Gaia e Curon/Graun
Due novità assolute proposte dalla Fondazione Haydn di Bolzano e Trento
La Stagione d'Opera 2017-2018, denominata OPER.A 20.21 "Escape from Reality" della Fondazione Haydn di Bolzano e Trento, ha presentato i due progetti vincitori della prima edizione di "OPER.A 20-21 Fringe - Opera Lives Today", un'iniziativa volta a valorizzare i talenti artistici del territorio dell'Euregio (Tirolo, Alto Adige e Trentino).
Al concorso-bando hanno partecipato oltre una quarantina di gruppi o singoli artisti, i quali rendono evidente il successo dell'iniziativa. I due progetti vincitori, Gaia di Hannes Kerschbaumer e Curon/Graun di OTH Office for a Human Theatre, sono stati selezionati da una giuria internazionale presieduta da Eva Kleinitz (direttrice dell'Opéra National du Rhin), è formata da Giorgio Battistelli (compositore e direttore artistico dell'Orchestra della Toscana) Hannah Crepaz (direttore artistico dell'Osterfestival Tirol), Barbara Minghetti (direttore artistico del Macerata Opera Festival e programmatrice del Teatro Sociale di Como), Axel Renner (responsabile della comunicazione del Bregenzer Festspiele) e dal regista e coreografo Luca Veggetti.
Una premessa. Considerando il titolo del concorso, Opera Live Today, è disarmante costatare che nessuno dei due spettacoli selezionati possa considerarsi opera lirica, nella classica accezione del termine e con l'ampia considerazione che gli stili, i temi, i gusti, l'inventiva possono e debbano essere differenti dal passato. Potremmo definirli spettacoli sperimentali di teatro moderno, ma difficilmente potranno avere spazio in contesto operistico, se non in sedi deputate alla musica contemporanea. Rilevante il fatto che il progetto di OHT Office for a Human Theatre non si avvale neppure di musiche originali. Inoltre, precisando di non aver letto il bando, trovo molto limitato il voler valorizzare solo talenti di una specifica regione, anche se questa comprende territori sia italiani sia austriaci. La nuova musica non dovrebbe avere confini così circoscritti ma oggigiorno trovare una divulgazione e una partecipazione addirittura internazionale. Non è la musica un linguaggio universale da secoli? Perché allora limitarla ad un territorio? L'idea potrebbe portare a considerazioni, forse estranee alle idee di chi ha promosso "Fringe", ma qualche sospetto identitario resta.
Gaia, che sul programma di sala non ha un'identificazione specifica, con libretto tratto da testi di Gina Mattiello e Raoul Schrott (Erste Erde), è stata rappresentata in prima assoluta giovedì 22 febbraio al Teatro Studio del Teatro Comunale di Bolzano. Il soggetto narra di una donna astronauta sopravvissuta allo schianto del proprio mezzo al rientro sulla terra. Essa resta l'unico essere vivente sul pianeta, trovandosi di fronte sculture carbonizzate che sono frammenti della popolazione estinta. Con loro inizia un dialogo che potrebbe essere il prologo di un qualcosa di nuovo, ipotizzando che dalla distruzione possa sorgere una nuova vita. L'opera, o meglio il Musiktheater, si suddivide in nove quadri, con un prologo e un epilogo, contenendo anche la vicenda dell'astronauta Hypatia dal film Homo sapiens di Nikolaus Geyrhalter.
Il libretto, dopo la lettura perché in teatro non erano previsti i sottotitoli con relativa traduzione, è un po' troppo prolisso e in parte meccanico, ma pur sempre raffinato e sagace. Nell'idea del compositore siamo di fronte a uno scenario aperto apocalittico dopo un disastro umano. L'evoluzione sarà in una nuova vita che arriva da un processo di decostruzione, ci sarà un nuovo mondo. Il soggetto è una novità creativa con nuovi mezzi di comunicazione, senza parametri, che parla del nostro tempo. Un lavoro in working progress, con un ricercato finale aperto, concetto base è che si distrugge perché nasca un qualcosa di nuovo.
