RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


Gli innamorati si creano da sé i sogni

L'incontro casuale, o apparentemente tale, dal quale può nascere una storia d'amore, ha sempre sollecitato la fantasia di romanzieri e commediografi; terreno privilegiato dell'occasione gratuita e significativa, ma soprattutto della schermaglia fra i due sessi, può talvolta dare la stura ad una sorta di circolarità emotiva, dove l'eterna lotta fra uomo e donna, teorizzata da Strindberg, si stempera e sfuma in lievi stilettate e punzecchiature, quasi arpeggi del cuore sulla casualità iniziale, in attesa di un finale quasi sempre lieto.

In quest'ottica è stata particolarmente interessante la commedia L'alba, il giorno, la notte, scritta nel 1921 da Dario Niccodemi, e andata in scena il 25 maggio al Centro Zo di Catania, ultimo appuntamento della rassegna “Percezioni”; qui la storia d'amore, quasi in un ossequio post-litteram alle tre unità aristoteliche, si snodava in un giorno solo, in un luogo solo, e s'incentrava esclusivamente su se stessa, senza interferenze, se non quelle mentali create dagli stessi protagonisti, Mario e Anna. I tre momenti della giornata segnano le fasi di un comporsi, scomporsi e ricomporsi dell'unione amorosa, in una dialettica circolarità che sembra riassumere in sé la vita stessa; anche il linguaggio della commedia, per niente datato, si piega alle intemperanze dell'alba, metafora della nascita e della giovinezza, alla compostezza un po' artefatta del giorno, che allude al meriggio della vita e al concretarsi dell'amore, e alla sognante ed evocativa riflessione della notte, simbolo della maturità e della realizzazione.

La regia di Filippo Brazzaventre, al suo esordio dall'altra parte della scena, ha ben colto questo complesso e polivalente gioco semantico, imprimendo un ritmo veloce e quasi rutilante all'alba, razionale e composto al giorno, molto rallentato, quasi languido, alla notte. Anche la scelta dei costumi, curati come le scene da Laura Crollo, si è posta sulla stessa linea della regia, esplicitandone la felice intuizione: moderni e trasgressivi per l'alba, anni '50 per il giorno, da gran sera per la notte. Abiti per tre momenti della giornata, per le tre età dell'uomo, ma che sottolineavano l'atemporalità, o per meglio dire l'eternità di una vicenda destinata a ripetersi sempre, ad ogni era, quasi in un eterno ritorno dell'eguale.

Con mano sicura Brazzaventre ha diretto anche i due giovanissimi protagonisti, Valerio Santi ed Eleonora Sicurella, entrambi di buona scuola, che, nonostante qualche comprensibile incertezza iniziale, senz'altro dovuta all'emozione, hanno mostrato di aver ben compreso il testo nella sua completezza dialettica. Eleonora Sicurella ha dato il meglio di sé a partire dalla seconda parte, mettendo in mostra doti da attrice brillante, molto adatta a personaggi che richiedono carattere, spigliatezza e frequenti mutamenti di registro; ottima la dizione e abbastanza ben calibrata la gestualità, che si attuava in una sorta di linguaggio corporeo dove la mimica, sempre attentamente sorvegliata, giocava un ruolo preminente.

Molto più maturo e incisivo, a parte qualche momento di eccessiva gestualità, Valerio Santi: perfetto il controllo della voce, capace di repentini, velocissimi mutamenti di registro e intensità, dote che, unita alla dizione eccellente, farà di lui nel tempo un attore di grande levatura. Molto espressivo e sicuro sul palcoscenico, lasciava trapelare qua e là anche un'inclinazione al comico che, se opportunamente coltivata, gli permetterà di spaziare su un vasto repertorio, sia da un punto di vista storico che di genere.

Le musiche curateda Mario Incudine hanno ripreso una frase della commedia, frase che costituiva al tempo stesso l'occasione fortuita dell''incontro d'amore, dove veniva citata la Casta diva dalla Norma di Vincenzo Bellini, e hanno offerto, oltre alla parafrasi dell'aria, anche un'insolita ma molto interessante versione jazzistica del celeberrimo brano belliniano.

Giuliana Cutore

29/5/2014

Le foto del servizio sono di Serena Marino.