RECENSIONI
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Parigi

Un rarissimo Cavalli

Anni fa La Monnaie di Bruxelles rispolverava il mai eseguito Eliogabalo di Francesco Cavalli. Adesso tocca all'Opéra di Parigi, e alla bellissima sala del Palais Garnier. Il risultato generale è stato buono, ma meno omogeneo di allora. Per di più, questa volta la sconosciuta opera mi è sembrata più lunga e un po' monotona: le situazioni drammatiche e le soluzioni musicali si ripetono troppo. Forse il fatto si deve al lavoro sulla partitura –molto creativo e comunque di grande spessore – di Leonardo García Alarcón (con la sua orchestra Cappella Mediterranea), buono ma troppo enfatico, quasi pomposo, almeno in confronto con la lettura più vitale di René Jacobs a Bruxelles. Si può anche dire che non aiutasse molto la messinscena di Thomas Jolly (con cui ha collaborato Alexandre Dahn), troppo minimalista, con poche idee non sempre azzeccate – sembrava tutto osare per ritrattare le depravazioni del protagonista per poi tirarsene indietro – e con dei costumi, in alcuni casi esagerati, di Gareth Pugh.

Da lodare invece la prestazione del Coro da Camera di Namur, istruito da Thibaut Lenaerts. Nel lungo elenco di cantanti non tutti si dimostravano adatti, vuoi per stile vuoi per mezzi vocali e tecnica. Di straordinario va qualificato il lavoro di Franco Fagioli nei panni di Eliogabalo, un aspetto a favore della versione attuale rispetto di quella di Bruxelles già citata. Quasi lo stesso dicasi dell'antagonista (per forza di cose) Alessandro Severo, un Paul Groves che sembra alla ricerca di nuovi repertori per la sua voce e che qui ha trovato un ruolo ideale. Non è lo stile la freccia all'arco della disinvolta – troppo a momenti: non si tratta di una soubrette – Nadine Sierra nella difficile parte di Gemmira, promessa di Alessandro, follemente vagheggiata dall'imperatore. L'acuto non era facile nel primo atto, ma migliorava nel secondo e terzo: il grande assolo del secondo atto veniva finito con una corona interminabile che faceva pensare agli eccessi del belcanto romantico – e che faceva impazzire il pubblico. Molto più adatta, stabile e sobria la Eritea di Elin Rombo: una parte difficile, quella della vergine dell'aristocrazia disonorata da Eliogabalo alla ricerca della riparazione con un matrimonio che detesta o l'uccisione del colpevole – come finalmente avviene. Bene nei momenti più intimi, ma con poco volume, note fisse in acuto ed emissione forzata in quelli più energici Valer Sabadus nel ruolo del di lei innamorato Giuliano, obbediente però al tiranno. Molto a posto e in un ruolo ideale per la sua voce (Lenia, la mezzana del principe) Emiliano González Toro. Vocalmente inadatto l'altro cortigiano colpevole, Zotico, affidato a Matthew Newlin, ma bravo interprete. Nei ruoli di Nerbulone (il servo comico) e Tiferne (il gladiatore) sfoggiava bella voce e figura il basso Scott Conner. Corretta, ma senza mai entusiasmare, l'Atilia (innamorata senza speranza di Alessandro) di Mariana Flores. Nell'ultima replica il teatro era pieno zeppo e le ovazioni alla fine sembravano salutare i divi dell'epoca in cui l'opera venne composta.

Jorge Binaghi

25/10/2016

La foto del servizio è di Agathe Poupeney.