La musica di Hannes Kerschbaumer è sommariamente convenzionale, la quale si riconduce a nuove forme di composizione che s'ispira alla nuova comunicazione anche elettronica (citazione dell'autore) con decisiva rilevanza alle percussioni, e precisiamo non c'è canto ma solo accompagnamento orchestrale. Lo spettacolo, affidato nella regia allo stesso compositore e a Gina Mattiello, era molto efficace e anche di forte impatto. La scena e i costumi molto azzeccati di Natascha Maraval ben si adattavano al ridotto spazio del Teatro, molto bravo Federico Campana nella realizzazione dei video e del suono elettronico. Esemplare la recitazione della Mattiello e straordinaria la prova del danzatore Hyggin Delimat. L'orchestra Haydn, che da anni è abituata all'esecuzione di musica contemporanea, ha confermato la consueta professionalità oltre ad un'efficace duttilità di esecuzione, in questo caso ben concertata dal giovane direttore Leonhard Garms. Il pubblico ha applaudito e apprezzato la performance.
Il 23 febbraio al Teatro Sociale di Trento è andato in scena Curon/Graun, che potremmo definire spettacolo teatrale-visivo con musica non originale ideato da OHT office for a Human Theatre di Rovereto. La vicenda reale e storica è localizzata in Val Venosta. La costruzione di una diga nel 1950 unificò i laghi di Resia e di Mezzo, sommergendo cinquecento ventitré ettari di terreno montano e centosessanta tre case dell'antico paese di Curon (Graun in tedesco). Le proteste della popolazione al progetto, ideato addirittura nel 1920, furono inutili, la Montecatini aveva forse appoggi molti forti e neppure un intervento di Papa Pio XII fu efficace. Curon fu raso al suolo, le case degli abitanti ricostruite nei limitrofi. Rimase solo un campanile medievale, la cui punta spunta ancor oggi dalle acque del lago. Non vogliamo sottacere la tragedia degli abitanti di Curon, che dovettero abbandonare le loro case, i loro poderi, i quali probabilmente si tramandavano da secoli, ma non vi furono morti, e questo lavoro vuole dare più ampia conoscenza a un fatto sovente dimenticato, attraverso una performance teatrale.
Anche in questo caso non mi pare si possa parlare di opera lirica, con i presupposti evidenziati in precedenza. In Curon non ci sono parti cantate, ma solo musica. Una musica non originale. È l'intreccio fra le immagini del campanile (simbolo ancor oggi del paese) e la musica del compositore estone Arvo Part che raccontano la vicenda con tratti drammatici. Le composizioni eseguite sono Fratres, nelle tre versioni per quartetto d'archi, archi e percussioni, per violino, archi e percussioni, e Cantus in memory of Benjamin Britten, il cui rintocco delle canne evoca quello del campanile di Curon.
Lo spettacolo molto ben realizzato e di piacevole visione era ideato da Filippo Andreatta (anche regia) e Paola Villani (anche scenografa) si basava sul concetto di lavoro sul paesaggio messo all'interno di un progetto artistico, ricostruito con la musica. Credo che nell'intenzione degli autori vi fosse una sorta di liturgia della musica, un intreccio tra sezioni musicali articolate e rigorose, poiché il rigore è anche evocazione. Il progetto visivo si divide in tre sezioni, una ricostruzione molto azzeccata di Armin Ferrari, un video in bianco e nero odierno che s'identifica in un viaggiatore che cerca i luoghi in un paesaggio reale e artificiale. Una realizzazione che potremmo definire di storia, emozione e pensiero. Da segnalare che le molteplici e precisissime didascalie hanno contribuito in maniera importante a spiegare l'intera vicenda al pubblico, il quale non credo che conoscesse in maniera dettagliata la drammatica vicenda di Curon.
La parte musicale era costituita dai membri dell'Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, con la presenza di Stefano Ferrario come direttore e violino solista che completava il quartetto d'archi formato anche da Vincenzo Quaranta, Margherita Pigozzo, e Alejandro Biancotti. Esecuzione di altissimo livello, compatta e di estrema fattura drammatica, i musicisti hanno reso con efficacia non solo lo spartito ma l'anima stessa dello spettacolo, che ha un punto memorabile nel finale con il finale mozzafiato delle percussioni del brano in onore di Benjamin Britten.
Successo felice e incondizionato da parte del folto pubblico che gremiva il Teatro. Al termine di entrambe le serate era previsto un breve dibattito, molto interessante, con le parti creative. Molto emozionante il ricordo di un bambino del paese di Curon, oggi ovviamente anziano, che ha descritto la vicenda vista con i suoi occhi di allora. Meno riuscito il dibattito di Bolzano su Gaia poiché gli interventi erano sovente in tedesco e senza traduzione.
La seconda edizione di “OPER.A 20.21 Fringe” sarà annunciata nella prossima estate.
Lukas Franceschini
2/3/2018
Le foto del servizio sono di Michele Purin-Fondazione Haydn.