RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Bang ! E la farfalla si sparò

Febbraio e marzo, mesi pucciniani, al Regio di Torino: il teatro che proprio del compositore lucchese vide le prime assolute della seconda versione delle Villi (1884), di Manon Lescaut (1893) e della Bohème (1896), apre il 2014 con come Madama Butterfly, Turandot e Tosca, i primi due titoli in febbraio, in marzo il terzo. In appendice, accoppiato ad Una tragedia fiorentina di Alexander von Zemlinsky, troveremo, a fine marzo, Gianni Schicchi. Forse alla terza ripresa di Madama Butterfly nell'arco di quattro stagioni consecutive si accusa una certa stanchezza nella varietà, ma ci si augura che questa politica sia volta a consolidare le basi finanziarie del teatro in vista di future stagioni più varie e originali.

Il 30/01 abbiamo assistito alla prova generale di Madama Butterfl, che prelude alle tre date pubbliche. Accanto ad alcuni interpreti confermati per la terza volta nel loro ruolo (Massimiliano Pisapia: Pinkerton; Giovanna Lanza: Suzuki; Marco Tognozzi: l'Ufficiale del registro; Rita La Vecchia e Laura Lanfranchi: Zia e Cugina di Cio-cio-san), il cast si rinnova per tutti gli altri (Cio-cio-san-Amarilli Nizza e Sharpless-Alberto Mastromarino in primis). Massimiliano Pisapia tratteggia un Pinkerton tronfio, sicuro di sé, a tratti spaccone, caratteristiche del personaggio in cui si cala. La voce è calda fin dall'entrata in scena; padroneggia bene la tessitura centrale, con dizione ben scandita. Tuttavia, cogliamo non di rado acuti sforzati ed un'enfasi eccessiva e non giustificata su alcune sillabe. Alberto Mastromarino presta la sua voce a Sharpless, una voce tonda, piena, forse a tratti un po' troppo seriosa, ma sicuramente ben gestita (orecchiamo il commento: «Sembra che debba cantare Nemico della patria», ma non ci sentiamo di concordare: nella lettura della lettera a Cio-cio-san tornisce la voce con grazia, assumendo le sfumature carezzevoli di un nonno che si rivolga alla nipotina).

Convincente Amarilli Nizza nel ruolo di Butterfly; milanese, nome floreale e occhi cerulei, trisnipote del soprano Falcon Medea Mei Figner (musa di Cajkovskij), si disimpegna egregiamente nel ruolo che la vide debuttare negli anni Novanta (per chi ricorda la ripresa, più unica che rara, dell'Edgar pucciniano nella primigenia versione in quattro atti del 1889, proprio al Regio di Torino nel 2008, ricorderà anche che la Nizza vestiva i panni di Fidelia). Dopo un'entrata lievemente sottotono, migliora lungo tutto il I atto, fino ad un'interpretazione magistrale del duetto d'amore. Un bel dì vedremo è cantata con padronanza del registro medio; peccato che in corrispondenza degli acuti venga sovrastata dall'orchestra. Molto apprezzate le doti attoriali, soprattutto nel II atto, in cui riesce a delinare le due nature di Butterfly, quella infantile, che la porta a comportarsi come una bambina viziata e a vivere ostinatamente la sua fantasia ad occhi aperti (le domande sui pettirossi, il finto processo “all'americana”, ecc.), che la porterà al suicidio, e quella della donna, della madre, capace di accessi drammatici notevoli, soprattutto nel finale secondo. Unici due nei, la dizione non sempre distinguibile e un certo stridore forzato nella tessitura sovracuta. Due note di merito a Giovanna Lanza nel ruolo di Suzuki e a Seung Pil Choi, in quello dello Zio bonzo: la prima è un mezzosoprano dal timbro scuro, una voce rotonda, senza “spigolature” (ci si rammarica che ricopra un ruolo secondario); il secondo, pur nell'esiguità delle sue battute e con un volume non sempre adeguato, riesce ad essere espressivo nel dar corpo alle tradizioni tradite del Giappone. Segnaliamo infine il promettente baritono Lorenzo Battagion, membro del Coro del Teatro Regio, nel ruolo dello Zio Yakusidé.

