Giuseppe Filianoti ed Edward Bak
al Teatro Machiavelli
Da sinistra: Giuseppe Filianoti, Edward Bak e Giuseppe Montemagno.
Un intreccio di poesia e musica è stato il filo conduttore di un apprezzatissimo evento musicale al Teatro Machiavelli, in una conferenza-concerto promossa dalla Fondazione Lamberto Puggelli e dall'Associazione Ingresso Libero. Dopo i saluti di Grazia Pulvirenti Puggelli, che ha ringraziato Marco Impallomeni, l'evento è stato presentato, con dovizia di informazioni storico-musicali, dal musicologo Giuseppe Montemagno, che ha introdotto un artista di chiara fama nel panorama lirico mondiale, ovvero il tenore Giuseppe Filianoti, accompagnato dal pianista Edward Bak, specialista di musica da camera contemporanea e docente alla Ohio State University. Il cantante, di recente protagonista di Fedora al Teatro San Carlo di Napoli, dove è stato ripreso uno degli spettacoli storici di Lamberto Puggelli, nato per La Scala, ha intrattenuto con successo l'uditorio con pagine tratte dal repertorio del secondo Ottocento-primo Novecento italiano. Oggetto di un disquisire forbito, sia verbale che musicale, è stato il volume Francesco Cilea, Composizioni vocali da camera per voce e pianoforte, a cura di Giuseppe Filianoti, (Ricordi, Milano, 2016), scritto dal tenore in omaggio al 150° anniversario della nascita di Francesco Cilea: il volume, quale singolare testimonianza d'epoca, comprende un arco temporale ininterrotto di liriche da camera composte dal musicista calabrese, a fronte della quasi unica opera che ne ha decretato il successo, ovvero Adriana Lecouvreur, di cui Montemagno ha posto in luce il memorabile allestimento scaligero di Lamberto Puggelli. L'itinerario del libro parte dagli studi di Cilea al Conservatorio di S. Pietro a Maiella di Napoli, fino alla sua morte, nel 1950, comprendendo, accanto alle liriche, pezzi sacri e vocalizzi da concerto, che dimostrano quanto la didattica fosse strettamente connessa con l'attività compositiva. A proposito di romanze da salotto, così di frequente eseguite all'epoca, il volume offre un ampio richiamo al repertorio di Francesco Paolo Tosti, di cui Montemagno ha ricordato il centenario della morte, sottolineando poi il vincolo professionale di Cilea con la Sicilia, dove quest'ultimo inaugurò la sua carriera al Conservatorio di Palermo di cui fu direttore per un triennio, dal 1913 al 1916. Istituzione intitolata a Vincenzo Bellini, al cui percorso si è conformato quello del musicista calabrese, che concluse infatti gli studi con l'opera Gina, un primo tentativo più accessibile, come quello del nostro Vincenzo nel 1825, con l'opera Adelson e Salvini. Il musicologo ha ripercorso l'itinerario di studi, dall'ingresso di un Cilea tredicenne al conservatorio napoletano sotto l'egida di Francesco Florimo, che, da cultore degli studi belliniani, vi si dedicò specialmente dopo la morte del grande catanese, all'ammissione, a titolo gratuito, del compositore calabrese nelle classi di Beniamino Cesi, fondatore della scuola pianistica napoletana, e di Paolo Serrao per la composizione. Nota di rilievo per Cilea, quando nel 1935 prese parte al comitato celebrativo del centenario della morte di Bellini, fu la pubblicazione del fac-simile della partitura autografa di Norma, opera che lo stregò fin da bambino, e punto di riferimento essenziale per tutti gli studiosi che si sono accostati alla sua scrittura.
Il tenore Filianoti ha deliziato la numerosa platea con la sua vocalità sopraffina, limpida e vellutata, che traeva pregnanza da un fraseggio elegante e impeccabile, e da un intimo compenetrarsi nei testi delle arie selezionate, sul pertinente e accurato accompagnamento di Bak, che si è esibito poi da solista in una avvincente Serenata (Mormorante di tenero desio) dal ritmo dolcemente cadenzato, in una versione per solo pianoforte selezionata per l'occasione (alla quale se ne aggiunge un'altra per canto e pianoforte). Il tenore ha sciorinato la sua calda espressione, ricca di vibrati di straordinaria tenuta, trascorrendo da accenti mesti e accorati a distensioni solari, in veri e propri documenti d'epoca, spesso pervasi dalla stanchezza del mal di vivere che ricorre in Cilea, come il lamento di Federico nell'Arlesiana, sopraffatto da una donna fatale; ed ecco all'inizio la seconda strofa di Bionda larva, da una versione tratta dal Conservatorio “Santa Cecilia” di Roma, su versi di Enrico Golisciani.
La cernita comprendeva anche Lontananza, scritta in stile partenopeo per Fernando De Lucia (compagno di collegio di Cilea) in una versione depurata dalle fioriture e stornellature apportate dal cantante; e ancora Alba novella con ascendenze di stile francese (scoperta da Filianoti nel 2006 a Palmi), tagliata dalla prima versione dell'Arlesiana in quattro atti e rimaneggiata come romanza da salotto. L'aria, che richiama un freschissimo afflato di profumi montani, tra un etereo aleggiare di stile debussysta, testimonia il lungo processo compositivo dell'Arlesiana la cui stesura impegnò una ventina d'anni il rapporto tra il librettista Leopoldo Marenco e l'editore Sonzogno, il quale ruppe il monopolio di Casa Ricordi, dando spazio allo stile della Giovane Scuola: ambito dal quale emergeranno alcune individualità che, pur ispirandosi alla scuola verista, se ne distaccheranno al tempo stesso. Il tenore ha nuovamente incantato la platea insieme al pianista, tra scroscianti applausi, con le arie Dolce amor di povertade su versi di Iacopone da Todi, su un filone neomedievale di semplicità arcaica immersa in un delicato arpeggiare pianistico, e col bis Nel ridestarmi (su testo di Felice Soffrè), dove si librava ancora una volta con la sua splendida voce nel vagheggiare la vita come un sogno, da vero cantore di una autentica bellezza melodica.
Anna Rita Fontana
28/5/2016
Le foto del servizio sono di Gatto Pino.
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