa davvero bene al cuore.
Immaginiamo quindi un boulevard dove stanno, fianco a fianco, a destra la Pharmacie Pistacchio, una parete di vasi da farmacia, l'insegna del classico color verde bottiglia e la scritta service de nuit, a sinistra l'hotel Rita a tre stelle. La scena unica, di Serena Rocco, offre uno spaccato degli interni di entrambi i locali, compreso un piano rialzato per la camera da letto del farmacista e per le stanze dell'hotel.
Il campanello inizia con le nozze del farmacista Don Annibale e di Serafina: e quale miglior posto se non l'hotel a fianco alla farmacia per il rinfresco? Seguono poi le bizzarrie notturne tra Enrico, cugino di Serafina e suo ex spasimante respinto, e Don Annibale, al quale Enrico impedisce con una serie di travestimenti e suonando il famoso campanello del servizio notturno di adempiere ai suoi doveri coniugali (non accostarti al talamo, parafrasando una romanza di Verdi!). Al mattino Don Annibale, costretto a partire per ragioni di eredità, lascerà Serafina alle fin troppo premurose cure del cugino…
Proprio al mattino della partenza di Don Annibale ha inizio la vicenda all'hotel Rita; il nesso tra le due opere regge, sia sulle scene, da parte di un indovinato quanto inventato (ma ad arte!) legame “di trama”, sia da tematiche che le accomunano, come il desiderio umanissimo di essere amati di Don Annibale e di Pepé. Rita, lasciata anni prima da Gasparo, marito manesco e ora creduto morto, si risposa con Pepé, e applica con lui le maniere forti quasi come ripicca. Gasparo però torna inaspettatamente dall'America. Pepé vorrebbe disfarsi di una consorte tanto manesca; quando però finalmente salta fuori l'atto di matrimonio con cui si dimostra che Rita è ancora sposata con Gasparo, questi straccia il documento e riparte con la sua nuova moglie canadese.
L'originale regia si deve a Stefania Bonfadelli, ex soprano che profonde in questo progetto energia e inventiva, trovando il modo di coniugare armoniosamente il vecchio e il nuovo. Il rinfresco di nozze di Don Annibale mescola il kitsch, l'ordinario e l'elegante in uno spaccato surreale eppure realistico di vita, con l'espediente della radio a inserire qualche spezzone di musica intradiegetica (estratti da La bambola di Patty Pravo), poi ripresa al fortepiano. I costumi di Valeria Donata Bettella sono vari, colorati, vivaci, e il loro accostamento cromatico viene vieppiù valorizzato dalle luci di Fiammetta Baldiserri; l'impeccabile Don Annibale deve fare i conti con le comari corteggiate da Enrico, cugino della moglie (guarda caso in rosso, giallo e verde come le ragazze di Gaston nella Bella e la bestia di Disney), con la suocera impicciona in blu e coi divertentissimi travestimenti di Enrico: il damerino francese declinato in un Tony Manero con meno gusto e meno stile, un cantante d'opera che sembra Pavarotti smagrito e un anziano coniuge in cerca di rimedi per la consorte polipatologica, mentre Serafina, in sottoveste canarino, autoreggenti e ciabattine di pelo, attende, attende, né a lei giunge mai lo sposo. Salvo poi rifarsi alla grande con Enrico durante tutto il “secondo atto”, ovvero durante Deux hommes, dietro le cortine della farmacia. Non mancano caratterizzazioni peculiari per gli invitati, dal bimbo mascherato da Zorro alle madame “bene” dalle chiome fresche di coiffeur, con tanto di scimmione inserito come “anomala normalità” all'hotel Rita, un microcosmo dove l'eccezione sembra la regola.
Molto ben articolati i tempi scenici, i movimenti e la caratterizzazione anche dei personaggi di Deux hommes, con uno speciale tocco nel far emergere il côté sentimentale del timido ed educato Pepé, che cerca di trincerarsi dietro l'eleganza del suo papillon, con note di tenerezza e di benevolenza. Gasparo invece è lo stereotipo buzzurro del nord degli Stati Uniti, cappello alla Davy Crockett, cinturone e stivali da cowboy, un avventuriero rozzo e maldestro. Sovrana è qui la bisbetica Rita, truccata e imbruttita (facendo torto ai graziosi lineamenti della giovane interprete) sì da farne una bizzosa, inacidita tenutaria, del tutto in linea col personaggio donizettiano. Si ride insomma, e si riflette, con lievi zaffi di malinconia ma senza affondare nella tristezza, in questo teatro fatto all'antica, fatto di attori e personaggi, un teatro concreto, supportato da persone che danno anima e corpo in ciò che fanno, cosa che traspare dal suono, dal canto e dalla recitazione. Lo spettacolo forse più casereccio dei tre di questo Festival, quello più semplice, che ricorre a minori effetti speciali, è quello che più punta sull'autenticità e sul saper fare di tutti (e che vince per questo).
