RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Attualità di Idomeneo

Per il ritorno del mozartiano Idomeneo al Costanzi, dove era stato rappresentato una sola volta nel lontano 1983, Robert Carsen confeziona uno spettacolo esemplare per economia di mezzi, cura della recitazione ed efficacia teatrale. Un cielo perennemente oscuro e metallico, sormontato da un mare pronto ad agitarsi minaccioso (le proiezioni video sono di Will Duke), e un uso sapiente delle luci (curate dallo stesso Carsen insieme a Peter Van Praet), sono sufficienti a veicolare tutta l'emotività racchiusa in questo titolo, vero punto di svolta nella produzione teatrale di Mozart. La declinazione contemporanea comporta inevitabilmente alcune forzature, ma non appare peregrina. Quando si apre il sipario vediamo un'umanità reietta, poveramente abbigliata, impersonata da veri migranti della Comunità di Sant'Egidio, disorientata e sconvolta dai conflitti, mentre soldati in divisa pattugliano la zona al di là di una grata di protezione.

L'idea, certamente non nuova, trova in Carsen interprete sensibile e attento, in grado di innestare senza eccessivi traumi la modernità nel mito. In quest'ottica il voto pronunciato da Idomeneo nei confronti del crudele Dio Nettuno, motore dell'azione, diviene un simbolo della precarietà dell'esistenza, esposta all'arbitrio del fato. Il massimo risultato viene ottenuto con mezzi minimi. Salvagenti abbandonati sulla spiaggia evocano le quotidiane stragi che insanguinano il Mediterraneo. La cifra dello spettacolo resta l'essenzialità. Per questo il momento forse meno convincente è quello in cui, durante l'intermezzo strumentale, il regista architetta una scena di massa nella quale i soldati dispongono le panche e banchettano stappando rumorosamente le loro lattine di birra. Nel finale l'ambientazione marina, simbolo delle tempeste emotive che scuotono i personaggi, cede il passo a un paesaggio di rovine, una città bombardata del tormentato oriente. Prefigurazioni dello Zauberflöte paiono insinuarsi nella partitura, mentre Mozart si avvia verso lo scioglimento dell'intreccio. L'utopia di una pacifica convivenza tra gli uomini viene esplicitata da Carsen in un messaggio rivolto alle giovani generazioni. Idamante, figlio del deposto sovrano e appena designato suo successore, si spoglia delle proprie vesti guerresche insieme al suo popolo; solo con questo atto di rinuncia sarà possibile dar vita a una rinnovata umanità.

Di livello l'esecuzione musicale. Michele Mariotti dirige con sensibilità timbrica e coloristica. Il suo è un Mozart trasparente ma non esangue, efficace anche nelle accensioni drammatiche. Volendo cercare a tutti i costi il cavillo, forse una maggiore propensione ai contrasti avrebbe aggiunto ulteriore peso a una lettura comunque pregevole. Charles Workman è un eccellente Idomeneo, in grado di rendere con espressione le impervie agilità dell'aria “Fuor del mar” (se si esclude una piccola imprecisione nella cadenza conclusiva). La figura alta e ieratica ben si presta a descrivere i tormenti del sovrano, combattuto fra l'amore paterno e i doveri verso le proprie genti. Anche nei pezzi d'insieme, come il magnifico quartetto, si fa valere per la morbidezza del canto e la giustezza dell'accento. Un gradino al di sotto l'Idamante di Joel Prieto, il quale inizia in sordina per poi crescere nel prosieguo dell'opera. Eccellente l'Ilia di Adriana Ferfecka, presente esclusivamente nella recita alla quale abbiamo assistito, per il timbro accattivante e il fraseggio appassionato e dolente. Buona l'Elettra di Miah Persson, anche se non particolarmente graffiante nelle arie di furore. Apprezzabili il Gran Sacerdote di Oliver Johnston e la voce di Andrii Ganchuck. Bravo infine Alessandro Luciano nel ruolo di Arbace, anche se privato della sua unica aria. A tale proposito, censurabili appaiono alcuni tagli operati sulla partitura. Se la già citata aria di Arbace non appare essenziale nell'economia del dramma, più grave è togliere l'estremo e commosso congedo del vecchio sovrano. L'aria “Torna la pace al core”, pur espunta dalla prima di Monaco del 1781, è perdita poco giustificabile, in quanto è espressione musicale di quel ritorno all'ordine e alla pace che rappresenta il messaggio più pregnante del dramma.

Riccardo Cenci

16/11/2019

La foto del servizio è di Yasuko Kageyama.