La Favorite
al Teatro Massimo di Palermo
Il 27 dicembre del 1839 Gaetano Donizetti finisce di scrivere l'opera in tre atti L'Ange de Nisida su libretto di Alphonse Royer e Gustave Vaëz per il Thé?tre de la Renaissance e il 5 gennaio 1840 firma il contratto con il direttore dello stesso, Anténor Joly, le cui difficoltà finanziarie sono tali da far fallire la sua gestione e far sospendere ogni rappresentazione già prima dell'arrivo della primavera. Ma Léon Pillet, nuovo direttore dell'Opera di Parigi (subentrato a Duponchel il 1° giugno 1840) chiese al maestro bergamasco una sua nuova creazione e allora quest'ultimo pensò di rielaborare e riadattare lo stesso Ange. Per prima cosa venne mutato il titolo che divenne La Favorite, poi lo stesso testo venne rielaborato dai due originari autori ma stavolta sotto la supervisione di Eugène Scribe, mentre l'azione fu trasferita da Napoli alla Spagna e gli atti diventarono quattro. Donizetti aggiunse varie parti, creò la splendida ouverture, diede vita alla musica dei balletti (necessari per l'Opéra) e adattò l'aria Ange si pur cavata dal Duc d'Albe. In tal modo La Favorite andò in scena il 2 dicembre 1840, e se l'accoglienza della prima sera non fu certo calorosa, l'opera è divenuta nel tempo una delle partiture più celebrate e rappresentate del grande musicista (assieme alla Lucia di Lammermoor, L'elisir d'amore e il Don Pasquale), assicurandogli un posto imperituro fra i grandi autori del genere melodrammatico. Ricordiamo anche che il libretto venne in un primo tempo tradotto in italiano da Calisto Bassi, mentre la mirabile versione ritmica in lingua italiana, in uso ancor oggi, venne realizzata da Francesco Jannetti poco dopo il 1860. Sappiamo inoltre che le prime rappresentazioni in lingua italiana dell'opera furono date a Padova nel 1842, a Milano nel 1843 e a Cagliari nel 1844.
L'edizione originale francese realizzata in un nuovo allestimento dal Teatro Massimo di Palermo e proposta nell'edizione critica curata da Rebecca Harris-Warrick edita dalla Casa Ricordi di Milano (siamo stati presenti alla recita del 3 marzo), ci ha non solo colpito positivamente ma addirittura entusiasmato, offrendoci un prodotto di altissima qualità e rifinito con tutti i crismi della professionalità e della competenza.
La regia di Allex Aguilera è riuscita sicuramente a creare una valida e proficua sinergia fra palcoscenico e golfo mistico: infatti la musica si innestava e incuneava nell'azione drammaturgica, nella gestualità, nelle movenze corporee e nella mimica dei cantanti-attori trascinando l'intero melodramma all'interno di una modalità emotiva e passionale che riusciva ad esaltarne ogni scena e trascinare con sé e captare magistralmente attenzione e cuore del foltissimo pubblico presente nel parterre e nei palchi.
Le scene e i costumi di Francesco Zito hanno fatto il resto, offrendo il magico ambiente, anzi sarebbe meglio dire il suggestivo background all'interno del quale si svolgeva l'intera trama. Le scene del convento di San Giacomo di Compostella e quelle all'interno del palazzo reale si avvalevano tutte di soluzioni prospettiche tanto suggestive quanto pittoresche e spettacolari, attraverso le quali le masse corali e i cantanti si potevano muovere con agio, facilità ed estrema disinvoltura. Gli stessi costumi, disegnati con grande cura e meticolosa precisione, riuscivano a offrire a ogni personaggio il suo adeguato e definito carattere, che ne designava anche il suo ufficio e le sue mansioni in merito alla scala sociale del periodo basso medievale all'interno del quale si svolge la trama (il regno di Castiglia nel 1340). Le luci appropriate e ben disposte da Caetano Vilela, al fine di scolpire e ridefinire l'azione sul palcoscenico, nonché la coreografia ampia e ariosa di Carmen Marcuccio hanno fatto il resto, accrescendo e potenziando la nobiltà e la maestosità del suggestivo dramma musicale.
