Napoli
La prima Fedora della Cedolins
Il San Carlo ha avuto diversi meriti in quest'occasione. Innanzitutto, il coraggio di riproporre un titolo che i teatri solo osano molto raramente e a patto di avere non so quanti e quali divi, e se poi non lo sono davvero ovviamente è colpa dell'opera. Poi, dovendo cercare con non tantissimo tempo un nuovo tenore e un altro direttore, aver dimostrato senno nella scelta, così come ha fatto ricorso – anziché spendere in un nuovo allestimento dagli esiti incerti – all'ormai storico di Puggelli, ripreso per l'occasione da Salvo Piro: lo spettacolo sarà 'tradizionale' (con tante scuse, per carità) ma è bello e adeguato e funziona, anche se magari questa volta mancava un po' di luce.
Ma c'è bisogno, anche e ‘in primis', di una grande protagonista: eccellente cantante, brava attrice, padrona del fraseggio. E il San Carlo ha pensato bene, come non lo fanno di solito altri teatri – grandi o no, italiani o stranieri che siano, a un soprano italiano che ha dimostrato di avere assimilato fino in fondo la lezione della grande scuola italiana e, più in particolare e fondamentale per un ruolo come questo, padronissima del canto di conversazione. Fiorenza Cedolins è una donna bella, elegante, dice benissimo, ha sfoggiato i suoi meravigliosi pianissimi ma anche un centro e grave di tutto rispetto e un registro acuto svettante e sicuro. Esempi concreti? Dai ‘ninnoli deliziosi'della prima frase al ‘rimani' finale del secondo atto, per non parlare di tutto il terzo.
Giuseppe Filianoti è stato un buon Loris, di bella presenza ma alquanto ingessato come attore, di acuto come al solito piuttosto teso, ma bel timbro e centro, e se il volume non è stato sempre dalla sua parte si è fatto valere.
Ottima prova quella di Roberto De Candia in De Siriex, anche non avendo la figura ideale per la parte). Parecchio deludente invece la contessa Olga di Barbara Bargnesi, voce piccola e di emissione non facile, anche se l'artista è simpatica. I comprimari non male: da rilevare l'intervento di John Paul Huckle nei ruoli di Cirillo (atto primo, particolarmente interessante) e di Borov. Quanto a Francesca Russo Ermolli, più azzeccato il suo piccolo Savoiardo dell'ultimo atto che non il ragazzo Dimitri del primo. Il coro non ha molto da fare ma l'ha fatto bene sotto la guida di Marco Faelli.
L'orchestra era in buona forma e la bacchetta di Asher Fisch si è rivelata sicura, competente ed idiomatica se non sempre ispirata e qualche volta ha caricato un po' la mano nei momenti ‘forti'. Applausi convinti alla fine di ogni atto, calorisissimi alla fine del secondo atto e anche a fine spettacolo. Peccato che il pubblico – attento e partecipe – non riempisse la sala.
Jorge Binaghi
9/5/2016
La foto del servizio è di Laura Ferrari.
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