Nemici per sempre
Ora ciarlateneschi ora professionalissimi, ora a bordo del carrozzone di Dulcamara ora sotto la palandrana di Grenvil, i medici sono stati spesso al centro (o ai lati) delle dramatis personae operistiche. Tuttavia anche i loro storici sodali-rivali, ossia i farmacisti, non hanno mancato – più occasionalmente – di sollecitare l'attenzione dei compositori e librettisti: dallo Speziale di Haydn a quell'Annibale Pistacchio la cui farmacia-abitazione, di notte, viene terremotata dai continui squilli di campanello che dà il titolo all'esilarante atto unico donizettiano. Più raro vedere schierate in una stessa opera le due categorie e il prototipo, al riguardo, resta probabilmente Doktor und Apotheker, un Singspiel di Carl Ditters von Dittersdorf che vide la luce al Burgtheater di Vienna nel luglio 1786, dunque giusto due mesi dopo che, sul medesimo palcoscenico, avevano debuttato Le nozze di Figaro . Si sa poi come andarono le cose: l'opera di Mozart s'installò fra i sempiterni capolavori, quella di Dittersdorf venne progressivamente risucchiata dalla Storia. Sta di fatto, però, che il suo successo iniziale non fu inferiore a quello delle Nozze ; e che a lungo si parlò, presso il pubblico viennese, del 1786 come annus mirabilis della commedia in musica proprio grazie alla convergenza di questi due titoli.
L'Opera di Francoforte torna oggi a riproporre il Singspiel di Dittersdorf: e lo fa in modo non casuale, ma inserendolo all'interno di un preciso percorso artistico-produttivo. Negli stessi giorni, infatti, nel teatro principale – l'Opernhaus – si rappresenta Le Postillon de Lonjumeau di Adam: un classico di quell' opéra-comique che è, in fondo, l'omologo francese del Singspiel tedesco. Doktor und Apotheker, nel frattempo, va in scena al Bockenheimer Depot, spazio suggestivo e “alternativo” (un ex deposito tranviario) che Oper Frankfurt è solita adibire alle opere settecentesche; e a cementare la contiguità delle due operazioni provvede l'allestimento scenico, poiché entrambe le opere sono affidate – quanto a scenografia e costumi – a Kaspar Glarner, artista concettuale che sta dedicandosi sempre più spesso al teatro lirico.
Se nel Postillon Glarner optava per una messinscena coloratissima, in Dittersdorf sceglie invece la via di un cangiante bianco e nero (con un segno poetico-infantile, da illustrazioni di libro per bambini), arricchito da effetti controluce quando si tratta d'intravedere – verrebbe da dire: di spiare – le preparazioni farmacologiche approntate nel laboratorio del protagonista. A completare il quadro, una serie di animazioni surreali (video di Jorge Cousineau) che insufflano un tocco da cartoon a un congegno altrimenti teatralissimo. Né manca qualche efficace ritocco nelle parti in prosa del libretto (drammaturgia di Deborah Einspieler), con un paio di ruoli soppressi, una telefonata – ma con un personaggio solo in scena – in sostituzione di un duetto e una tirata femminista, nel finale, meno forzata di quanto possa apparire di primo acchito. Così ben servita dai suoi collaboratori, la regista Ute M. Engelhardt impagina uno spettacolo dinamico e, tuttavia, non privo di oasi d'incantamento, nonché assai lavorato sulla fisicità degli interpreti: dunque ecco il farmacista alla Hans Wurst, il dottore esteriormente meno ridicolo ma non per questo meno macchiettistico, la coppia delle ragazze che rispecchia due opposte declinazioni della femminilità, la matura Claudia sotto sotto più sensuale delle giovincelle.
Benché il titolo ponga dottore e farmacista sullo stesso piano, l'inequivocabile protagonista della farsa resta quest'ultimo: Božidar Smiljanic dà sapore al suo speziale velleitario e pasticcione, così come Thomas Faulkner è gustoso nell'incarnare un medico tronfio e profittatore. L'uno è forse un po' troppo baritono per una scrittura di “buffo” tipicamente bassobaritonale (nelle note gravi si percepisce qualche stimbratura), ma il commediante resta infallibile e anche il vocalista appare agguerrito, a cominciare dalla scioltezza nei sillabati; l'altro, invece, può contare su una più sostanziosa voce di basso, peraltro talvolta fin troppo aggredita nell'emissione. Accanto a loro, tre tenori: due amorosi (ben differenziati tra loro, come il sentimentale Michael Porter e lo scanzonato Andrew Bidlack) e un caratterista (l'esilarante, e mai sopra le righe, Peter Marsh, che si fa carico di un archetipico ruolo alla Capitan Spaventa con il soprammercato d'una gamba di legno).
Sul fronte femminile, Elizabeth Reiter domina l'intero cast : un soprano che arpeggia tutte le corde del lirico e del leggero, nonché un'interprete capace di dar vita a un'adolescente infantile e risentita, diffidente e stupefatta, ancora bruco ma a un dipresso dal trasformarsi in farfalla. Lubov Karetnikova è una “seconda donna” più monodimensionale – la classica ragazza scaltra e narcisista – ma di valida tenuta scenico-canora, mentre Kelsey Lauritano, mezzosoprano forbito e spiritoso, infonde con convinzione lo spessore aggiuntivo voluto dalla regia (è a lei che spetta la virata democratico-femminista dell'opera) al personaggio matronal-borghese di Claudia.
Alden Gatt dirige la Frankfurter Opern und Museumsorchester con grande attenzione ai dettagli strutturali: che è poi quanto più interessava a un compositore con uno spiccato senso della forma come Dittersdorf. In tale prospettiva – più ancora delle numerosissime arie – sono i pezzi d'assieme (quintetti, sestetti, concertati) a far da motore della partitura; mentre, accanto a questo, scatta il gioco dei rimandi e delle anticipazioni. Più che a paragoni mozartiani, verrebbe da pensare (almeno per i personaggi femminili) ai prodromi d'una comicità Biedermeier che sarà poi cara a Lortzing; e ascoltando certe onomatopee strumentali che impreziosiscono Doktor und Apotheker – il battito cardiaco, il raglio dell'asino – c'è da credere che Rossini da Dittersdorf qualcosa aveva preso. O forse si tratta semplicemente del paradosso di Borges, in base al quale un genio crea sempre i suoi predecessori.
Paolo Patrizi
15/3/2025
La foto del servizio è di Barbara Aumüller.
|