Milano
Senza pietà
Un buon esempio della vecchia verità: il tutto può essere diverso dalle singole parti messe insieme. Quest'attesissima riesumazione dell'Elektra straussiana è diventata, purtroppo, un omaggio postumo a Patrice Chéreau, il quale era ancora in grado di presentarla di persona ad Aix di Provenza.
Per fortuna la produzione verrà ancora vista in almeno tre altri posti: Helsinki, Barcellona, New York. Il grande regista ha detto la sua ultima parola in forma sbalorditiva con la sua tradizionale sobrietà dello stile, un lavoro notevole sui personaggi e un'interpretazione del titolo che è, sí, fedele al testo ma senza soggezione, e infatti quando fa diversamente, come nel momento in cui Oreste ed aio sono spettatori muti dell'ultimo grande scontro tra le due sorelle, prima della scena dell'incontro con Elettra, il voltaggio è massimo – ed è una cosa difficile: questo spiega l'esplosione catartica del pubblico in delirio a fine spettacolo, più che giustificata (si dica anche che non c'era un posto libero in sala). Proprio come dev'essere, esattamente come va fatto.
Poi si possono discutere dettagli, prestazioni concrete, ma sempre tenendo conto dell'impatto dell'insieme: personalmente, se ho visto cantanti o maestri più completi e interessanti, mai il risultato era così elevato nell'insieme. Se la compagine orchestrale era in forma smagliante (il coro aveva poco da fare e l'ha fatto bene, istruito questa volta da Alberto Malazzi), la direzione del maestro Esa-Pekka Salonen, fermo restando che è stata eccellente, potrebbe non piacere a tutti vista una spinta ‘neutralità' o magari ‘freddezza' soprattutto fino al grande scontro tra Clitennestra ed Elettra; da lí in poi per forza di cose – testo e soprattutto musica – era quasi impossibile sottrarsi al dolore esasperato della partitura.
Per quanto rigurada i cantanti, tutti molto competenti (forse va eccetuato il giovane servitore di Michael Pflumm, davvero modesto), va detto che l'emissione della ‘vecchia scuola', in ruoli minori e a un'età non più giovane (e cioè Roberta Alexander – quinta ancella, Donald McIntyre – vecchio servitore, e il venerabile Franz Mazura nei panni dell'aio di Oreste) dimostra una preparazione che ancora oggi colpisce. Tra i protagonisti, Tom Randle era un buon Egisto ma non particolarmente notevole. René Pape è stato un Oreste immenso e non si può dire nè più nè meglio. Evelyn Herlitzius si dava corpo ed anima alla terribile parte della protagonista, anche se qualche volta l'estremo acuto non rispondeva nel migliore dei modi. Waltraud Meier è sempre una grande artista e quindi la sua Clitennestra ha una grande classe; dal punto di vista vocale non l'ho trovata mai inappuntabile e adesso sarebbe poco logico puntare il dito su alcuni problemi che l'età solo può mettere ancora più di rilievo, ma per fortuna la parte consente di aggirarli integrandoli nella costruzione del personaggio. Curiosamente, l'interprete di maggiore salute e qualità vocali, Adrianne Pieczonka, comunque una Crisotemide più che buona – soprattutto dopo la sua prima grande scena dov'era al di sotto di quanto poteva aspettarsi di lei – non sembrava molto coinvolta scenicamente come invece era il caso di tutti gli altri.
Jorge Binaghi
3/6/2014
|