RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Direttrici e direttori d'orchestra

Sulla direzione d'orchestra si è scritto molto e si continua a scrivere. Questi due volumi si caratterizzano per essere, in primis, due ristampe, seppur con alcune integrazioni, di lavori già editi nel 1998 (Cavallini) e nel 2003 (Blankenburg). Due visioni in certo modo contrapposte: una, quella di Cavallini, rigorosamente storica, basata su uno studio attento e rigoroso delle fonti, della storia dall'uso del bâton all'odierna bacchetta; l'altro, già dal titolo dell'originale in tedesco (Dirigentinnen im 20. Jahrhundert. Porträts von Maria Alsop bis Simone Young) viste le origini della Blankenburg, improntato a delineare un “catalogo” di musiciste che si sono cimentate sul podio. In sostanza musica theorica versus musica practica , quasi un Giano bifronte.

Nella prefazione al volume al femminile (Le donne e la direzione d'orchestra. Una storia antica. La vita di Elke Mascha Blankenburg) Gammaitoni afferma che mentre «le musiciste fino alla metà dell'800 studiarono professionalmente grazie alla propria famiglia di artisti, tutte le altre donne se si avvicinarono ad uno strumento fu unicamente in funzione di un dilettantismo che, se non si sviluppò ulteriormente, mirò soprattutto ad esaltare qualità così dette femminili». A tale visione mi piace accostare un'interessante e illuminante citazione di Cavallini sul personaggio di Carlotta, la quale, nel cap. II delle goethiane Affinità elettive (1809), allude alla donna come a un direttore d'orchestra non dilettante: «per il vigile controllo posto alla interezza del discorso musicale più che alle singole battute». Infatti Goethe su un duetto flauto-pianoforte scrive: «[Carlotta] si fermava, poi si lasciava di nuovo trascinare, riassumendo così le due mansioni di un buon direttore d'orchestra e di una donna intelligente che sa sempre rispettare il ritmo dell'insieme, anche se le singole battute non vanno sempre a tempo». A parte la concezione diversa, supportata dal fatto che l'impostazione di uno storico della musica di alto spessore qual è Cavallini non può essere messa a confronto con quella di una musicista come la Blankenburg “riletta” da una sociologa, ad entrambe le pubblicazioni va attribuito un merito, quello di far luce su un aspetto dell'interpretazione musicale nel suo iter storico e di aver ricordato o, per i più, fatto conoscere varie figure di musiciste e direttrici d'orchestra.

Un plauso ad entrambe le case editrici: a Zecchini per aver proposto la traduzione del volume in lingua italiana e a Curci per aver dato nuovamente alle stampe il fortunato lavoro di Cavallini.

Il taglio delle pubblicazioni è agevolmente desumibile dai titoli: la galleria di ritratti o interviste alle musiciste è stata ampliata inserendo altre non presenti nell'edizione del 2003, senza comunque la pretesa di completezza. Si tratta di un lavoro decisamente utile che assolve a certe “curiosità” di lettori non propriamente addetti ai lavori, visto che il tema della direzione d'orchestra al femminile è stato già affrontato oltre due decenni fa dalla scrivente organizzando un Convegno Internazionale dal titolo Storia di una “novità”: la direzione d'orchestra al femminile. Gammaitoni fa emergere spesso il tema della disparità di genere e delle difficoltà incontrate dalle musiciste nello svolgimento e nella successiva affermazione della loro carriera congiuntamente a premi e riconoscimenti conseguiti.

Assai diversa è la trattazione degli argomenti curata da Cavallini. Il lavoro è destinato al pubblico degli studiosi anziché ad appassionati o neofiti, con una trattazione decisamente esaustiva dei vari argomenti, arricchiti da un attento e rigoroso esame delle fonti, corredati da immagini emblematiche, di cui alcune tratte da riviste dell'epoca e più che altro ottocentesche. Non mancano le analisi degli scritti di Berlioz, Liszt e Wagner, come di altri, senza dimenticare il viaggiatore musicale per antonomasia, Charles Burney. Entrando successivamente nel vivo della quaestio sulle competenze direttoriali, Cavallini ricorda Lauro Rossi che pubblica Le prime necessità di un'impresa ne «L'Italia musicale» del 1850. Nel nostro Paese vigeva ancora il doppio ruolo di concertatore e di direttore d'orchestra, mentre negli altri stati europei, sottolinea Rossi, era già attiva la figura unica del direttore d'orchestra. Inoltre non si può sottacere la ventata di novità apportata da Angelo Mariani, congiuntamente all'operato di altri musicisti a lui coevi. Colpisce sicuramente il lettore l'atteggiamento di Verdi, in una lettera a Ricordi, riguardo al wagneriano golfo mistico: «Questa collocazione d'orchestra è d'un'importanza ben maggiore di quello che comunemente si crede».

Cavallini termina il lungo e ponderoso excursus con il musicista che ancora oggi incarna quanto a suo tempo ha scritto Elias Canetti: «Non c'è alcuna espressione del potere più evidente dell'attività del direttore d'orchestra»; ovvero Arturo Toscanini. Singolare la descrizione di Zweig ove il ritmo incalzante prodotto dall'asindeto e dal climax provoca nel lettore la memoria visiva della gestualità di uno dei più grandi direttori italiani: «con crescente ardore adopera tutte le arti persuasive, prega, scongiura, implora, gesticola, enumera, canta a voce alta, si immedesima in ogni singolo strumento per ispirarlo, le sue mani imitano i movimenti del violino, dei fiati, dei timpani». È questo uno dei punti più significativi della bella ed importante pubblicazione.

Elke Mascha Blankenburg, Le direttrici d'orchestra nel mondo. Una galleria di ritratti da Marin Alsop a Xian Zhang, a cura di Milena Gammaitoni, Varese, Zecchini, 2023, pp. 326.

Ivano Cavallini, Il direttore d'orchestra. Genesi e storia di un'arte, Milano, Curci, 2024, pp. 301.

Lucia Navarrini

8/7/2024