.jpg) A cominciare dall'Orchestra Gli Originali, ensemble che si distingue per l'utilizzo di strumenti d'epoca, diretto con competenza, precisione e assoluta padronanza dei tempi scenici da Enrico Pagano. Direttore romano trentenne al doppio debutto al Festival orobico e con la musica di Donizetti, Pagano dimostra di aver fatto in fretta amicizia con entrambi, sostenendo coro e solisti (il Coro dell'Accademia Teatro alla Scala istruito da Salvo Sgrò, sugli scudi per unità di canto e varietà di recitazione) con incalzo vivo ma non congesto, con piglio mordace ma anche, dove occorra, con opportuni e accorti rilassamenti di tensione. Raffinato l'accompagnamento al fortepiano di Ugo Mahieux per i recitativi del Campanello; da rilevare, al termine di Mesci, mesci, e sperda il vento («brano a 2 voci […] da una recente raccolta da camera di Donizetti, le Nuits d'été à Pausilippe» (Paolo Fabbri), poi confluito nella seconda versione del Campanello del 1837), la citazione strumentale dell'incipit de Il segreto per esser felici, il brindisi di Maffio Orsini della Lucrezia Borgia e trasportato di peso nella prima versione del 1836.
Il cast si nutre del giovanile ardore delle nuove leve del canto allevate in seno alla Bottega Donizetti. Pierpaolo Martella dipinge con voce scura e bene in maschera un Don Pistacchio squadrato e personale, forte di una presenza scenica efficace e pregnante che sottolinea la pignoleria e la precisione connaturata al ruolo. Al suo fianco, la (ben poco) “sua” Serafina è l'ottima Lucrezia Tacchi, splendido usignolo di appena diciannove anni che già esibisce, oltre a una disinvolta padronanza della scena utile a dar vita alla smaliziata sposina, una voce pura, lucida e smaltata, con interessanti nuance chiaroscurali. Eleonora de Prez incarna una Madama Rosa di notevole pimento e apprezzabile impostazione vocale, dal bel timbro fumé. Mattatore della compagnia è però l'irresistibile Francesco Bossi, ottimo attore che sfrutta le numerose gag che il suo Enrico mette in atto per far brillare tanto le lodevoli doti istrioniche, quanto lo strumento ambrato e rotondo che si trova in gola (è da dire che è richiesta a tutti una buona dose di istrionismo, di animo da guitto e di scioltezza). Giovanni Dragano, dal canto forse un po' fuori fuoco ma molto a suo agio sulla scena, supporta Don Pistacchio quale suo assistente Spiridione, qui dedito anche a qualche spinello: staje senza pensier'!
Meno macchiettistiche e meglio configurate le personalità di Deux hommes. Si impone per carisma scenico la combattiva e salace Rita di Cristina De Carolis, dal canto duttile, sicuro e ammaliante, in grado di scandagliare le pieghe del suo personaggio caratterizzandone bene sia le parti più petulanti, sia quelle più riflessive. Il ruolo di Pepé permette a Cristóbal Campos Marín di sfoderare le sue notevoli qualità di tenore lirico, dal timbro chiaro, dalla voce fluida e corrente, dai begli acuti brillanti e tenuti, cui si aggiungono doti di fraseggiatore accurato, utili per farsi strada in questo repertorio. Anche qui, come nel fortepiano di Mahieux, non mancano arguti riferimenti incrociati, come quel «Lallarallara la la la la» tratto dall'Elisir d'amore. E non guasta anche un certo personale e accattivante savoir faire scenico! Coagula la coppia e la rinsalda il Gasparo di statuaria bravura di un veterano come Alessandro Corbelli. Se per tutti e tre il francese è curato e intellegibile, quello di Corbelli unisce a un'ottima pronuncia accenti talvolta volutamente “cafoni” per sbalzare meglio il suo personaggio. L'arte drammatica è scaltrita, i movimenti naturali; e la voce, nonostante l'età, non vacilla in nessun registro e si mantiene salda, scura e vigorosa, seguendo da presso il senso del testo, modellandolo come creta e rendendolo vivo e materico.
Gli applausi, alla seconda recita di domenica 23 novembre 2025, fioccano meritati su tutti, compresi direttore e regista, ma durano poco, interrotti da una bella notizia: la consegna degli attestati di merito agli allievi della Bottega! Oltre alla regista, partecipano alla premiazione Giorgio Berta, presidente della Fondazione Teatro Donzietti, Vilse Crippa, consigliere della Fondazione, Giulio Zappa, coordinatore della Bottega Donizetti, e i sostenitori del progetto, il Rotary Club Terra di San Marco Bergamo, nella persona della presidentessa Gisella Inverardi, e Carlo Curnis, altro sostenitore assieme al padre Claudio. Poche parole per ciascuno di loro, e poi via alla consegna in ordine alfabetico. Che questa premiazione non sia la prima né l'ultima per ciascuno di loro!
Christian Speranza
8/12/2025
Le foto del servizio sono di Photo Studio U.V.
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