RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

La folle giornata

La stagione del Teatro Comunale di Ferrara si è conclusa con una riuscita edizione del capolavoro mozartiano Le nozze di Figaro, che è il primo frutto della collaborazione tra Mozart e Lorenzo Da Ponte. Musicato all'età di ventinove anni, si rifà al testo teatrale in commedia Le mariage de Figaro di Beaumarchais (1782). Fu il compositore stesso a portare una copia del testo al librettista, che la tradusse in lingua italiana (allora la lingua ufficiale dell'opera lirica). L'opera fu scritta in gran segreto e solo dopo aver convinto l'Imperatore Giuseppe II della rimozione delle scene politicamente più discusse arrivò il permesso di rappresentarla. Così andò in scena al Burgtheater di Vienna il 1° maggio 1786 e ottenne un successo strepitoso, con numerose richieste di bis in tutte le recite. Ancor più grande fu il successo al Teatro Nazionale di Praga nell'anno successivo.

Il soggetto è un pretesto per irridere alle classi sociali dell'epoca alla vigilia della Rivoluzione francese. Il Conte d'Almaviva cerca di imporre lo ius primae noctis sulla cameriera Susanna di cui è follemente invaghito. Figaro, promesso sposo di Susanna, fa di tutto per smascherare l'infedeltà del Conte. Cosicché in una giornata di passione travolgente i servi riescono a ribellarsi a quelle imposizioni e ingiustizie di chi deteneva il potere e cominciava già a percepirne i sintomi dei primi scricchiolii. Il popolo si dimostrera così più astuto dei suoi padroni fino ad avere la meglio su tutta la vicenda.

L'edizione approdata nella città estense è il risultato di una coproduzione tra i teatri di Treviso e Jesi, da cui lo spettacolo riportava l'eco del successo ottenuto. La maggior parte dei protagonisti in scena proveniva dalle file dei vincitori del XLVII Concorso Toti dal Monte. I giovani interpreti si sono mossi nella bellissima cornice scenografica pensata da Lele Luzzat i nel 2004, impostata su semplici elementi di scena e tele dipinte a rappresentare i vari ambienti del palazzo del Conte, e corredata da sfarzosi ed eleganti costumi di foggia settecentesca disegnati da Alfredo Corno.

La regia, affidata a Francesco Bellotto , è impostata su una lettura tradizionale e dipanava in modo chiaro e spiritoso le varie vicissitudini che caratterizzano la “folle journée”, mettendo comunque a fuoco alcuni di quegli aspetti di critica sociale del testo di Beaumarchais considerati all'epoca rivoluzionari e che gli valsero le critiche e i divieti della censura, come la corruzione, gli atteggiamenti prevaricatori dell'aristocrazia e la prepotenza maschile, insieme al messaggio di rinnovamento portato dall'onestà intellettuale e dall'orgoglio di Figaro. Cosicché lo stesso cerca lo scontro fisico con il Conte e il popolo assolve ai propri compiti rituali di malavoglia e con gesti bruschi, per sottolineare il nascere di un sentimento di convivenza stridente e forzata con quella nobiltà che già si cercava di mettere in discussione. Il tutto si palesa nella scena finale in cui lo specchio (oggetto di scena con cui l'opera si apre), quale simbolo della vanità e della vacuità dell'aristocrazia imperante, si trasforma in una ghigliottina sulla quale campeggia e sventola un gran tricolore francese ad anticipare quello che sarebbe accaduto di lì a pochi anni. A quest'idea registica portante si sovrappone quella del linguaggio della “macchina teatrale” che, con i suoi meccanismi rappresentativi e i suoi ingranaggi esecutivi, era nel ‘700 un vero e proprio mezzo di comunicazione di massa riuscendo a veicolare idee e messaggi irridenti e innovativi, là dove la realtà intellettuale era controllata e impostata dalla censura. Così per buona parte del primo atto lo spettacolo “cresce” e si crea direttamente sotto gli occhi del pubblico che vi assiste.

Al fine di esplicitare al meglio un tale messaggio, la regia prevede un contributo diretto da parte degli stessi protagonisti che aiutano i vari servi di scena a posizionare gli oggetti utili allo spettacolo, oppure la visualizzazione di tutti quegli effetti “rumoristici” da parte delle maestranze, oltre ai vari cambi di scena a vista, e in ciò anche le luci di Roberto Gritti hanno contribuito alla riuscita dell'atmosfera voluta.

La direzione dell'Orchestra Città di Ferrara, affidata a Sergio Alapont, stacca dei tempi sostenuti cercando di mantenere al meglio l'equilibrio dinamico tra il versante comico e lirico, fornendo sempre l'adeguato sostegno ai giovani cantanti, sebbene non tutte le sue sezioni siano sempre ben amalgamate e riescano ad essere sempre all'altezza delle richieste. Nel ruolo di Figaro vi è Davide Giangregorio con voce baritonale ben impostata, corretta ed elegante, capace di esprimere al meglio le varie situazioni richieste dalla partitura, seppure non troppo estesa nella parte alta della tessitura. Ad esso si affianca la gradevole Susanna di Francesca Tassinari, elegante in voce come in scena, capace di esprimere al meglio il personaggio sotto tutti i suoi aspetti. Yulia Gorgula è una Contessa vocalmente importante e sontuosa, sia nei momenti lirici che malinconici. Ottimamente eseguito sia scenicamente che vocalmente il ruolo del Conte affidato a Christian Federici che alterna con adeguata disinvoltura i momenti di protervia arroganza a quelli più lirici ed eleganti.  Marta Pluda è un Cherubino piuttosto “pallido” vocalmente, seppure cresce durante la recita, che ha dalla sua una bella presenza scenica ma si distingue più per la nobile raffinatezza del fraseggio che per la correttezza dell'intonazione e della linea melodica. Efficace e ben cantata la Marcellina di Francesca Cucuzza, una vera rivelazione che ha saputo portare fuori questo ruolo dalla figura di petulante comprimaria donandole una freschezza, uno spessore e una dignità tutti nuovi. Vocalmente dotata e dal volume possente, dalle agilità facili e dallo squillo solido,

Gli altri interpreti che non provenivano dal concorso lirico si sono ben distinti nei vari ruoli tra cui l'ottimo Bartolo di Baurzhan Anderzhanov , il Basilio e Don Curzio di Alfonso Zambuto, come la Barbarina di Sara Fanin, mentre più efficace in scena che in voce l'Antonio di Luca Scapin. Ottimo il Coro Benedetto Marcello, diretto da Francesco Erl e ed efficaci gli interventi al cembalo di Lorenzo Feder.
Convinti e calorosi gli applausi del pubblico.

Giacomo Branca

13/5/2019

Le foto del servizio sono di Piccinni-Treviso.