Un ottimo Beethoven
al Bellini di Catania
Serata all'insegna di Beethoven al Bellini di Catania, il 15 febbraio (replica il 16), per il terzo concerto della stagione sinfonica 2019: il programma prevedeva il Concerto n.3 per pianoforte e orchestra in do minore, op. 37, e la Sinfonia n.7 in la maggiore, op.92, quest'ultima tra le opere più apprezzate del genio di Bonn sin dalla sua prima esecuzione, avvenuta l'8 dicembre del 1813 presso la sala dell'Università di Vienna, per la direzione dello stesso Beethoven. Brillante ed elegiaca al tempo stesso, venata di sottile tristezza, in particolar modo nel secondo movimento, la Sinfonia riscosse l'entusiastico apprezzamento di Richard Wagner, che le dedicò un lungo passo nel suo L'opera d'arte dell'avvenire, definendola l'apoteosi della danza in se stessa.
Generalmente non incluso nella lista dei grandi capolavori beethoveniani dalla critica musicologica, il Concerto n. 3 per pianoforte e orchestra rimane comunque un brano nel quale comincia a farsi strada, pur all'interno delle logiche esigenze virtuosistiche, un maggior equilibrio tra lo strumento solista e l'orchestra: in tal senso, il giovane pianista siciliano Alberto Ferro, vincitore di numerosi premi internazionali, premio speciale Haydn al “Ferruccio Busoni” di Bolzano nel 2015, ha evidenziato un dominio pressoché assoluto della tastiera, un ottimo uso del pedale, una perfetta tecnica degli abbellimenti. Pianista sicuro e già abbastanza maturo per la sua giovane età, sembra aver tutte le carte in regola per una brillante carriera internazionale, del resto già ben avviata: un'ulteriore maturazione siamo certi gli permetterà di raggiungere risultati ancor più lusinghieri, in special modo se consentirà alla sua notevole musicalità di prendere il sopravvento sulla tecnica, ammorbidendo il tocco e aprendosi a una tavolozza timbrica più ricca e pregnante.
Applauditissimo dal numeroso pubblico intervenuto, il giovane musicista ha concesso ben due bis: lo Studio n.1 “Pour le 5 doigts d'après Mr. Czerny” di Claude Debussy, eseguito con grinta muscolare eccessiva per le delicate sfumature impressionistiche del compositore francese, e la Bagatelle in si minore op.126/4, sempre di Beethoven, dove il suo tecnicismo prorompente ha invece avuto modo di esprimersi al meglio.
Nella seconda parte è stata invece protagonista assoluta l'orchestra del Bellini, diretta dal maestro Günter Neuhold che qui, più che nel primo tempo, è riuscito ad attuare una sinergia perfetta con gli strumentisti, rendendo la Sinfonia n.7 proprio quell'apoteosi della danza di cui parlava Wagner. Preciso e attento a ogni sfumatura agogica e timbrica, ha infuso una notevole coesione all'orchestra, che ha suonato con un entusiasmo tradottosi in uno spirito leggiadro, proprio di danza, che ha esaltato al massimo le parti più brillanti della Sinfonia, in particolare il terzo e il quarto movimento, rendendo al contempo palpabile tutta la dolorosa e struggente tristezza del secondo tempo: se gli archi si sono distinti per compattezza e nitore di suono, non da meno sono stati i fiati, che nel flauto di Salvatore Vella hanno trovato la loro punta di diamante.
Giuliana Cutore
16/2/2019
La foto del servizio è di Giacomo Orlando.
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