A Firenze Rocks
Il meraviglioso viaggio degli Who
“Let's get together before we get much older” cantavano gli Who in Baba O'Riley, pezzo iconico e degna conclusione del concerto tenutosi alla Visarno Arena per il Firenze Rocks festival 2023. Gli Who non hanno bruciato le loro vite prima della vetustà come auspicavano in My generation ma, quasi miracolosamente, sono ancora qui, a mettere in scena la loro leggenda. Daltrey lancia il microfono da un lato all'altro afferrandolo al volo, dimostrando ancora notevole destrezza, mentre Townshend rotea teatralmente il braccio destro suonando accordi devastanti, come se nulla fosse mutato dalle incandescenti esibizioni degli anni Settanta. Il crescendo trascinante di Baba O'Riley, visione distopica nella quale Townshend descrive una terra desolata degna di T.S. Eliot, sancisce il trionfo della band di fronte a un pubblico in delirio. Durante l'esecuzione Daltrey si lega il filo del microfono al braccio come un laccio emostatico prima di un'iniezione; quasi a significare la sua totale dipendenza dalla musica. Alla base della loro caparbia resistenza c'è proprio una volontà assoluta di suonare, nonostante dal loro esordio siano trascorsi ormai quasi sessanta anni. Prima parte del concerto quasi interamente dedicata alla creatività di Tommy, vera e propria opera rock nella quale Pete Townshend riuscì a forgiare una visione del tutto personale. La barba bianca e il berretto rosso gli conferiscono l'aspetto di un mistico, a evocare l'incontro con Meher Baba, sua guida spirituale negli anni Settanta. La costruzione sinfonica di Tommy, non immemore di alcune atmosfere beatlesiane, viene esaltata dall'Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, ospite d'eccellenza. Townshend ne evidenzia più volte la qualità, esortando il pubblico a tributarle i dovuti onori. Il chitarrista appare particolarmente loquace e comunicativo; ama l'Italia e il suo pubblico, e tiene a sottolinearlo. Suonare con un'orchestra sinfonica non è esperienza di tutti i giorni. Necessita di una particolare disciplina, in quanto tutti gli elementi devono incastrarsi perfettamente. L'operazione è perfettamente riuscita, e Tommy risalta sin dall' Overture in tutta la sua magniloquente complessità. We're not gonna take it conclude il set con una vera e propria catarsi. Le frasi “see me, feel me, touch me, heal me” risuonano come un'eco del passato, quasi che il tempo avesse perso improvvisamente consistenza e potere sulle nostre vite.
La parte centrale dell'esibizione lascia gli Who liberi dalle sonorità sinfoniche, con alcune incursioni nella produzione anni Ottanta, You better you bet, e più massicce dosi dei grandi classici, dal blues indiavolato di Substitute alla incendiaria Won't get fooled again, con l'urlo di Daltrey a scuotere le anime quasi provenisse da un altro mondo, e ancora con una Behind blue eyes asciutta e struggente nell'accompagnamento di violino e violoncello. Nella terza parte ecco di nuovo l'Orchestra del Maggio al gran completo, ad accompagnare brani dalla seconda opera rock ideata da Townshend, Quadrophenia. The real me, I'm one, 5:15, The rock e Love reign o'er me rappresentano una serie di pezzi di tale potenza da lasciare senza fiato. Immagini della nostra storia recente, dalla guerra del Vietnam alle torri gemelle, dall'Iraq al conflitto in Ucraina, scorrono sullo schermo, quasi a indicare come il rock sia sempre presente con le sue istanze libertarie e utopiche, purtroppo ripetutamente mortificate. Del finale abbiamo già detto. Resta da parlare del resto della band; bruciata prematuramente la vita di Keith Moon, estinta quella di John Entwistle, oggi gli Who si avvalgono di un gruppo di musicisti di grande valore, fra i quali citiamo Simon Townshend, fratello di Pete, alla chitarra, e Zak Starkey, figlio di Ringo Starr, alla batteria. In particolare quest'ultimo sembra davvero voler apparire come una reincarnazione del rimpianto Moon, al quale fu molto legato in gioventù. Anche se lo stile di Keith è inimitabile per varietà e fantasia allucinata, Zak davvero si impegna al limite delle sue forze, come se dall'esibizione ne andasse della sua stessa vita. Il risultato è potente, commovente nella sua intensa emotività, acuita dalla consapevolezza di trovarsi di fronte alle estreme incarnazioni di un'epoca irripetibile.
Riccardo Cenci
20/6/2023
La foto del servizio è di Elena Di Vincenzo.
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