RECENSIONI
-

_ HOMEPAGE_ | _CHI_SIAMO_ | _LIRICA_ | _PROSA_ | _RECENSIONI_| CONCERTI | BALLETTI_|_LINKS_| CONTATTI

direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Il “Miracolo” di Erich Wolfgang

Das Wunder der Heliane ad Anversa

Quasi un piccolo Mozart nell'infanzia, l'austriaco Erich Wolfgang Korngold (Brno 1897-Hollywood 1957), attirò presto coi talenti precoci la stupefatta ammirazione di Gustav Mahler e, più avanti, l'attenzione e il plauso di Richard Strauss e Giacomo Puccini tra gli altri. Talenti che si avvantaggiò a perfezionare sotto la guida di Alexander von Zemlinsky e già i frutti dell'adolescenza, un balletto, due opere e numerose altre composizioni, non si rivelarono affatto acerbi. Il 1920, l'anno del suo lavoro teatrale fino ad oggi più noto e più eseguito, Die tote Stadt (ma in Italia rappresentato per la prima volta soltanto nel 1996 al Massimo Bellini di Catania), segna anche il suo debutto come direttore d'orchestra ad Amburgo. Nel 1934 si trasferisce in America, sfuggendo così, lui che è ebreo, all'imminente Olocausto. A Hollywood intraprenderà con notevole successo, testimoniato da due Oscar, l'attività di compositore di musiche per film rimasti celebri, pur non abbandonando l'altra musica.

Nel fatidico 1924, in cui Puccini muore senza aver completato l'ultima fatica, Turandot, Korngold si sposa con Luzi von Sonnenthal e compone già la quarta (e penultima) opera, Das Wunder der Heliane, tre atti su libretto di Hans Müller-Einigen da un dramma di Hans Kaltneker von Wallkampf (1895-1919), maggiore esponente dell'espressionismo letterario in Austria. La prima ad Amburgo nel 1927 non entusiasma troppo né pubblico né critica e saranno tardivamente postumi i riconoscimenti e le fortune dell'ambiziosa Heliane, che il compositore, nel licenziarla per la scena, considera il proprio capolavoro (e non sembra aver mutato opinione in seguito). È l'opera più eclettica, che respira l'aria del momento, da Strauss a Puccini, sempre in cerca di spunti lirici inseriti in una scrittura orchestrale raffinata e lussureggiante, impregnata di violenza espressionistica e di simbolismo mistico (“colata di lava musicale”, secondo un critico belga odierno). Qualcuno ha creduto addirittura di individuarvi analogie con Isabeau di Mascagni (1911), opera comunque di ben diversa indole. Korngold sperimenta nuove sonorità ed è alla ricerca un nuovo linguaggio, ansioso di scrollarsi di dosso, ormai trentenne, l'etichetta di Wunderkind.

In un regno remoto nel tempo e senza confini geografici definiti un re tirannico ha condannato il suo popolo a vivere nel terrore e nella desolazione. Uno straniero, venuto a restituire alla gente la libertà e la gioia di vivere, viene imprigionato e condannato a morte. Ma al tiranno si oppone la regina, Heliane (l'unico personaggio che ha un nome), che si rifiuta di amarlo ed è invece attratta dallo straniero. Invano il tiranno promette allo straniero di risparmiargli la vita se lo farà amare dalla regina. Lo straniero si uccide, ma Heliane compie il miracolo di farlo risuscitare. Allora il re uccide Heliane, ma la regina e lo straniero si riuniscono in una dimensione ultraterrena, mentre il popolo finalmente si ribella e sconfigge e umilia il tiranno.

Dell'edizione dell'Opera Vlaanderen di Heliane, data in precedenza a Gent (dove ebbe luogo nel 1970 la prima ripresa dell'opera dal 1932), sono stato spettatore alla Koninklijke Opera di Anversa.

Gli ambienti spogli e squallidi di una scenografia ridotta all'osso – con resti di suppellettili, arbusti e piante contorti e rinsecchiti, nel secondo atto un vagone ferroviario da carro bestiame che funge da alcova del re e nel terzo atto scheletriche impalcature metalliche – sono resi ancor più lugubri dalle cupe luci di Michael Bauer in una costante atmosfera notturna da day after. Lo scenografo Christof Hetzer è anche responsabile dei costumi, che si direbbero raccolti alla rinfusa, “opportunamente”, tra le macerie di un deposito di Oxfam (i giudici, che devono condannare lo straniero, sembrano accattoni nel vero senso del termine). Il regista David Bösch vi imprime, con abile fluidità dei movimenti di solisti e coro, la visione di un nudo realismo postapocalittico, violento fino al parossismo con il tiranno alla manovra, impotente tuttavia di fronte alla strenua resistenza morale della regina e dello straniero. I confronti-scontri a due o a tre tra re, regina e straniero sono di volta in volta destramente gestiti e resi intensi così come le scene di massa.

Egregiamente secondato dall'Orchestra Sinfonica dell'Opera Vlaanderen, Alexander Joel si impone con autorevolezza, valorizzando il vigore e lo sfolgorio della tavolozza di Korngold, privilegiando però il potenziale espressionistico della partitura a discapito della componente mistico-simbolista. Nel cast prevale il basso-baritono Tomas Tomasson quale tiranno, grazie all'eloquenza scultorea ed al forte temperamento drammatico, mentre è alquanto discontinua la regina del soprano Ausrine Stundyte specie all'inizio, riuscendo però a disegnare persuasivamente la delicatezza e il ritegno con lo straniero, la tenacia con il tiranno, la veemenza nella corale seconda parte. Quanto a quella specie di spogliarello che il libretto prevede più o meno esplicitamente nella scena del carcere, è più simbolico che reale, con un pudore e un riserbo che meglio inquadrano il personaggio. Il meno soddisfacente del terzetto è risultato il tenore Ian Storey nel ruolo dello straniero – con dalla testa ai piedi vistose tracce delle torture inflittegli – che ha un'emissione corta ed è carente nell'espressività. Negli altri ruoli il mezzo soprano en travesti Natascha Petrinsky è un messaggero un po' troppo scatenato e focoso, e il giudice cieco del tenore Denzil Delaere trae buon partito dal suo personaggio. Completano onorevolmente la distribuzione il basso Markus Suihkonen nel ruolo del carceriere, e inoltre Dejan Toshev, William Helliwell, Mark Gough, Jung-Kun Oh, Eric Delio, Thierry Vallier, Thomas Mürk, Nam-Hee Kim e Chia-Fen Wu. Degno di encomio l'impegno ardimentoso dispiegato dal Coro diretto da Jan Schweiger, al quale si aggiungeva il Coro dei bambini diretto da Hendrik Derolez.

Mentre resta tuttora come punto di riferimento la sontuosa registrazione in CD della Decca Classics diretta da John Mauceri con Anna Tomowa-Sintow (1993), si annuncia una nuova edizione di Das Wunder der Heliane l'anno venturo alla Deutsche Opera di Berlino con la regia di Christof Loy.

Fulvio Stefano Lo Presti

28/10/2017