RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Toulouse

Un Faust con alti e bassi

Senza il balletto, ma per il resto completo, tornava lo splendido Faust di Gounod al palcoscenico del Capitole. La versione scenica, del 2009, di Nicolas Joel, è più che tradizionale, con qualche timido aggiornamento non sempre opportuno: qualche siparietto, i movimenti del coro, eccessivi o inesistenti, l'abuso del ventaglio rosso del diavolo – qualcosa già visto d'altra parte – per ‘soluzionare' tutto quanto fosse problematico, o il coro celestiale che chiude l'opera, che dalle quinte passa vestito esattamente come nei quadri precedenti più una nota di Walpurgis che Cecil B. De Mille avrebbe fatto molto meglio nel 1940. Belli i costumi di Franca Squarciapino e le scene di Ezio Frigerio.

La regia non risolveva neppure il per niente equilibrato quartetto protagonista, perché se Alex Esposito (al suo primo incontro con Mefistofele) si è tornato a rivelare eccellente cantante e grande artista, e non cadeva in una sola delle tante trappole del ruolo, compresa quella di voler emulare cantante storici di ben altro peso vocale ma di una visione tutta monolitica e piuttosto ‘cattiva'del ruolo, e se Anita Hartig è una buona Margherita sul versante scenico e bravissima dal punto di vista della voce – il timbro non sarà meraviglioso, e il settore acuto è indubbiamente il più privilegiato, né John Chest, un Valentino assolutamente principiante come attore e con delle limitazioni vocali, né Teodor Ilincai, piuttosto goffo e cantando a modo suo ma non con lo stile e la tecnica che Faust richiede – cioè, sparava acuti da cannone mentre centro e grave erano sfocati e artificiali quando non brutti, erano all'altezza del rispettivo compito. Bene i comprimari, fra i quali spiccava la Marta di Constance Heller. Maite Beaumont era un corretto Siebel, ma la parte è meglio servita da un soprano che non da un mezzo.

Il coro, istruito da Alfonso Caiani, ci regalava una bella prestazione, un po' troppo forte magari, ma sapeva anche ridurre il volume senza perdere qualità. Claus Peter Flor non sembrava molto interessato al ricamo e alle finezze della partitura e, malgrado l'eccellente forma dell'orchestra del Teatro, prediligeva un approccio più di una volta troppo ‘pompier' tranne qualche momento isolato – l'inizio del quarto atto, per fortuna. Teatro pieno e buon successo.

Jorge Binaghi

2/7/2016

La foto del servizio è di David Herrero.