Fedra di Giovanni Paisiello
inaugura la Stagione Lirica e di Balletto 2016 al Teatro Massimo Bellini di Catania
Quest'anno il nostro teatro ha deciso di aprire con un'opera di Giovanni Paisiello, anche per commemorare il bicentenario della morte del celebre compositore tarantino. Morto a Napoli nel giugno del 1816, Paisiello è ancor oggi considerato come uno degli esponenti più validi e rappresentativi della gloriosa Scuola Musicale Napoletana, infatti egli studiò sotto la guida di Francesco Durante, ed ha lasciato piccoli capolavori come L'idolo cinese, La Serva padrona (sullo stesso testo messo in musica quasi mezzo secolo prima da Pergolesi), Il barbiere di Siviglia, Il mondo della luna, Socrate immaginario, Nina pazza per amore, solo per citare i titoli più famosi. Il dramma musicale in due atti Fedra su libretto dell'abate Luigi Bernardo Salvoni, tratto dalla tragedia di Carlo Innocenzo Frugoni Ippolito ed Aricia, è fra i titoli meno noti, per non dire sicuramente dimenticati del bravo musicista. Rappresentata per la prima volta il 1° gennaio 1788 a Napoli al Teatro San Carlo con protagonisti celebri dell'epoca, Brigida Giorgi Banti, Girolamo Crescentini e Giacomo David, scomparve poi definitivamente dal repertorio operistico.
Pertanto l'edizione inaugurale di domenica 17 gennaio 2016 (turno A) al Teatro Massimo Bellini di Catania può senz'altro considerarsi la prima esecuzione mondiale in tempi moderni. I fondali e le scene sono stati realizzati a Jesi, nel Laboratorio scenografico della Fondazione Pergolesi Spontini, mentre l'opera, che sarà replicata fino al 24 gennaio, verrà registrata per l'etichetta genovese Dynamic.
La regia di Andrea Cigni ha dato eminente spessore e ulteriore rilevanza all'aspetto propriamente “barocco” e “fantasmagorico” della pièce, che era ulteriormente ottimizzato ed esaltato dalle splendide scene e dai costumi di Lorenzo Cutuli. Pertanto in tutto il palcoscenico si spargeva ed aleggiava un'atmosfera mitica e leggendaria attraverso la quale stupore, sorpresa, incanto, meraviglia coagulavano attorno al dramma, così come l'azione dei personaggi si sviluppava tutt'intorno al doppio grande praticabile concentrico creato per l'occasione. Ad accrescere l'alta suggestività e fascinazione dell'insieme concorrevano non poco le quasi scultoree luci di Fiammetta Baldiserri e le vaporose proiezioni video di Mario Spinaci. L'aura fiabesca, la simbologia mitopoietica si sono proiettate davvero con grande veemenza al di fuori dello spazio scenico spandendo il loro delizioso incanto dappertutto, riversandolo perfino nel parterre , ribaltandolo in alto fino alla galleria e sospingendolo fin nei palchi, da dove il pubblico ha tributato continui e calorosi consensi.
Raffaella Milanesi ha saputo cogliere, sia vocalmente che scenicamente, tutto il dissidio interiore ed il travaglio della protagonista, lasciando in secondo piano gli aspetti più sensuali ed accentuando invece quelli di ineluttabile fatalità. Anna Maria Dell'Oste si è rivelata un'Aricia salda e sicura nel controllo davvero opportuno ed efficace dell'intera tessitura affidata al personaggio. Tecnicamente efficiente anche se con qualche piccola asprezza qua e là è stata la prova offerta da Caterina Poggini (Ippolito), comunque sempre efficace ed incisiva nella conduzione delle sonorità. Il tenore Artavazd Sargsyan nella parte di Teseo si è affidato ad una vocalità chiara e nitida, arricchita da una dizione luminosa e ben rifinita. Adeguati e funzionali ai loro ruoli vocali sono stati Esther Andaloro (Diana), Sonia Fortunato (Tisifone), Salvatore D'Agata (Mercurio) e Guseppe Lo Turco (Plutone).
L'intelligente ed elegante direzione di Jérôme Correas, assecondata in modo discreto ed inappuntabile dall'orchestra e dal coro del nostro teatro, ha saputo definire e cesellare con estrema cura ogni passaggio strumentale dell'amabile partitura, riuscendo ad accompagnare e supportare anche i cantanti con equilibrio e cortesia. Precisa e diligente la prova fornita dal maestro Leonardo Catalanotto al clavicembalo.
Giovanni Pasqualino
18/1/2016
Le foto del servizio sono di Giacomo Orlando.
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