Verdi Opera Night
all'Arena di Verona
Il 96° Opera Festival all'Arena ha offerto quasi in conclusione di stagione una serata evento denominata Verdi Opera Night nella quale sono stati eseguiti in forma scenica tre atti di opere di Giuseppe Verdi: Rigoletto, Il Trovatore e La Traviata. Questo tipo di serata è stato importato dall'America, in particolare dal Teatro Metropolitan, ove ha successo da tempi immemorabili e non è nuova per l'Arena, ove si ebbero simili eventi con Placido Domingo e José Carreras quali protagonisti, ma in generale non è mai stata in uso in Italia. Solo due considerazioni: questo tipo di serata di gala richiede necessariamente un ventaglio di artisti di forte richiamo e accertata celebrità, mentre nell'occasione odierna siamo solo alla presenza di conosciuti professionisti della scena lirica. Inoltre, avrebbe avuto altro effetto la scelta di opere che non fossero così frequentemente rappresentate in Arena. Direttore della serata è stato Andrea Battistoni, il quale a capo dell'Orchestra e del Coro dell'Arena ha offerto una prova convincente e una rilevante lettura teatrale. Molto a suo agio nei momenti concitati, ad esempio Il Trovatore, egli riesce a trascinare orchestra e coro in una vibrante esecuzione. I momenti più patetici, specie in Traviata, erano leggermente poveri di colori ma pur sempre idonei da classificare per la concertazione positiva. L'orchestra e il Coro dimostrano grande partecipazione, e solido professionismo il che non è sempre scontato. Il programma prevedeva l'esecuzione del II atto di Rigoletto, e i III atti de Il Trovatore e La Traviata.
Luca Salsi, Rigoletto, si conferma un autorevole baritono capace di buona interpretazione vocale, anche se qualche scivolata stilistica gli è sfuggita di mano. Solido nei registri e molto accorto nell'uso del colore. Brillantissima prova quella di Lisette Oropesa, una Gilda con voce non certo esile e bamboleggiante ma sicura e corposa e ben amministrata nei registri. Forse qualche acuto era leggermente stiracchiato ma una perfetta dizione e un forbito fraseggio ne fanno un soprano molto promettente con l'auspicio di prossime occasioni. Note molto più dolenti per il Duca di Rame Lahaj, che fu il vincitore di Operalia 2017. La voce ha un volume ridotto e anche il colore è di scarsa suggestione. Se si aggiunge che in molti punti era senza vigore e gli acuti appena abbozzati l'insieme è di un cantante tutto da ridefinire e sicuramente penalizzato da esibizioni all'aperto. Molto bravi gli artisti nei ruoli minori a cominciare da Carlo Bosi, Matteo Borsa, Biagio Pizzuti, Marullo, Romano Dal Zovo, Ceprano, Nicolò Ceriani, Monterone, Barbara Massaro, paggio, e Gocha Abuladze, un usciere. Al termine è stato bissato “Si vendetta” senza che fosse richiesto dal pubblico.
In Trovatore abbiamo trovato una veemente e passionale Violeta Urmana nel ruolo di Azucena, uno spento Conte di Luna di Simone Piazzola pur dimostrando una sostanziale teatralità, precisa nel breve intervento la Leonora di Serena Gamebroni, il solido e raffinato Ferrando di Romano Dal Zovo, e il professionale Ruiz di Carlo Bosi. Infine, ma non ultimo, il protagonista Francesco Meli, il quale interpreta un Manrico romantico, sostanzialmente efficace nel fraseggio, anche se con portamenti eccessivi ma il settore acuto e molto faticoso, sfibrato e corto. L'esecuzione, senza daccapo, era ben lungi da esibizioni precedenti, e anche se ritengo che il ruolo non sia proprio suo pane è auspicabile si tratti di un momentaneo periodo negativo.
In Traviata abbiamo avuto la bella sorpresa di Maria Mudryak, la quale s'impone per un'interpretazione drammatica di rilevante calibro e un gusto azzeccato. Esegue integralmente la sua aria anche se non sempre calibrata, ma sfoggia una voce davvero interessante. L'Alfredo di Luciano Ganci è squillante e calibrato, Simone Piazzola professionale nel breve intervento come Germont. Completavano il cast l'austero ma efficace dottore di Romano Dal Zovo e la precisa Annina di Martina Gresia.
La serata è stata aperta con l'esecuzione della Sinfonia da La Forza del destino, momento molto infuocato musicalmente dal direttore e su una coreografia piuttosto banale di Luc Bouy, danzata dai ballerini dell'Arena, che parevano poco convinti.
Lo spettacolo ideato da Stefano Trespidi, regia, si avvaleva anche della firma scenografica di Michele Olcese, del disegno luci di Paolo Mazzon e delle proiezioni di Sergio Metalli. Pochi elementi, recuperati da spettacoli passati, erano disposti con eleganza sulle gradinate e su una pedana mobile centrale. Contribuivano con efficacia le proiezioni che fornivano alla visione un aspetto onirico. Se in Rigoletto e Traviata era evidente la cifra minimalistica, nel Trovatore ha trionfato l'esuberanza dell'allestimento zeffirelliano, qui rappresentato solo da due sculture di lance ai lati, e troppo sventolio di bandiere. Trespidi sceglie una drammaturgia tradizionale senza particolari soluzioni ma con accenti umani rilevanti nei momenti lirici.
Serata per nulla indimenticabile ma ascrivibile all'ordinarietà, anche se il pubblico ha gradito e ha salutato l'intera compagnia con prolungati applausi.
Lukas Franceschini
18/9/2018
Le foto del servizio sono di Ennevi-Arena di Verona.
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