La Pasqua del Bellini
L'oratorio è una forma musicale drammatica, in cui sono presenti un narratore che introduce la situazione, alcuni personaggi che dialogano fra loro e un coro che commenta gli eventi presentati. Tali eventi (sempre di argomento religioso) a differenza di quello che avviene nel melodramma, non vengono rappresentati sulla scena, ma raccontati dai cantanti. Questa forma musicale, il cui termine comparve verso il 1630, nacque dall'esigenza di avere un canto più semplice e popolare rispetto alle più elaborate e complesse combinazioni polifoniche. Composto nel 1741 da Georg Friedrich Händel su testo inglese di Charles Jenners, l'oratorio Messiah per soli, coro e orchestra HWV 56, rappresentato per la prima volta all'interno della stagione di concerti del Neal's Music Hall in Fishamle Street a Dublino, è forse il più celebre tra gli oratori di Händel. Si presenta diviso in tre parti che corrispondono rispettivamente alla nascita di Cristo, alla sua passione e alla sua resurrezione ed è suddiviso in 53 numeri cioè un'ouverture, arie, recitativi, cori e una sinfonia pastorale che ‘racconta' la notte di Natale e a conclusione della seconda parte si colloca il celeberrimo Hallelujah eseguito dall'intero coro e che commenta la resurrezione del Signore.
Scriveva con felice intuizione Emil M. Cioran in Lacrime e Santi: “Per tutto il periodo in cui lavorò al Messiah, Händel si sentì trasportato in cielo. Egli stesso confessa di non aver fatto ritorno in terra fino a che non ebbe terminato il suo lavoro.” Aggiungiamo che in realtà è vera anche la reciproca, cioè che pure Händel è stato a sua volta in grado, con la sua creazione, di trasportare gli ascoltatori, con la sua abbagliante composizione, in mondi ultraterreni dove lo spazio-tempo tende a dissolversi e dipanarsi in iridi multicolori assolutamente immense e sconfinate.
Il 7 aprile (replica l'8) è stata presentata al pubblico del teatro Bellini di Catania un'interpretazione della partitura condotta da Marcus Bosch e con protagonisti l'orchestra e il coro del nostro teatro assieme alle voci di Elisa Verzier (soprano), Ilaria Ribezzi (mezzosoprano), Pietro Adaini (tenore) e Cristian Senn (baritono). Le quattro voci soliste sono intervenute con una certa misura, scioltezza e disinvoltura ma, a parer nostro, non con altrettanta partecipazione emotiva, rimanendo alquanto lontane dallo slancio devoto e ieratico assegnato ai loro registri e mantenendo di fatto la loro interpretazione al di qua del versante corale e strumentale, senza compenetrarlo fino in fondo e riuscire ad interagire con esso. Ha spiccato tuttavia Elisa Verzier la cui magnifica voce esibiva ottime capacità tecniche, ampi legati, precisione negli acuti sempre coperti e nitidi, oltre ad un'attenta esecuzione di ogni abbellimento (trilli in particolare). Il conduttore Marcus Bosch ha diretto con equilibrio e parsimonia anche se coro e orchestra del nostro teatro, pur offrendo un'esecuzione dignitosa e nel complesso gradevole, ci sono parsi alquanto appesantiti e affaticati. Evidentemente le molte repliche dell'Adriana Lecouvreur, conclusesi lo scorso 2 aprile, hanno messo a dura prova le forze delle due compagini, alle quali forse bisognerebbe dare maggiore respiro per recuperare le energie impegnate.
L'edizione curata dal nostro teatro del Messiah è stata presentata in un'edizione ridotta, in quanto mancavano alcuni numeri, ed è stata dedicata alla memoria del maestro Pietro Rattalino, già direttore artistico nel passato del nostro teatro per oltre un decennio e deceduto qualche giorno addietro. Commosso ed accorato è stato il breve ricordo fatto prima del concerto dall'attuale direttore artistico Fabrizio Maria Carminati. Il pubblico presente in sala e nei palchi, stavolta non eccessivamente numeroso, forse a causa delle imminenti feste pasquali, ha applaudito il celebre brano sacro con vivo entusiasmo, al quale gli artisti sul podio hanno risposto con la ripetizione dell'Hallelujah.
Giovanni Pasqualino
8/4/2023
La foto del servizio è di Giacomo Orlando.
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