Pinchas Steinberg, che ascolteremo ancora nella direzione della Turandot e del concerto sinfonico di mercoledì 19/02, ha una visione sinfonica dell'opera: il Preludio attacca asciutto e nervoso, secondo quanto Puccini scrive in partitura (fortissimo vigoroso per i violini e fortissimo ruvidamente per l'entrata degli altri archi in stile fugato). L'orchestra è quasi sempre trattenuta per dar modo ai cantanti di svettare, ma diversi sono i passaggi in cui le voci vengono trattate da strumenti ed incluse nella compagine orchestrale, il che, considerando l'ammirazione di Puccini per Wagner – il trattamento delle voci in parte concettualmente simile e l'uso del Leitmotiv – è un bene, quando non ci si faccia prendere la mano (questo sacrifica in parte l'intelligibilità del testo, ma allarga il concetto di “concertato” non solo alle voci, ma anche all'orchestra). A partire da Bimba dagli occhi pieni di malia, tutta la scena finale del I atto è percorsa da una tensione crescente, vibrante, che finisce inglobando le voci di Pinkerton e Cio-cio-san, e confermando una direzione più “alla tedesca”, più strumentale rispetto a quella di ascendenza italiana, più melodica. Il Coro a bocca chiusa è diafano, più simile ad un sogno che ad un pezzo di musica; l'intermezzo orchestrale ha sortito un vero effetto di dilatazione del tempo, perfetto per ricreare la transizione dalla notte al giorno, con quel calibrato crescendo che ci ha ricordato il passaggio dal Prologo all'Atto I nel Götterdämmerung.

Tasto dolente continua ad essere la regia. Quando, nel 2010, Damiano Michieletto presentò per la prima volta la sua Butterfly ambientata in un Giappone contemporaneo, con cartelloni pubblicitari, parallelepipedo di plexiglass in cui facevano bella mostra prostitute in shorts e orecchie luminose da conigliette di Playboy, e Cio-cio-san che canta in maglietta di Hello Kitty e jeans, si gridò allo scandalo e insieme alla genialità. Ora le reazioni si sono attenuate, e tali bizzarrie non fan più scalpore, ma vogliamo ritenere che sia avvenuto come in quel medico che, a forza di vedere malattie deturpanti, finisca per assuefarsi anche agli scenari più atroci: purché si ricordi che sono e rimangono condizioni patologiche. Consci di attaccare la frangia più avanguardista della regia teatrale, e di suscitare l'insofferenza dei palati più snob, che vedranno l'ennesimo arroccamento su posizioni retrive, accademiche ed ottuse (laddove la presa di posizione deriva non dall'incomprensione della scelta operata, ma dalla completa dissociazione da essa), nondimeno dichiariamo qui la nostra più indignata costernazione di fronte a una regia che ha traviato, degradato e vilipeso il capolavoro pucciniano appellandosi ad una presunta – e quanto mai fuori luogo – attualizzazione dei contenuti, volta, nelle intenzioni del regista, a far meglio comprendere “la violenza di questa tragedia” (ma la violenza maggiore, e più raffinata, non è quella smaccata, ma quella che si perpetua attraverso l'inganno della poesia, come un veleno spolverato di zucchero). La vicenda di Butterfly è, senza molti giri di parole, una compravendita di carne umana, un atto di turismo sessuale che l'ingenuità di Cio-cio-san non vede. E fin qui siamo d'accordo. Come dice lo stesso Michieletto: «La tragedia è già tutta qui». Benissimo: perché allora attualizzarla? Vi sono tragedie che rimangono tali attraverso le epoche: perché quindi prendersi il disturbo di sradicarle dalla loro contesto originale (stesso discorso dicasi per la versione di Romeo e Giulietta di Baz Luhrmann)? In difesa di questa posizione, abbiamo raccolto la testimonianza che, facendo suicidare Cio-cio-san con un colpo di pistola alla tempia anziché col classico harakiri, si occidentalizza anche il modo con cui si toglie la vita, un atto di estrema fedeltà a quel modello americano incarnato da Pinkerton (e si tenga presente che, per la cultura giapponese, suicidarsi con un colpo di pistola era un atto di vigliaccheria). Considerazione calzante, ma che elucubra su una sovrastruttura che non ha ragion d'essere. Senza contare che, se si vuole attirare pubblico, snaturare un'opera nella sua ambientazione originale non è certo la via migliore. Bang! Butterfly avrà anche fatto il botto: ma solo sulla scena.

Christian Speranza

16/2/2014

Le foto del servizio sono di Ramella&Giannese©Teatro Regio Torino.