RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 

 

Il Quarto di B… e la Quarta di B…

Serate incentrate sul numero quattro, quelle del 22 e 23 febbraio 2018 all'auditorium Arturo Toscanini di Torino: per il dodicesimo appuntamento della stagione, l'Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI (OSN), sotto la guida di Claus Peter Flor, ha eseguito il Concerto per pianoforte e orchestra n°4 in sol maggiore Op.58 di Ludwig van Beethoven e la Sinfonia n°4 in mi bemolle maggiore “Romantica” di Anton Bruckner. Solista: Alessandro Taverna.

Due brani che non hanno nulla in comune, ma che, eseguiti nella medesima sera, fanno riflettere sull'evoluzione della musica tedesca in circa ottant'anni, da quel 22 dicembre 1808 in cui venne presentato, assieme ad altre pagine fondamentali della sua produzione il Quarto Concerto di Beethoven (scritto in realtà tra il 1805 e il 1806, contemporaneamente alla Quinta e alla Sesta Sinfonia), al 20 febbraio 1881, data della prima esecuzione della Quarta Sinfonia di Bruckner (che, terminata nel 1874, era già stata sottoposta ripetutamente a tagli e revisioni, secondo il consueto modus operandi dell'autore, sempre insicuro e incline ad accettare, talvolta con troppa facilità, i consigli che allievi ed esperti, in buona fede, non gli risparmiavano): la stagione romantica, alle porte con Beethoven, era arrivata quasi alle estreme conseguenze con quella post-romantica di Bruckner, e i risultati sono evidenti nel gigantismo delle sue partiture, sia dal punto di vista della durata, sia da quello della strumentazione. La proliferazione dei temi e il forte intreccio polifonico sono il punto forte, e la cosa non stupisce in un musicista formatosi organista studiando Bach. La “Romantica” è una poderosa sinfonia di settanta minuti, sicuramente tra le più godibili tra quelle bruckneriane (è, assieme alla Settima, la più eseguita, e quella che, in vita l'autore, riscosse il maggior successo di pubblico), ma non certo una composizione “facile”, anzi: a controbilanciare il suono robusto e scuro degli ottoni, spesso usati all'unisono e in fortissimo, non intervengono strumenti “scintillanti” come piatti o glockenspiel, assenti in organico. A confronto, il Quarto Concerto, tutto ancora pervaso dello spirito mozartiano, di quella leggerezza che ne è la cifra distintiva, anche all'interno dei cinque scritti da Beethoven, appare come una bomboniera: aerea giocosità dei passaggi solistici nel primo movimento, innervato dall'inizio alla fine da un tema ritmico imparentato con quello che apre la Quinta Sinfonia (di cui condivide il periodo di gestazione), e spensieratezza dell'ultimo movimento, che giunge come una liberazione dopo il cupo movimento centrale, in mi minore, basato sul contrasto tra archi, minacciosi, e pianoforte, orante in una supplica che saprà vincere e ammansire l'aggressività degli archi, per sfociare in un finale luminoso, che chiama in causa, per la prima volta in tutto il concerto, due strumenti come trombe e timpani.

La sera del 23 febbraio 2018, di cui si riferisce, ha visto un pubblico non numeroso, ma di sicuro una qualità esecutiva d'eccellenza, a partire da Alessandro Taverna, giovane e rampante pianista veneziano, che ha infuso nel Concerto Op.58 una levità e uno stile particolarmente consoni alla partitura, stile iridiato di apollineo mozartiano, senza tralasciare un tocco di personalità che fa la differenza: mi riferisco alle brevi cadenze di collegamento tra le riprese del Rondò conclusivo e negli interventi originali della grande cadenza del primo movimento – cadenza ampia, a tratti bizzosa, improvvisativa, con reminiscenze lisztiane (studio Mazeppa) e bachiane. A conclusione, un encore adatto in spirito alla partitura beethoveniana: il dolcissimo Preludio n°5 in sol maggiore Op.32 di Sergej Rachmaninov, reso con suono liquido, impalpabile, un pulviscolo sonoro inafferrabile: non il “solito” Rachmaninov, agguerrito e roboante, ma che, anche qui, come dappertutto, tecnicamente parlando, non concede sconti. La compostezza tenuta anche di fronte ai passaggi più impegnativi, rifuggendo da superflue espressioni enfatiche, ha ricordato quella di Arturo Benedetti Michelangeli: ed è tutto dire.

