Madrid
Un ritorno desiderato e benvenuto
‘La' Fleming ritornava dopo lunga assenza e il risultato è stato un vero e proprio trionfo con un recital eterogeneo – un po' all'antica, fino ai primi anni Cinquanta del secolo scorso diciamo, ma anche come alcuni, con risultati poco esaltanti, tornano a fare adesso – arie diverse, un ciclo di Lieder e canzoni francesi ed italiane, sempre accompagnata al pianoforte dall'abituale ed eccellente Hartmut Höll.
Davanti a un teatro strapieno, cosa che di questi tempi ha del merito in questo tipo di concerti, si presentava con il suo solito “glamour”, arricchito da due splendidi vestiti per ciascuna delle parti della serata, e una simpatia e capacità di contattare che le è stata sempre congeniale ma che adesso è parso accresciuta rispetto ad occasioni anteriori. I frammenti lirici appartenevano alle opere Le nozze di Figaro, Agrippina, Giulio Cesare, Mefistofele, Thais e Manon, i primi tre eccellenti, con qualche piccola incertezza; i tre ultimi invece da manuale, più un'aria di un'operetta francese di Oscar Strauss, deliziosa. Per quanto riguarda il Lied tedesco sceglieva Amore e vita di donna di Schumann, che presentava come una sorta di manifesto femminista e che interpretava in modo molto personale – e dal punto di vista di questo cronista non sempre adeguato, vuoi per l'espressività e l'intenzione nel gesto e nel fraseggio, con tempi piuttosto rapidi – ma il canto in quanto tale era sempre ineccepibile.
Le canzoni italiani erano celeberrime e se il Donaudy risultava stupendo, né Tosti (un Aprile finito con un sovracuto non scritto e non troppo felice) né Leoncavallo Mattinata, dove le note acute, e soprattutto la finale, erano invece fortunatissime) spiccavano dal punto di vista idiomatico ed espressivo. La rarità veniva riservata a un infrequente pezzo di Saint-Saëns su un lungo testo di Hugo, Soirée en mer, interessante da conoscere e reso in modo ottimo ma non il massimo come testo e musica.
Ma ancora mancavano i numeri fuori programma, ben sei vista la reazione sempre più scatenata del pubblico, non un cellulare, magari qualche ‘uccellino' di quelli degli stupidi whatsapp. Summertime di Gershwin e Over the rainbow, interpretate, come prima il pezzo dell'Agrippina di Haendel, con evidente allusione alla musica jazz che il soprano ha studiato, interpretato non poche volte, e che predilige, O mio babbino caro (formidabile Puccini), e due canzoni spagnole: prima la oggi desueta Estrellita di Ponce (che ci trasportava al tempo in cui era cavallo di battaglia di Lily Pons) e poi un noto 'pasodoble' (La morena de mi copla – La bruna della mia canzone) dove tra il canto ed il ventaglio che si presentò all'improvviso la gente impazziva battendo le mani e gridando 'olé´. Per finire, rispondendo anche alla richiesta del direttore del Teatro, tornava al Lied del suo amato Richard Strauss, Morgen dalle Quattro ultime canzoni. Nel presentarlo diceva, in modo molto diretto e sincero, che sperava davvero che le prime parole fossero vere e un messaggio di ottimismo per la gente e per questo pazzo mondo: 'E domani il sole tornerà a brillare'. Certamente brillava nella voce della Fleming.
Jorge Binaghi
20/4/2016
La foto del servizio è di Javier del Real.
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