Don Giovanni
alla Scala di Milano
Dopo sette anni l'opera Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart è stata riproposta al Teatro alla Scala nell'allestimento di Robert Carsen che inaugurò la stagione 2011-2012. Molteplici sono state le regie del dramma giocoso mozartiano, ovviamente non solo alla Scala, tradizionali, moderne, estreme o convenzionali e la realizzazione di Carsen potremo ascriverla tra quelle equidistanti dalla tradizione e dalla novità, con una personale concezione drammaturgico-teatrale di rilevante effetto. Il notevole tocco del regista consiste nel mettere in relazione la vita odierna degli spettatori con la vicenda cui assistiamo sul palcoscenico. Non si tratta di teatro nel teatro, formula ormai superata, ma di mescolare equamente opera e realtà (il pubblico) nelle dissolute vicende del libertino protagonista. Questo intento lo raggiunge innanzitutto attraverso la scena, non proprio originale ma efficacissima, creata da Michael Levine, che nel primo atto è dominata da una grande parete a specchio che proietta sul palcoscenico il teatro stesso con il suo pubblico, nel secondo atto la riproduzione interna del teatro in prospettiva sempre più piccola ed infinita. Infine, l'utilizzo della platea in alcune scene rende ancora più coinvolgente la lettura per il pubblico. Sfaccettata la regia con particolare focalizzazione sui singoli personaggi, il libertino Don Giovanni, dissoluto nei suoi convincimenti, intorno al quale indifferentemente e in diversa maniera gravitano gli altri interpreti, senza trovate banali ma chiarissime negli intenti. I costumi di Brigitte Reiffenstuel, moderni ma di taglio elevato, s'imprimono per il cromatico elemento del colore che indentifica il personaggio, in bianco, rosso e nero. Uno spettacolo godibile, preciso, e funzionale anche se non memorabile. Sul podio abbiamo trovato Paavo Jarvi, un direttore molto professionale e scrupoloso, che ha espresso la sua arte soprattutto in una cura estrema dell'accompagnamento musicale, talvolta a scapito del ritmo che risultava un po' slentato, ma la sua concertazione è molto rispettosa dello spartito e soprattutto del canto, il suono è sempre controllato e uniforme, le dinamiche incisive. Nel complesso pregevole direzione. In ottima forma sia la compagine orchestrale, confermando l'ottima qualità scaligera, sia il coro, diretto da Bruno Casoni, che nei brevi interventi ha mostrato eccellente professionalità.
Protagonista era Thomas Hampson, che stranamente solo oggi debuttava alla Scala in un'opera lirica. Il cantante americano, dopo essere stato un Don Giovanni di riferimento negli anni '90, è ancor oggi un personaggio credibile e molto variegato nell'interpretazione. Ovvio, lo smalto è leggermente appannato e i fiati un po' accorciati, ma la calibrazione del recitativo è esemplare, il timbro sempre seducente, il fraseggio eloquente e il volume molto vigoroso. L'interprete rasenta vertici rilevanti, e la sua performance sarà ricordata per la perizia nella scansione del colore e la variegata modulazione dell'accento, un Don Giovanni completo e affascinante. Il Leporello di Luca Pisaroni s'impone per la doviziosa perizia stilistica che non sfocia nella macchietta, gran pregio! Il giovane baritono, dotato di voce morbida e molto sonora, ha realizzato un servo molto controllato, mai volgare e molto rifinito nel fraseggio. La prova di Hanna-Elisabeth Muller, Donna Anna, è andata in crescendo, poiché pur essendo cantante molto educata e musicale, non è dotata di voce particolarmente drammatica e il primo duetto e l'aria “Or sai chi l'onore” non erano del tutto incisivi. Nel secondo atto ha trovato uno sviluppo vocale più pertinente, soprattutto nel recitativo, e nella grande aria ha saputo esprimere accenti molto più convincenti e una buona coloratura.
Molto buona la prova di Bernard Richter, un Don Ottavio dotato di voce lirica e corposa ma capace di sfumature, accenti, e finezze davvero ragguardevoli, espressi attraverso una corposa vocalità e una tecnica appropriata. Molto espressiva sul versante interpretativo la Donna Elvira di Anett Fritsch, anche se vocalmente non del tutto omogenea, poiché se nel primo atto ha espresso vibranti accenti e precisa esecuzione, nel secondo era molto affaticata e “Mi tradì” non era all'altezza delle attese. Bravissima la giovane coppia di contadini, Giulia Semenzato è stata una Zerlina delicata e di preziosa voce rifinita, Mattia Olivieri, un baritono sempre in crescendo, ha reso il personaggio di Masetto in maniera superlativa attraverso una voce robusta e una peculiare amministrazione dei colori. Molto efficace anche il Commendatore di Tomasz Konieczny, dotato di voce molto potente ed estremamente drammatico nei suoi interventi.
Teatro completamente esaurito in ogni ordine di posto, con pubblico partecipe che al termine ha decretato un meritato e vivo successo a tutta la compagnia.
Lukas Franceschini
27/5/2017
Le foto del servizio sono di Brescia e Amisano.
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