RECENSIONI
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Il Cantico dell'Anima

Un buio che fa atmosfera avvolge pian piano il chiostro di ponente del Monastero dei Benedettini di piazza Dante, fra giochi di luce iridescenti dall'alto e dal basso su uno spazio ampio e articolato attorno alla fontana centrale: il palcoscenico virtuale dell'intero chiostro, appunto, attorniato da un pubblico incuriosito e silenzioso dietro le ringhiere che vi si affacciano. Un “palcoscenico” divenuto cornice teatrale per uno spettacolo decisamente fuori dai canoni, ovvero Il Cantico dell'Anima, @gong, opera ispirata al Libro Tibetano dei Morti, su ideazione e regia di Alfio Sciacca, con la partecipazione di Alessandro Preziosi, voce narrante. Una produzione che nasce dalla sinergia di più enti, quali l'Accademia di Belle Arti, grazie al direttore Virgilio Piccari, sotto la direzione artistica di Liliana Nigro e la direzione tecnica di Veronica Maugeri; il Teatro Massimo Bellini e l'Università degli Studi di Catania nell'ambito del progetto Porte aperte UNICT alla musica, al teatro, al cinema, in collaborazione con l'Accademia dell'Armonia.

Il senso del trascendente e lo spirito di contemplazione che promanano dalla musica orientale, pervasa dall'ipnosi del suo reiterarsi, hanno contraddistinto le melodie create e dirette con fermezza da Giovanni Ferrauto (Mantra, Voce narrante, Melope, Siderus Nuntius, Demoni, Gong Infinity) sull'intensa espressione della nutrita compagine del coro di sessanta elementi del “Bellini”, guidati dal maestro Ross Craigmile. Il loro sfilare in bianco all' apertura, tra i suoni dei cornisti Giovanni Pellerito e Giuseppe Episcopo, l'impronta corale solenne e maestosa dei brani, con effluvi di resine naturali ed essenze aromatiche vegetali diffuse tutt'intorno dall'arte della fumigazione di Carmela Platania, hanno conferito alla serata toni ieratici e rituali, con effetti onirici di sinestesia visiva, olfattiva e acustica, tra effetti di luci piroettanti a ventaglio, sullo scandire ferreo dei timpani e delle percussioni di Ivan Minuta, Marina Borgo, Francesco Maggiore e Francesco Minuta; e soprattutto dei gong e tamburi giganti di Alfio Sciacca. Quasi rintocchi senza tempo, dalle vibrazioni esoteriche traboccanti di valenze armoniche, in un cercato connubio tra Oriente e Occidente per un'opera sui generis, con l'intento del loro ideatore di produrre effetti sonori terapeutici, in una simbiosi di carica fisica e spirituale, suscitando il suono primordiale che ha dato origine a tutte le cose, in linea con i principi buddhisti. Un percorso abbracciato da Sciacca, quello del buddhismo tibetano che, per l'occasione suddiviso in sei parti, si è ispirato al Libro tibetano dei Morti (scritto in sanscrito dal maestro Padmasambhava fondatore del buddhismo tibetano), soffermandosi sul cammino dell'anima tra morte e rinascita sino al perseguimento della libertà interiore: un contesto anche immaginifico, tra la voce stentorea di Alessandro Preziosi in qualità di narratore, e il suono cristallino delle arpe di Elisabetta Ghebbioni e Giuseppina Vergine), che ha creato esiti di raccoglimento e infine di grande suggestione con getti di fiamme di fuoco all'interno della fontana centrale, rafforzati da un'espressione corale ancora più vibrante.

È difficile pronunciarsi sugli eventuali sviluppi di tale genere mirato all'incontro di due tradizioni così differenti, ma si tratta certamente di un'operazione di gran lunga apprezzabile, anche per gli agganci alla letteratura di Goethe, a cui si è ispirato Alfio Sciacca, attraverso il canzoniere dell'Ottocento Divano occidentale orientale per le sue allusioni a molteplici generi, tra riflessioni, massime e parabole, ispirato a sua volta ai Divani lirici arabi e persiani.

Anna Rita Fontana

11/7/2016

La foto del servizio è di Giacomo Orlando.