La direzione di Claus Peter Flor, a suo agio nel repertorio austro-tedesco (ma non solo), ha sfoggiato lati inattesi e interessanti soprattutto durante la Sinfonia bruckneriana. Del Concerto beethoveniano è da segnalare il secondo movimento: gli archi, dal suono gonfio, non sono sembrati più di tanto minacciosi, e non molto in contrasto col pianoforte, col quale dovrebbero essere in rapporto dialettico. Ma l'insieme, inspiegabilmente, ottiene un profondo effetto di contrasto quando attacca il terzo movimento, smagliante nella sua allegria. Per il resto, dinamiche e aspetti agogici rispettano la tradizione e non se ne distaccano che per brevi momenti.

Col dovuto ingrandimento di orchestra (da sei a otto contrabbassi, aggiunta di tromboni, tuba, della terza tromba, ecc.), si passa, dopo l'intervallo, alla Quarta di Bruckner. Tutto il primo movimento è percorso da una tensione, un fremito, che si ripercuote sulla velocità di esecuzione e sulla riuscita di certi passaggi. Bruckner prescrive Bewegt, nicht zu snell (Mosso, non troppo veloce). L'aver accelerato tutto il primo movimento, anche se di poco, rispetto a un'esecuzione, per esempio, alla Celibidache, maestro del repertorio bruckneriano, ha avuto due conseguenze: il venir meno, in maestosità, dell'intero movimento sinfonico, per come Bruckner lo concepiva: qualcosa di gigantesco, un organismo dotato di vita propria, incluso nella sinfonia ma anche autonomo (per fare un paragone naturalistico: è bello vedere un pesciolino guizzante in acqua; ma una balena che nuotasse alla stessa velocità sarebbe ridicola: e qui abbiamo per le mani una maestosa balena); e l'appesantimento dei passaggi di ottoni, i quali, essendo, caratteristica bruckneriana, numerosi e sempre spinti in fortissimo, necessitano di una loro fisiologica lentezza per essere assimilati: altrimenti suonano come passaggi di una banda che sappia solo gridare. L'effetto non è stato precisamente questo, ma lo ha rasentato in diversi momenti.

Meglio il secondo e terzo movimento, eseguiti legati, senza stacco l'uno dall'altro: scelta azzeccata, visto l'affievolirsi verso la fine dell' Andante, quasi allegretto , in do minore, sorta di marcia funebre più malinconica che triste, e il rinascere dal nulla dello Scherzo, vero e proprio “pezzo da caccia”, silvestre, dove i corni, più che nel primo movimento, la fanno da padrone. Difetta un poco, però, la messa a fuoco dei numerosi passaggi d'insieme, dove, nella selva dei pentagrammi sovrapposti della partitura, è d'uopo far emergere la linea melodica al di sopra dell'abbondante orchestrazione di contorno (che pure contribuisce al “colore” generale). Mancanza scusabile, data la complessità della scrittura. Difetto non presente nel quarto movimento, che procede un po' pindaricamente per sezioni nette, più facilmente delineabili, dove maggiormente si coglie la matrice organistica di Bruckner, che, nei blocchi sonori contrapposti, evidenzia la derivazione dall'uso di registri d'organo contrastanti.

L'OSN si presenta, ça va sans dire, all'altezza della situazione come sempre, duttile nel passare dall'agilità del Quarto di Beethoven all'inscalfibile graniticità della Quarta di Bruckner, nella quale, però, la sezione degli ottoni ha, per molti tratti, coperto completamente il resto dell'orchestra, monopolizzandone l'espressione. Tanta parte ha avuto in questo la direzione di Flor e, ovviamente, Bruckner stesso, che per gli ottoni aveva un debole non dissimulato, forse in omaggio a Wagner, di cui era noto e fervente ammiratore (nell'Ottava raddoppierà i quattro corni con altrettante tube wagneriane…). Pregevoli, soprattutto per la resistenza, gli archi, chiamati a numerosi tremoli e a passaggi tecnicamente impegnativi, per non parlare degli unisoni nell'Andante con moto beethoveniano, perfetti e sincroni, oltre che di notevole effetto emozionale. E si sa che, se la musica non dona emozioni, non è musica: è un puro fenomeno acustico.

Christian Speranza

19/3/2018