Sonia Ganassi (Léonor) ha saputo eviscerare i tratti più laceranti e struggenti della favorita di un Sovrano che si innamora di un giovane al solo posare gli occhi su di lui senza sapere chi egli sia e cosa faccia, quale potere detenga o quale ricchezza o miseria nasconda. Amore prettamente romantico senza misura e senza censura etica. Donizetti ha qui definito per la protagonista una magnifica parte nel registro mezzo sopranile che anticipa quelle verdiane (Azucena, Eboli, Amneris). La brava cantante di Reggio Emilia ha affrontato ogni pagina con sicurezza e abilità, mai forzando negli acuti e controllando appieno la zona media, senza mai rinunciare a una dinamica espressiva misurata, carezzevole e soffusa.
John Osborn (Fernand), che abbiamo già avuto modo di ascoltare in altre opere e in altri ruoli, ha confermato le sue doti di tenore raffinatissimo e di alta scuola, sempre attento, preciso e controllato nella tecnica vocale, mai prestata al protagonismo divistico o all'esibizionismo narcisistico ma sempre posta al servizio della resa concreta e vibrante del personaggio e delle sue più nascoste e profonde lacerazioni interiori. Splendidi i suoi filati, ancor più spettacolari le sue mezze voci, l'artista americano si conferma uno dei cantanti più interessanti del panorama belcantistico contemporaneo. Il giovane Mattia Olivieri (Alphonse XI), da noi mai ascoltato prima, ci ha davvero sbalordito per la sua grande versatilità e la sua delicata musicalità, unite nel contempo a una timbratura possente e a un bronzeo colore vocale. Egli assomma in sé tutte le migliori caratteristiche del baritono lirico unite a quelle del baritono drammatico, fuse in modo tale che la sua interpretazione ci è parsa perfetta, senza alcun cedimento, senza alcuna sbavatura. Il tutto è stato completato, perfezionato ed esaltato da un'interpretazione dignitosa, stentorea e nobile. Se Mattia Oliveri dovesse mantenere in futuro le doti evidenziate in questa Favorite palermitana, potremmo fra qualche anno salutare in lui un nuovo Ettore Bastianini!
Mirko Mimica (basso) nella parte di Balthazar ha espresso sia drammaturgicamente che vocalmente tutta la ieratica possanza e profonda religiosità del superiore del convento di San Giacomo di Compostella, mettendo in campo una potenza vocale e una ricchezza di armonici di rara fattura. Altrettanto efficace e pertinente al personaggio anche la prestazione offerta dal soprano Chiara Polito (Inès), sempre nitida nella sua dizione e sempre attenta alla pulizia e chiarezza fonica. Molto efficace e in ruolo Blagoj Nacoski (Don Gaspar).
Il coro del Teatro Massimo di Palermo, preparato con estrema oculatezza da Piero Monti, ha svolto i suoi interventi con scioltezza e disinvoltura contrappuntando i vari personaggi, specie negli ensemble, con concentrazione, misura e circospezione. L'orchestra del teatro ha assecondato la direzione del maestro Francesco Lanzillotta che ha seguito la partitura con estrema dedizione e cura, evitando facili cedimenti sentimentali ed evitando soprattutto di coprire le vocalità individuali. Distinzione e delicatezza sono state le peculiari caratteristiche della sua bacchetta. Molto bene anche l'esibizione del corpo di ballo del teatro Massimo, che offriva come precipue sue peculiarità: leggerezza e vaporosità. Calorosissimi e prolungati i consensi e gli applausi del pubblico a tutto lo spettacolo.
Giovanni Pasqualino
5/3/2019
Le foto del servizio sono di Franco Lannino e Rosellina Garbo.
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