Al Teatro Torlonia
il Settecento brioso e sensuale di Cimarosa
Grazie a una carica teatrale irresistibile Le astuzie femminili, pur senza insidiare il primato del Matrimonio segreto, si pongono ai vertici del catalogo di Cimarosa. Partendo dalla più schematica trama di Amor rende sagace, farsa prodotta per il pubblico viennese, Giuseppe Palomba amplia il libretto di Bertati confezionando una commedia più complessa, pregna di equivoci e travestimenti, non scevra di toccanti accenti sentimentali. L'opera va in scena a Napoli nell'agosto del 1794, riscuotendo un notevole successo di pubblico. Mozart è scomparso da appena tre anni; la sua inarrivabile lezione aleggia sull'universo teatrale europeo. Così i pezzi d'insieme, con la loro costruzione ardita, o il discioglimento finale, con i suoi riverberi lunari, sembrano additare le atmosfere del Figaro. Merito del Reate Festival aver portato questo titolo dall'ascolto desueto dapprima nel capoluogo laziale, e in seguito nella Capitale, in quel Teatro Torlonia recuperato a tutti gli effetti alla vita culturale romana. Una ridda di trovate scuote l'apparente semplicità della trama. La volontà paterna vorrebbe Bellina sposa di un non gradito pretendente, pena la perdita dell'eredità. La ragazza sfrutta tutta la propria scaltrezza per superare gli ostacoli e unirsi all'amato Filandro. Conscio dei propri mezzi e padrone della tavolozza orchestrale, Cimarosa dona risalto all'individualità di ciascun personaggio, arricchendo inoltre la partitura di peculiarità, come quella del ballo russo che rimanda alle sue esperienze trascorse a Pietroburgo.
Da oltre dieci anni direttore delle Innsbrucker Festwochen der Alten Musik, Alessandro De Marchi ritorna nella sua città natale, dalla quale mancava ormai da troppo tempo. Pregevole il suo lavoro, volto a evidenziare la sagace scrittura cimarosiana senza eclissarne la sensualità, il brio e la verve partenopee. Il direttore supera infatti tutte le insidie che fornisce il governo di un'orchestra a ranghi ridotti, imposta dalle dimensioni del teatro. I giovani componenti della Theresia Orchestra rispondono con impegno e attenzione, offrendo una prova di pregevole nitore. Protagonista assoluta Eleonora Bellocci, che avevamo avuto il piacere di ascoltare nel Silla di Graun a Innsbruck la scorsa estate. La sua Bellina è ricca di temperamento, ma anche capace di toccanti ripiegamenti emotivi. Le sta accanto il Filandro di Valentino Buzza, voce robusta e ricca di armonici, più incline all'effusione lirica romantica che alla chiarezza del fraseggio. Siamo comunque di fronte a un Cimarosa che guarda avanti, verso certi esiti futuri di Rossini e Donizetti. Si pensi al duetto “Un palpito atroce”, fra i momenti più alti dell'opera, colmo di sentita emotività. Il ruolo in dialetto napoletano di Don Giampaolo Lasagna era affidato a Rocco Cavalluzzi, il quale canta in maniera più che corretta, ma manca un poco di spirito per fare del personaggio il centro della vicenda. Buono Matteo Loi nella parte di Don Romualdo, lo scaltro tutore di Bellina. Martina Licari è una Ersilia di limpida vocalità, frizzante ed estrosa, mentre Angela Schisano è una Leonora spassosa e ben cantata.
Spettacolo nel solco della tradizione, come è giusto che sia per un titolo desueto, poco frequentato dal pubblico. Impostazione registica di Cesare Scarton curata nella recitazione e nei movimenti. Scene essenziali di Michele della Cioppa, con alcuni elementi mobili a definire di volta in volta lo spazio, e un gioco di specchi che allude ai mascheramenti che caratterizzano la vicenda. Travestimenti in stile ussaro forniscono ad Anna Biagiotti l'occasione per esibire costumi dalle fogge orientaleggianti e dal colorismo acceso, mentre dal punto di vista librettistico introducono un bizzarro idioma italo tedesco che garantisce il divertimento degli spettatori. Teatro pieno e applausi, meritati, per tutti. Riccardo Cenci
18/10/2022
La foto del servizio è di arossifotostudio.
|