Gioseffo che interpreta i sogni
di Antonio Caldara
Si deve ai festeggiamenti per il bicentenario del Museo Egizio di Torino (1824-2024) la riscoperta di Gioseffo che interpreta i sogni, Oratorio per soli, coro e orchestra di Antonio Caldara. Nasce infatti da una richiesta fatta al Coro Maghini e al suo consort strumentale da parte dell'associazione Sistema Musica, diretta emanazione dell'Assessorato alla Cultura della città di Torino, di partecipare a tali festeggiamenti con un brano avente per tema l'Egitto o altra tematica egizia.
«Se fossimo in ambito operistico sarebbe facile: fai l'Aida , fai Il flauto magico; stando su Mozart, ma più ricercato, fai il Thamos, König in Ägypten; in ambito concertistico puoi fare il Quinto Concerto di Saint-Saëns, “l'egiziano” [come in effetti è stato fatto: Torino, Conservatorio Giuseppe Verdi, 04/12/2024, al pianoforte Pietro Verna]», dichiara ai nostri microfoni Claudio Chiavazza, direttore del Coro Maghini, intervistato in occasione del lancio del CD venerdì 31/10/2025, di cui riportiamo altri stralci integrati in questo articolo; «ma per noi, che siamo un coro, è stato più difficile. Nell'archivio della Biblioteca Nazionale di Vienna abbiamo però reperito questa partitura di Caldara, di cui abbiamo in passato frequentato altri lavori; duecentonovanta pagine autografe, trascritte con pazienza e dedizione da Elena Camoletto, docente presso il Conservatorio di Torino, direttrice del Coro dell'Accademia Maghini [la sezione di formazione] e mia assistente presso il Coro vero e proprio [l'edizione critica è stata pubblicata da Da Vinci edizioni]».
Dopo l'iniziale formazione in Italia, il veneziano Antonio Caldara (1670-1736) trova la sua prima fortuna a Barcellona, presso la corte di re Carlo III d'Asburgo; torna successivamente in Italia per un breve soggiorno romano; quando però Carlo III viene incoronato imperatore d'Austria col nome di Carlo VI, lo richiama a Vienna, dove succedendo a Johann Joseph Fux diviene vicemaestro di cappella, carica che ricoprirà fino alla fine della sua vita, e dove scrive, tra le altre cose, anche il Gioseffo, presentato il 28/03/1726. Si ravvisano ascendenze dotte, a partire dal fugato della Sinfonia introduttiva, e financo madrigalistiche in certi “affetti” legati alla declamazione della parola. La struttura è quella dell'opera barocca, recitativi per le parti narrative, arie per i personaggi-solisti (talvolta strofiche, più spesso “col da capo”, con interessanti cadenze a voce sola nel passaggio alla ripresa), volte sia a caratterizzarli, sia a metterne in luce le capacità virtuosistiche. Si affianca ai personaggi anche la voce del Testo, l'Evangelista delle Passioni, per intenderci, qui affidato a Mauro Borgioni, non tenore come previsto dalla partitura, ma baritono, tenuto conto della tessitura piuttosto grave del tenore prescritto – e anche in grazia della grande espressività della sua voce, chiamata non soltanto a narrare le note vicende di Giuseppe che negli ultimi capitoli della Genesi spiega il significato dei sogni al Faraone, ma anche a introdurre, con due ampie arie, la prima e la seconda parte dell'Oratorio, chiuse entrambe da un coro di contenuto moraleggiante e adeguatamente incise su due CD distinti, accorpati in un elegante cofanetto da parte della casa discografica Glossa, specializzata in questo tipo di repertorio.
L'organico, molto semplice, è il classico ensemble d'archi, col raddoppio di una coppia di oboi. Si affiancano però tre strumenti obbligati: una tromba nel duetto tra il Coppiere e il Faraone, Dolce suono di tromba giuliva, nº12, probabilmente affidato ad un virtuoso dell'orchestra disponibile a quell'epoca, l'equivalente di ciò che fu Gottfried Reiche per il Bach degli anni lipsiensi (qui Gabriele Cassone), uno chalumeau, un fiato ad ancia antesignano del clarinetto, protagonista dell'aria di Gioseffo E quando mai potrò cessar di piangere?, nº14, curiosamente scritto “scialmò” in partitura, che pare quasi consolare Gioseffo delle sue tribolazioni (solista: Luca Lucchetta) e il salterio, strumento a corde percosse da bacchette, dal timbro etereo, nel brano più esteso dell'Oratorio (undici minuti circa), che accompagna Libertà cara e gradita (forse un'eco del Catone dantesco, nelle parole del librettista Giovan Battista Neri?), nº33, l'aria della scarcerazione di Gioseffo. Il curioso strumento, qui padroneggiato da Margit Übellacker, è più volte citato nella Bibbia, ed è forse stato impiegato da Caldara da una parte per imitare una sonorità, potremmo dire, “biblica”, dall'altra, (ripetiamo: forse), in conseguenza della sua somiglianza con lo zimbalon, o salterio ungherese, data la vicinanza geografica di Vienna all'allora impero ottomano.
Il CD, presentato al Circolo dei Lettori di Torino, è il frutto della collaborazione del Coro Maghini e dei musicisti che al Coro afferiscono, diretti da Alessandro De Marchi – con cui il Coro, che quest'anno festeggia i trent'anni di attività, essendo nato nel 1995, intrattiene un rapporto fecondo e pluriennale – e riporta la prima esecuzione in tempi moderni del Gioseff, avvenuta presso il Tempio Valdese di Torino il 29 novembre 2024; esecuzione che verrà ripresa, col medesimo cast, nell'agosto del 2026 al Festival della Musica Antica di Innsbruck. E proprio il cast è stato salutato dalla critica e dalle riviste specializzate come “stellare” («Con Caldara non si poteva fare di meglio» ha asserito un critico tedesco). Se ne può avere riprova all'ascolto, favorito dall'ottima qualità audio del prodotto: oltre al già citato “Testo” di Mauro Borgioni, che con il Coro Maghini ha inciso tra l'altro un CD di rarità lisztiane, Margherita Maria Sala come Gioseffo (contralto), Luigi De Donato come Faraone (basso), Arianna Vendittelli come Sedecia (soprano) – servo veggente del Faraone inventato da Neri quale antagonista di Gioseffo –, Eleonora Bellocci come Coppiere (soprano), Lorrie Garcia come Panatiere (contralto) danno vita a un'esecuzione di raro pregio, un affondo nel tardo barocco italiano d'esportazione che non mancherà di rinsaldare i menomani del genere nel loro gusto e offrirà a tutti gli altri un raro e raffinato specimen del genio italiano, purtroppo ancora troppo poco conosciuto.
Christian Speranza
9/11/2025
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