Il suon… che move il sole e l'altre stelle
Primo grande interprete della lectura Dantis fu Giovanni Boccaccio, che nel 1373 ebbe l'incarico di leggere in pubblico in Santo Stefano di Badia la Divina Commedia. Se l'autore del Decameron giunse solo fino al diciassettesimo canto dell'Inferno, in compenso riprese l'antica arte degli aedi che, nella Grecia antica, recitavano Omero presso le corti. Da questa ripresa all'uso della poesia, epica o meno, come forma di intrattenimento, il passo era breve, e di secolo in secolo l'uso della declamazione poetica pubblica si è mantenuto, divenendo pian piano appannaggio di celebri attori, che proprio nella lectura Dantis hanno trovato, almeno in Italia, il loro cimento più impegnativo. Dopo Arnoldo Foà, fine dicitore in linea con una lettura compassata e piuttosto algida della Divina Commedia, passando per Nando Gazzolo e Vittorio Gasmann, la Divina Commedia ha trovato il suo momento di più brillante successo nella lettura di Roberto Benigni che, riprendendo di fatto l'intento didattico di Boccaccio, lo ha ampliato rendendo le terzine incatenate punto di partenza per un'acre disamina delle contraddizioni morali, sociali e politiche della nostra società.
Ma esiste di fatto una terza via, oltre a quella didattica e all'altra, puramente attoriale, di riproporre al pubblico Dante, via che passa attraverso le profonde suggestioni che il Sommo Poeta ha esercitato sui musicisti di ogni tempo, ispirando composizioni sui suoi sonetti, ma soprattutto sulla Commedia, che talvolta sono divenute veri e propri capolavori. Se Donizetti si ispirò al conte Ugolino per una cantata, e Puccini a Gianni Schicchi per un'opera, il personaggio più fecondo per la musica è stato senz'altro Francesca da Rimini, musa di Mercadante, Zandonai, Mancinelli, e Cajkovskij. Discorso a parte merita invece Franz Liszt, che a Dante ha dedicato sia una Sonata che una Sinfonia, dove il rapporto col testo poetico è quanto mai stretto.
Come si vede, gli elementi per una stretta simbiosi tra testo dantesco e musica ci sono tutti, e bastava semplicemente unirli per dar vita ad una forma diversa di spettacolo, dove l'attore, novello Virgilio, accettasse di usare la voce per guidare lo spettatore alla migliore comprensione di musiche senz'altro a programma, che proprio grazie al testo dantesco possono rifulgere di nuova luce. In tal senso, lo spettacolo andato in scena al Bellini di Catania il 18 dicembre, con replica il 19, dal suggestivo titolo Dantexperience Musica, poesia e immagini sulla Divina Commedia, rappresenta senz'altro un nuovo modo di concepire il tradizionale concerto sinfonico, dove musica, recitazione e proiezioni si uniscono e si sinergizzano gestalticamente, in un tutto organico che rende assolutamente palpabile l'intento della musica a programma da un lato, e dall'altro evita le secche di una lettura asettica, spesso noiosa, dei canti danteschi, riscoprendone, e proprio grazie ad Euterpe, tutta la carica emotiva, passionale e mistica che ben aveva individuato il grande Francesco De Sanctis.
Scelta lodevolissima dunque, quella di Vittorio Bresciani, giovane direttore d'orchestra autore del progetto artistico dello spettacolo, della regia e della direzione musicale che, avvalendosi di un attore come Ugo Pagliai e dell'insuperata maestria di Gustave Dorè, è riuscito nel contempo a rivivificare dall'interno la struggente Francesca da Rimini di Cajkovskij e la grandiosa Dante-Symphonie di Liszt, la cui terza parte si eleva sino ad un solare misticismo in grado di far capire, al di là dei versi, il grandioso mistero della Trinità oscuramente descritto nel XXXIII canto del Paradiso.
La prima parte del concerto, interamente dedicata all'Inferno, ha visto Ugo Pagliai recitare il canto d'ingresso della Commedia con sofferta partecipazione, imprimendo all'intonazione, al gesto e al ritmo attoriali un andamento a tratti convulso, ben lontano dalle tradizionali dizioni, quasi ad avvicinare lo spettatore ad una dimensione romantica di Dante, della quale si è compresa la cogenza proprio nel successivo passaggio musicale, dove Cajkovskij sembra quasi seguire passo passo il V canto dell'Inferno, nel tumultuare della tempesta che squassa i lussuriosi, fino a quel miracolo per cui “il vento, come fa, si tace”. Sullo sfondo, alle spalle dell'orchestra, scorrevano con estrema lentezza, sfumando inavvertite l'una sull'altra, le titaniche immagini di Dorè per l'Inferno, in un groviglio quasi michelangiolesco di corpi nudi, nella plastica lotta con le onde dell'Acheronte di Caronte, nella turba infinita dei lussuriosi tormentati dalla “bufera infernal che mai non resta”, fino al giganteggiare di Francesca, avvinghiata in morte come in vita all'amante, a quel Paolo che Dante lascia a tacere, in un dramma amoroso che è tutto della donna.
Nella seconda parte, dopo la lettura del III canto dell'Inferno, la sinergia tra musica, poesia e immagini ha visto un crescendo di enorme suggestione, dove le tonanti sonorità della prima parte della Dante-Symphonie si sono legate ancora una volta allo scorrere delle immagini dei tormenti infernali, in un gioco di luci sanguigne che sembravano far sbalzare le immagini proiettandole quasi sugli spettatori. La vicenda di Francesca, ancora una volta ripresa da Liszt, è stata una variazione rarefatta di quanto sentito prima, ma l'aver sfruttato i momenti nei quali l'orchestra si attutiva per dar voce ancora una volta a Pagliai e alla giovane Liliana Lo Furno, in un dialogo assoluto tra musica, poesia e immagini, ha permesso di valutare davvero appieno la magistrale capacità di Bresciani, come poi in seguito, nella terza parte della sinfonia, Magnificat e Alleluja, dove il coro femminile, posizionato nei palchi laterali di quarto ordine, ha creato, con le voci che rimbalzavano sulla cassa armonica del Bellini per ricadere poi a cascata, un effetto da corus angelicus di enorme suggestione e carica emotiva.
Dantexperience, senz'altro il migliore fra i concerti finora proposti, ha nel contempo reso evidente come si possa produrre uno spettacolo di ottimo livello con pochi mezzi, ma sfruttando appieno quel che il Bellini ha a disposizione, sia in fatto di acustica, che in fatto di maestranze: l'orchestra infatti, guidata da Bresciani, ha mostrato di essersi compenetrata a fondo nel progetto, dosando con estrema attenzione le sonorità, da quelle giustamente roboanti dell'Inferno, passando per la tristezza melanconica del Purgatorio, per approdare infine al trionfante misticismo del Paradiso. Ottima la performance degli archi, dell'arpa, e delle percussioni: queste ultime, in particolare, sono riuscite a rendere quasi vellutati i loro interventi in tutta la terza parte della Dante-Symphonie. In sicura crescita anche il coro femminile, al quale Ross Craigmile è riuscito a infondere nuovo smalto vocale.
Giuliana Cutore
19/12/2015
La foto del servizio è di Giacomo Orlando.
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