RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Inaugurata la Stagione 2017/2018

del Teatro Massimo Bellini di Catania

La Stagione Sinfonica 2017/2018 preannunciata dal nostro teatro, senza dubbio eccellente sulla carta e sicuramente carica di aspettative per un pubblico che negli ultimi anni ha dimostrato un certo calo di interesse e una certa apatia verso gli eventi musicali, determinata anche dalla grave crisi economica che attraversa l'Italia in questo momento storico, mette in campo nomi di interpreti e di formazioni di altissimo livello che sicuramente daranno luogo a intense e magnifiche esecuzioni musicali. Tuttavia, stante all'attuale debutto, sembrerebbe che tali aspettative si siano rivelate eccessive, dal momento che hanno dovuto fare i conti con la cruda realtà, che poi nei fatti tende sempre a ridimensionare e riequilibrare ogni slancio, per quanto esso sia enunciato con spontaneo entusiasmo, voglia di fare sempre meglio e sincera buona fede.

Con tale premessa non intendiamo certo screditare o sottovalutare la prestazione di Gianluigi Gelmetti, che ha guidato con mano sicura l'orchestra e il coro del nostro teatro, istruito da Gea Garatti Ansini, nel concerto d'inaugurazione del 4 novembre (con replica il 5); vogliamo solo sottolineare il fatto che un'istituzione artistica dovrebbe evitare di esaltare, encomiare e decantare eccessivamente se stessa prima di offrire sul campo una prestazione, evitando così frustrazioni e delusioni. Dovrebbero essere solo il pubblico e la critica a dire se uno spettacolo è stato più o meno gradevole, più o meno noioso, più o meno entusiasmante ed esaltante.

L'inaugurazione della Stagione Sinfonica 2017/2018 del Teatro Massimo Bellini di Catania ha visto un concerto interamente dedicato al primo romanticismo musicale: nel primo tempo sono state eseguite alcune musiche di scena D. 797 composte da Franz Schubert per il dramma Rosamunde, Fürstin von Zypem di Helmine Von Chézy, rappresentato per la prima volta al Teatro an der Wien il 20 dicembre del 1823, ed esattamente n. 6 Entr'acte – Andantino, in si bemolle maggiore e il n. 8, Hirtenchor «Hier auf den Fluren» e due brani di Ludwig van Beethoven: Meerensstille und glückliche Fahrt, Cantata in re maggiore e Coriolano ouverture in do minore op. 62. Nella seconda parte invece è stata eseguita la Sinfonia n. 9 in do maggiore La grande D. 944 di Franz Schubert.

La performance è stata preceduta dall'annunzio, dato dallo stesso conduttore, dell'esecuzione a sorpresa della sinfonia dall'opera Norma (proposta nella sua versione filologicamente più moderna e aggiornata) dedicata al compositore catanese del quale il 3 novembre ricorreva l'anniversario di nascita. Tale innovativa esecuzione ci ha lasciato alquanto perplessi non solo per talune diciamo così rivisitazioni orchestrali, che possono più o meno piacere o dispiacere, ma soprattutto per la velocità davvero inusitata con la quale il celebre brano è stato proposto. Lasciamo a più dotti e preparati filologi il giudizio sull'autenticità e sulla pertinenza del dettato filologico belliniano, fra l'altro non ancora pubblicato, ma rileviamo, tanto per dare un'idea a chi legge, che l'esecuzione in questione, di solito realizzata da grandi direttori d'orchestra in poco meno di 6 minuti è stata ridotta a circa 4, diventando un brano di una rutilanza inverosimile. Fra l'altro per giudicare serenamente della congruità di una sinfonia d'opera e di tale scapicollata velocità, bisognerebbe ascoltarla eseguita all'interno del contesto generale filologicamente rivisitato e ricorretto per il quale è stata scritta, e pertanto per il momento è conveniente astenersi da un giudizio più compiuto e circostanziato.

Per quanto riguarda il resto del concerto annotiamo, nulla togliendo alla puntuale professionalità di Gelmetti e alla sua direzione sempre attenta e accurata, delle piccole defaillance nel cesello del suono e soprattutto nel controllo delle sonorità e dei tempi, apparsi in alcuni momenti alquanto eccessivi e debordanti. Anche gli impasti fonici evidenziavano una certa rigidezza attraverso la quale il romantico afflato, tipico delle composizioni proposte, affiorava a tratti e con una certa discontinuità.

Giovanni Pasqualino

5/11/2017

La foto del servizio è di Giacomo Orlando.