RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Giovanna D'Arco

inaugura la stagione 2015-2016 della Scala di Milano

La stagione d'Opera e Balletto 2015-2016 del Teatro alla Scala è stata inaugurata con l'opera Giovanna d'Arco di Giuseppe Verdi, con la quale inizia ufficialmente il mandato del nuovo direttore musicale del Teatro: il maestro Riccardo Chailly.

Giovanna d'Arco fu composta in un breve periodo alla fine del 1844 durante il quale Verdi era impegnato alla Scala per una ripresa de I Lombardi alla prima crociata. Il soggetto fu tratto da Die Jungfrau von Orleans di Friedrich Schiller, dal quale il già collaboratore di Verdi, Temistocle Solera, approntò un libretto e una riduzione molto diversa dall'originale. È certo che l'opera fu composta frettolosamente e di malavoglia poiché i rapporti tra Verdi e Marelli si erano incrinati conseguentemente il modo di gestire il teatro di quest'ultimo. Tuttavia, Verdi rispettò il contratto ma oltre a non partecipare all'inaugurazione del 26 dicembre ( I Lombardi ) decise che dopo Giovanna d'Arco nessun'altra sua opera sarebbe stata eseguita nel teatro milanese. Tale ferma decisione si protrasse per ben un quarto di secolo. La prima esecuzione di Giovanna d'Arco, il 25 febbraio, riscosse grandi favori da parte del pubblico, meno dalla critica. Curioso che quando l'opera fu rappresentata a Palermo la polizia si oppose al soggetto e la musica fu adatta a un nuovo libretto dal titolo Orietta di Lesbo.

Il musicologo Charles Osborn definisce il libretto “…un compendio di come si può immaginare un libretto insulso, il fatto che sia stato derivato da un dramma di Schiller è spesso criticato solo per significare quanto esso contenga di dissacrante e di parodistico”. In effetti, non possiamo dargli torto, la Giovanna d'Arco di Solera non ha alcun punto di contatto con il personaggio storico e tanto meno con lo stesso dramma tedesco, tuttavia dobbiamo rilevare che l'interesse di Schiller non era rivolto alla realtà storica ma alla verità poetica, in una verità interiore nella quale il rogo era un inutile supplizio. Verdi comprese tale aspetto e musicalmente produsse anche pagine apprezzabili, purtroppo Solera non ebbe l'intuito di capire che la riduzione non si adattava alla perfezione alla scena lirica. Solera non solo eliminò molte scene, riducendo la trama ai minimi termini con solo tre personaggi protagonisti, ma operò la variante più dannosa che fu quella di far innamorare Giovanna al Delfino di Francia. Lo spartito si ascrive al cosiddetto periodo degli anni di galera verdiani, ma chi scrive preferisce considerarli anni di sperimentazione, magari alterni, perché da un'attenta analisi delle opere del primo periodo emerge una decisa disuguaglianza tra gli spartiti. Giovanna ha tuttavia un fascino “primitivo” ma penetrante in se stesso. Chi coglie appieno tale concezione è il maestro Riccardo Chailly, che per la seconda volta dirige l'opera, la prima fu a Bologna nel 1989. Nell'intervista, inserita nel programma di sala, il direttore fa notare che l'opera è soprattutto metafisica e irreale, imprescindibile nella conoscenza verdiana perché fucina di modi espressivi sul futuro stile del compositore. Essa anticipa Macbeth, Rigoletto, Don Carlo e Aida per lo stile utilizzato e l'ispirazione melodica. Opera anticipatrice che mette in luce un'entusiasmante manifestazione musicale primiera. Credo che il direttore milanese abbia colto nella sua piena eccezione il valore di Giovanna d'Arco, che capolavoro non è, ma credendoci ci regala ancora una volta una concertazione da manuale, qui nell'edizione critica di Alberto Rizzuti. Il grande pregio della bacchetta è stato quello di non volere una sua personale lettura ma di attenersi in perfetta aderenza allo stile e allo spartito verdiano riuscendo a trovare colori, respiro orchestrale, enfasi, spavalderia ed energia che non si ascoltavano da qualche tempo al Teatro alla Scala. Chailly crede in tale opera e conoscendone bene i limiti cerca di valorizzarli e di farli apprezzare per quello che sono. Una grande lettura nello stile verdiano e non potremmo avere di meglio, oggigiorno, da parte di un direttore. La sua eccellente performance è potuta essere tale anche per il contributo di un'orchestra in forma smagliante e precisissima e di un coro, diretto da Bruno Casoni, di mirabile e ineguagliata professionalità.

