RECENSIONI
-

_ HOMEPAGE_ | _CHI_SIAMO_ | _LIRICA_ | _PROSA_ | _RECENSIONI_| CONCERTI | BALLETTI_|_LINKS_| CONTATTI

direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Il campanello e Il giovedì grasso

al Teatro Mario Del Monaco di Treviso

Interessante proposta al Teatro Comunale “Mario Del Monaco” di due farse di Gaetano Donizetti: Il campanello e Il giovedì grasso. Due tra i più riusciti spartiti del compositore bergamasco in questo genere, allestiti in collaborazione con il progetto Opera Studio del Conservatorio “Benedetto Marcello” di Venezia.

Il Campanello di notte è una farsa con recitativi che fu rappresentata la prima volta a Napoli al Teatro Nuovo il 1° giugno 1936. Donizetti adattò un vaudeville francese ambientandolo a Napoli, in quell'estate del '36 piena di tensione politica e con un solo teatro aperto in città. Non ci si deve stupire se il musicista musicò un soggetto comico proprio nei mesi in cui la moglie partorì una bimba morta e scomparvero entrambi i genitori. L'attività teatrale-compositiva era per Donizetti il modo migliore per mantenere il suo equilibrio umano. In quest'opera egli crea un ruolo comico, di bravura, Enrico, per il baritono Giorgio Ronconi, che in seguito sarà sia il suo primo Chevreuse (Maria di Rohan) sia interprete di altri grandi ruoli del primo Verdi. La farsa lascia un po' di amaro in bocca e racchiude più di un tratto crudele della satira. Infatti, sarà Enrico amante respinto a “rovinare” la prima notte di nozze di Don Annibale con Serafina. Vi sono anche dei riferimenti ad altre opere precedenti, la canzone del gondoliere da Marin Faliero, utilizzata come parodia sui vocalizzi dei cantanti. Al Campanello manca quel tocco poetico, quel calore umano che ad esempio troviamo in L'elisir e Don Pasquale, ma resta un'opera d'ilarità spassosa con recitativi spiritosi, in napoletano talvolta. La musica è fluida, geniale e mordace, in cui prevalgono i duetti tra i due cantanti maschili, ma anche il duetto tra Enrico e Serafina è fiorito nel canto, e il terzetto finale è di una serrata fluidità ammirevole.

Il giovedì grasso o Il nuovo Pourcegnac è anch'essa farsa in un atto tratta dal vaudeville omonimo di Scribe e Delestre-Poirson, rappresentata a Napoli al Teatro del Fondo il 26 febbraio 1829, e tra gli interpreti c'erano nientemeno che Giovanni Battista Rubini e Luigi Lablache. È' una tra le migliori commedie romantiche in un atto, che anche in tempi moderni ha conosciuto diverse proposte. Anche in questo caso molti recitativi sono in dialetto napoletano, nella cui lingua culmina l'aria di Sigismondo, composta per Lablache, che è ispirata alla celebre tarantella locale. La vis comica è imperante, il soggetto del travestimento confermato come in quasi tutte le farse e opere buffe, e il linguaggio musicale è fluido e di chiaro stampo donizettiano, pertanto non delude mai. Donizetti aveva una certa predilezione per questo spartito, e molti celebri cantanti la interpretarono con entusiasmo, infatti in seguito il compositore scrisse un'aria alternativa per il ruolo di Sigismondo, “Che prego per riuscita”, in sostituzione della tarantella dialettale per Antonio Tamburini.

Il progetto di Treviso, che racchiude anche la partecipazione dell'Opera da Camera di Ginevra e il Dipartimento di Studi Umanistici di Ferrara, è molto lodevole nel suo intento, e considerato il prodotto di apprezzabile riuscita.

Convince appieno la regia di Francesco Bellotto che crea una drammaturgia brillante e di scorrevole narrazione, ripescando modi e usi tipici della commedia buffa ma senza eccedere in vezzi e stereotipi che oggi sono sorpassati. Brillantezza, grande ritmo ed eleganza sono il denominatore della sua impostazione, che chi scrive ha molto apprezzato divertendosi. Non meno è l'apporto di Angelo Sala, scenografo, per ambienti di raffinata signorilità, e la bravissima mano sartoriale di Alfredo Corno che disegna costumi bellissimi, cromatici in pieno stile tardo ottocentesco. Delizioso spettacolo e molto godibile.

Sul podio Franco Trinca realizza una concertazione sostenuta nel ritmo, variegata nelle dinamiche e d'indubbia teatralità. Purtroppo questa volta abbiamo trovato l'Orchestra del Consorzio tra i Conservatori del Veneto leggermente svogliata e non così precisa come in altre occasioni.

Nel cast la parte del mattatore è di Filippo Morace nel doppio ruolo di Don Annibale (Campanello) e Sigismondo (Giovedì grasso). Il cantante campano conferma le sue indiscusse qualità canore, e con voce pastosa, uniforme nei registri, ci regala due personaggi di assoluto rilievo, cui bisogna aggiungere una recitazione spassosissima, raffinata e mai sopra le righe; quanto al dialetto napoletano… beh gioca in casa e i risultati sono eccellenti.

Nel Campanello abbiamo avuto la gradevole presenza di Mara Gaudenzi, una Serafina delicata e molto musicale, e un Enrico, di Dario Shikhmiri, molto valido come interprete ma da raffinare come cantante soprattutto nei volumi e nel fraseggio. Spassose la Rosa di Francesca Gerbassi e il Cola di Antonio Cappetta. Molto bravi anche gli invitati alla festa, i quali formano un piccolo coretto ma interloquiscono anche singolarmente: Kallopi Petrou, Mary Rosada, Valeria Girardello, Diego Rossetto, Alvise Zambon, Francesco Basso.

Nel Giovedì grasso Andrea Biscontin era un Ernesto piuttosto forzato e con una voce ancora acerba, anche se il personaggio era ammirevole, e Valeria Girardello, Nina, è apprezzabile soprano di spiccata musicalità e buon uso dei suoi mezzi. Diego Rossetto era un apprezzabile e preciso Teodoro, Mara Gaudenzi, Camilla, si conferma anche in questo atto unico cantante di buona impostazione. Apprezzabili gli interpreti: Francesco Basso era un colonnello preciso, Francesca Gerbasssi una spassosa Rosa, Antonio Cappetta un simpatico Cola, Alvise Zambon un bravo Giulio (ruolo aggiunto). Completavano la locandina Kalliopi Petrou (una cameriera) e Mary Rosada (moglie del colonnello).

Al termine a tutte le compagnie è stato riservato un caloroso e sincero successo, unico rammarico era vedere il teatro mezzo vuoto. Forse quattro recite (compresa un'anteprima) sono eccessive per una città quale Treviso?

Lukas Franceschini

26/12/2016

Le foto del servizio sono di Piccinni – Treviso.