Il cast scritturato dal teatro è la migliore risposta odierna per tali ruoli, e mi pare assurdo dover fare sempre paragoni con il passato, viviamo il presente pur non dimenticando quanto di buono c'è stato ieri, ma guardiamo al presente. Anna Netrebko è una protagonista di assoluto valore che coniuga dolcezze calibrate e rifinite con slanci eroici e drammatici con classe, naturalezza e buon gusto interpretativo. Francesco Meli, Carlo, non è da meno. Egli utilizza una splendida voce nel rifinire una vocalità preziosa ben articolata, generosa nell'accento, rifinita nei colori e di grande pathos interpretativo. Bravissimo nelle melodie dei duetti e incisivo nelle veementi cabalette. Alla recita cui ho assistito, è rientrato il baritono Carlos Alvarez, il quale dovette annullare le prime recite per indisposizione. Il cantante spagnolo ha saputo cogliere appieno la funzione del personaggio paterno ma anche il severo giudice della figlia. Pur percependo che era nel suo standard perfetto si è potuto ascoltare un cantante all'altezza del nome, rifinito nel colore e nell'accento, bravissimo nel fraseggiare una parte anche ostica, vocalmente inappuntabile e sempre di grande fascino. Completavano la locandina i corretti Talbot di Dmitry Beloselskiy e il Delil di Michele Mauro.

Autori dello spettacolo la coppia belga Moshe Leiser e Patrice Caurier alla regia, Christian Fenouillat per le scene, Agostino Cavalca ai costumi, video di Etienne Guiol. Il team parte dalla concezione che tutta la vicenda è un sogno delirante di una ragazza in stato di estasi finale cui il padre cerca qualche cura impossibile. L'opera è sostanzialmente ambientata nella stanza da letto della protagonista, che vediamo già durante l'esecuzione dell'overture, per poi svilupparsi nel contesto storico non troppo attinente ai fatti. L'infatuazione della giovane è il fulcro della lettura che resta narrativa e poco persuasiva poiché tutto è possibile. Ad alcune scene molto belle, come i demoni che inondano lo spirito della protagonista, oppure la salita dal palcoscenico della Cattedrale di Reims, un vero momento elettrizzante, si alternano situazioni dozzinali e poco comprensibili. Carlo è dipinto tutto in oro, come un superuomo, forse, non l'ho capito. L'impianto scenico era comunque accurato e sotto molti aspetti di gran fascino, altrettanto si può dire dei costumi, di bella fattura sartoriale, peccato che Giovanna avesse spesso una sorta di camicia da notte. Molto belli i video illustrativi e ottime le luci che creavano uno spazio irreale.

Grande successo per i cantanti e il direttore al termine dell'esecuzione che vedeva il teatro quasi esaurito. Una piccola postilla: all'entrata di Chailly al primo atto, una voce dal loggione ha urlato “abbasso i registi!”, alludendo alle successive polemiche tra questi e il direttore. Il pubblico ha risposto con un acceso applauso mentre il maestro, dimostrando classe eccellente, non si è scomposto dal podio.

Lukas Franceschini

28/12/2015

Le foto del servizio sono di Brescia e Amisano – Teatro alla Scala.